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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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Quanto durerà?
di Ovidio Della Croce

5/4/2020 - 21:52

Mentre sto scrivendo ho la fortuna e il privilegio di poter guardare gli alberi di Piazza Italia di San Giuliano, il sole potente scende dietro il tetto della casa di fronte alla mia ed esce dal quadro della finestra della stanza da cui scrivo. Chiusi in casa, dalla finestra o dal balcone, non vediamo altro che angoli particolari di città, e paesi. Sotto casa mia la piazza è deserta e silenziosa. Il centro di San Giuliano è quasi irriconoscibile, nessuno per strada, negozi chiusi, nessun ragazzo all’ora dell’aperitivo. Silenzio, se scendessi avrei l’impressione di essere rimasto l’unico uomo al mondo. Ogni tanto sento il rumore del distributore automatico delle sigarette, segno che per fortuna è passato qualcuno. O un cane che abbaia, a chi abbaia? Se si ha fortuna si sente il cinguettio degli uccelli. La causa di questo precipitare nella fantascienza è un virus. In Parigi che dorme, un film di René Clair del 1923, c’è una situazione analoga. Ma alla fine si scopre che è colpa di uno scienziato pazzo che ha inventato un raggio paralizzante. Basta azionare una leva in un laboratorio, tornano ad affollarsi le strade, riecco le voci e i rumori e ritorna la vita nella città. 

Un mio ex alunno, Pierluca, che ora segue in videoconferenza le lezioni universitarie della facoltà di ingegneria di Pisa, il 30 marzo mi ha scritto su WhatsApp: “Sembra che resteremo in casa ancora un mesetto, se non oltre… Inizio a credere che potrebbe essere ancora lunga questa quarantena, come vede queste notizie?” 

La domanda è questa: quanto durerà? quando finirà? 

Non lo so, posso solo riferire quello che ho letto e che mi ha colpito nella settimana trascorsa. In questa domenica delle palme si legge sulle home dei quotidiani on-line che il coronavirus rallenta, per l’Iss è iniziata la discesa e dovremmo cominciare a pensare alla fase due se questi dati saranno confermati. 

Sul sito dell’Einaudi Institute for Economics and Finance (Eief), un centro di ricerca universitaria sostenuto dalla Banca d’Italia ma indipendente, si possono leggere alcune previsioni, magari non esatte ma plausibili. 

Riprendo un articolo di Federico Fubini pubblicato dal Corriere della Sera il 31 marzo e reperibile in rete intitolato: “Quando finirà davvero? Quota zero a metà maggio”. Studiando i dati elaborati dai matematici dell’Eief, Fubini scrive: “Se gli analisti non hanno sbagliato i calcoli” e gli italiani rispetteranno le misure adottate, “tra la metà della prima o la fine della seconda settimana di maggio, alle tendenze attuali, in quasi tutte le regioni d’Italia e in tutti i grandi campi di battaglia contro questa epidemia può arrivare il giorno zero: quello senza nuove diagnosi di tamponi positivi, nessun nuovo contagio (o pochi e isolati)”. 

Gli scenari regionali variano. Il Veneto tende verso quota zero contagi registrati  il 14 aprile. Il Lazio, poco prima di Calabria e Campania, il 16 aprile. L’Emilia Romagna tende verso la soglia il 28 aprile e la Lombardia già il 22. Ultima la Toscana, dove la curva si sta piegando più lentamente, con una soglia prevista il 5 maggio. 
Conclude Fubini. “Potrebbe essere lontano non più di tre settimane il momento in cui si tampona - non si chiude, non si cicatrizza - la ferita più dolorosa di questa tragedia”. 

Sempre il Corriere, domenica 5 aprile pubblica un Primo Piano intitolato: “Quanto durerà?” L’articolo, a firma di Alessandro Trocino, è molto chiaro: “I tempi sono ignoti: fine aprile per gli ottimisti, metà maggio per i cautamente ragionevoli, oltre l’estate per i più intransigenti”. Secondo il biochimico Enrico Bucci: “Il contagio zero non ci sarà prima di metà maggio”. A quel punto potrebbe essere fatto un patto col diavolo: noi ti conteniamo e tu ci lasci lavorare, si legge. Per il virologo Palù sono due i dati per capire quando il tasso di contagiosità di un virus (valore Ro) arriverà sotto l’1, ovvero “quando ogni infetto contagerà meno di una persona e il grado di immunità della popolazione”. In ogni caso la soluzione definitiva saranno vaccino e farmaci.  

 

Raggiunto al telefono a Washington da Giuseppe Sarcina, il fisico informatico Alessandro Vespignani, uno dei massimi esperti di “epidemiologia computazionale”, tra le molte cose interessanti che dice estraggo questa: “Non possiamo illuderci di tornare alla completa normalità a giugno o a luglio… Dovremo essere in grado di mantenere le cautele necessarie di distanza sociale, ma soprattutto di tracciare i casi positivi, eseguire i test per isolare le possibili persone infettate. Occorre essere in grado di fare i tamponi porta a porta” (Il Corriere del 5 aprile). 

Passerà, certo, passerà, come sono passate tutte le epidemie del passato. La lezione da trarre da questo momento difficile mi pare sia una lezione di umiltà. Facciamo quello che possiamo, la conoscenza è importante per migliorarci, ma la scienza non ha tutte le soluzioni, anzi. Come ci ha insegnato Leopardi, la natura è più grande e forte di noi, lo sforzo da fare è stringerci insieme: “e quell’orror che primo / contro l’empia natura / strinse i mortali in social catena”.
Non siamo in guerra contro nessuno, sappiamo quello che già un ragazzino di terza media, come era Pierluca, che studia Leopardi e il poeta soldato Ungaretti, sa: siamo esseri fragili, dobbiamo imparare a essere fratelli. 

Queste ultime riflessioni le devo a Carlo Rovelli, fisico teorico, che dal Canada, dove attualmente lavora, ha scritto "La pandemia e la scienza", un bell’articolo (Corriere, 1 aprile) da cui trascrivo le frasi finali. 

“Non siamo padroni di tutto, non siamo immortali: siamo quello che siamo sempre stati, foglie che il vento d’autunno spazza via. Allora cerchiamo di allungarla questa nostra vita, combattiamo insieme con tutte le nostre forze: questo stiamo facendo tutti insieme, ed è una bellissima battaglia… Perché la vita è bellissima e viverla è ciò a cui diamo più valore”.  

 

Si è fatta sera, ovviamente non c'è nessuna leva da azionare, ma un mondo più solidale da immaginare. Auguri a tutti noi.

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12/4/2020 - 16:02

AUTORE:
Antonietta Timpano

Quanto durerà ?
Non lo sappiamo ancora.
Siamo obbligati a stare nell’incertezza, in una dimensione di sospensione e di attesa a cui non eravamo più abituati.
Neanche i nostri antenati sapiens sapiens avevano certezze, ma vivevano i loro dubbi e le loro paure con il conforto del pensiero magico, quindi si inventavano storie, i miti, per dare spiegazioni a ciò che incuteva loto timore, che turbava la loro vita.
Il pensiero magico, ahimè, appartiene solo a una fase dell’infanzia, che oggi i bambini perdono presto, bombardati come sono dai ‘compiti di realtà’.
La lettura del testo di Ovidio, per un gioco di associazioni libere e veloci mi ha riportato alla memoria la poesia ‘In limine’ di Eugenio Montale, da “Ossi di seppia” 1924 e soprattutto la strofa finale.

“Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l’ ho pregato, – ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…”

In limine è un’espressione latina che può avere significati diversi. A me interessa quello di soglia, quindi di passaggio. Montale allude a una vita chiusa in un cerchio immutabile, tra una rete di confine difficilmente valicabile. Come quella in cui tutti ci troviamo adesso, sospesi tra una disperazione arida e impeti di speranza .

Non sappiamo quanto durerà questa fase, non ci è dato saperlo. Ci dobbiamo abituare ad abitare l’incertezza e il tempo di sospensione.

In limine, sospesi tra la disperazione e la speranza.
In limine tra l’amore per una donna o per un uomo, speranza di salvezza e la voglia di chiudersi nel crogiuolo della propria intimità.
Tra segni di vita e segni di malinconia depressiva
In limine tra uno stato di ansia e uno di rasserenamento.
In limine, sospesi tra le pareti della coscienza e quelle delle proprie stanze.
Tra uno stato di natura e uno di cultura,
Tra la voglia di informarsi e un dar fiducia alla scienza e l’urgenza di tapparsi le orecchie e non udir più niente.
In limine tra uno stato di conservazione e uno di perdizione.
In limine tra la sensazione di protezione che la casa ci dà e quella opposta di prigionia.
Tra le consolazioni che nascono dal di dentro e quelle che attendiamo dalla ricerca e dalla medicina.

E’ un tempo cosi. Un tempo nuovo.
Non conosco o non ricordo il film ‘Parigi che dorme” di R. Clair.
Mi sono ricordata quello di Hitchcock “Uccelli” del 1963, in cui il regista mostra la devastazione di città, paesaggi e vite da parte di stormi di uccelli impazziti, che si avventano su tutto quello che esiste sotto il loro passaggio. Inquietante.
Il virus che paralizza il pianeta è invisibile ma può produrre il medesimo effetto devastante.

Mi piace e mi cura la citazione da ‘La Ginestra’ di Giacomo Leopardi.
Quando esco per gettare la pretestuosa spazzatura, se mi imbatto in un altro essere umano, mi sento in limine tra l’ostilità e la fratellanza, tra la voglia di proteggere l’altro e l’istinto antico di proteggermi e difendere me stessa dalla minaccia rappresentata dall’altro.
Nemico comune, comune, comunione, comunità di dolore. Confesso disarmata di sentirmi più sola in questi giorni. Appartengo a una generazione di persone e di insegnanti ‘in limine’ tra il mondo romantico degli sguardi in presenza e quello necessario del guardarsi attraverso uno schermo.
In limine tra le competenze umane, coltivate attraverso gli anni e quelle tecnologiche, scarse ma imposte .
Giacomo Leopardi e la social catena che unisce gli uomini contro il virus è come la maglia rotta da cercare nella rete che ci stringe. ‘Va’, balza fuori, fuggi!’ Andiamo, balziamo fuori! insieme? da soli? Quale vita salveresti?
Siamo tutti fragili. Carlo Rovelli, il fisico e saggista ci invita ad accettare la nostra fragilità come collante per sentire la fratellanza e per sentire la bellezza della vita nonostante il terribile momento.
La bellezza della vita si sente. Nonostante, malgrado e comunque.
In limine tra l’emozione provata dal guardare da vicino qualcuno e il disagio di guardare e sentirsi guardati attraverso uno schermo, cerco affannosamente la ‘maglia rotta’ e prometto di indicarla a chi amo. Riparto da qui.
Ciao Ovidio. E grazie.