Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
COME DOBBIAMO CAMBIARE L’AMBIENTE
Sul DOPO PANDEMIA
Una cosa è ormai chiara; poco sarà come prima.
Ma non solo cambieranno, dovranno cambiare non poche cose, per alcuni dovremo fare i conti con mutamenti che in altre epoche avremmo giudicato di passaggio ad una società a gestione prevalentemente pubblica. A partire dalla sanità dove abbiamo puntato al contrario sulla privatizzazione pagandone un prezzo salatissimo disponendo di posti ospedalieri e personale sanitario inconfrontabile con quello, ad esempio, della Germania.
Da più parti, infatti, si sta già chiedendo la pubblicizzazione senza trucchi e inganni.
Ma la sanità non è certo il solo settore dove dovremo cambiare armi e bagagli.
Tra le cause principali di questa crisi vi è sicuramente e indiscutibilmente infatti l’ambiente tanto è vero si è parlato di una sua vendetta e rivincita, per come l’abbiamo gestito e trattato. Di quali e quanti danni e sfregi si tratta è ormai noto – o dovrebbe esserlo-. E dovrebbe essere altrettanto chiaro che non basterà – come è già avvenuto altre volte-mettere qualche cerotto.
E la prima innovazione che oggi va introdotta, se questa volta vogliamo fare sul serio, è non considerare più l’ambiente un ‘settore’, dove troppi possono fare i loro comodi a partire dalle più scandalose speculazioni.
L’ambiente deve poter decidere, ossia poter concorrere alle decisioni che lo riguardano.
Lo so che anche recentemente questa affermazione mi è stata contestata perché specie nei territori protetti, parchi e riserve, il loro compito è la tutela della natura, ma come puoi tutelarla efficacemente se ti autorizzano a far lì cose palesemente insostenibili ambientalmente.
E qui è bene soffermarsi un momento, perché da sempre, cioè da quando è entrata in vigore le legge quadro sui parchi la 394, la pianificazione dei parchi e della aree protette è rimasta di fatto irrisolta. Dopo le polemiche sul fatto che si dotava un ente non elettivo, di poteri pianificatori riservati di norma a province e comuni ed anche le regioni entravano in gioco su competenze finora riservate allo stato.
Dopo tante polemiche la legge prescrisse non uno ma ben due piani, uno ambientale, e uno socio-economico. Se il primo non è stato generalmente facile, tanto è vero che ci sono parchi anche stagionati che non ci sono ancora riusciti, quello socio –economico ha visto la luce in pochi o pochissimi parchi.
E siccome proprio in questo momento non pochi parchi nazionali anche storici, e regionali hanno rimesso in discussione il loro piano, per evitare pasticci sempre in agguato, sarebbe bene cominciare a pensare e mettere concretamente a quel problemino irrisolto di cui dicevamo. Dobbiamo insomma approfittare di questa occasione per aprire una riflessione con istituzioni e comunità perché ancora una volta a decidere siano quelli che i parchi vogliono solo ridimensionarli e marginalizzarli. Anche il presidente di Federparchi al suo parco –L’Arcipelago Toscano deve rivedersela con il suo piano.
Non il momento giusto per partire anche su piano nazionale?
Renzo Moschini