Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
AVREBBE POTUTO, POTREBBE, POTRA’
Molti pensano che la crisi potrebbe trasformarsi in una opportunità di cambiamento positivo della società. Ma, per ora, al di là di belle riflessioni, per lo più confinate in ambienti specialistici, la pandemia ha soprattutto accelerato certe tendenze negative già in atto da tempo. Segnalarlo è un mestiere difficile, non si attirano simpatie e consenso. Ma qualcuno deve pur farlo, sperando che la condivisione di un pensiero critico possa servire a battere il conformismo dilagante e a far maturare nuove consapevolezze.
Tra le tante c’è una criticità meno avvertita dalle persone e pressoché assente dal dibattito pubblico, il deterioramento delle Istituzioni democratiche, un processo già in atto da tempo e che la pandemia ha accelerato.
Tralascio quanto sta accadendo nel mondo, citando solo l’esempio dell’istaurazione della dittatura in Ungheria, una ferita profonda nel cuore dell’Europa. Mi concentro sull’Italia.
Primo: stiamo assistendo ad una concentrazione del potere nelle mani di un uomo solo, il PdC, come mai avvenuto nella storia repubblicana. Un potere assoluto esercitato attraverso l’uso di uno strumento, il Decreto del PCM che, come noto, sfugge al controllo del Parlamento e dello stesso Presidente della Repubblica. Usarlo ripetutamente non è stata una scelta obbligata dall’urgenza, poiché la Costituzione prevede la decretazione d’urgenza da parte del governo nel suo insieme, decretazione che entra in vigore immediatamente dopo votata dal Consiglio dei Ministri, ma che deve essere convertita in legge entro 60 giorni dal Parlamento e quindi promulgata dal Presidente della Repubblica. Usare i DPCM non è stato un obbligo, ma una scelta politica. Perché?
La pericolosità di questa scelta, che ha stressato la Costituzione, sta nel fatto che costituisce un pericoloso precedente. Come contrastare, domani, un DPCM che limiti o sospenda le libertà dei cittadini, in nome di una presunta emergenza, magari solo fatta percepire alla massa spaventata e conformista?
Secondo: il Parlamento, già sottoposto a forti limitazioni secondo la strategia grillina contraria alla democrazia rappresentativa, è stato praticamente esautorato. Chiuso informalmente per un mese, ha faticato solo per imporre soprattutto dibattiti troncati col voto di fiducia. Il circuito legislativo, rappresentativo della volontà popolare, è stato interrotto e sostituito da una ridondanza esecutiva non trasparente, nel quale i soggetti erano il PdC (neanche i ministri, messi in ombra e marginalizzati nel ruolo di yesman, tranne che nel caso Bellanova) e alcuni comitati di “esperti” selezionati in camera caritatis.
Terzo: si è accentuata la tendenza al disallineamento tra Stato e Regioni che si è pericolosamente manifestata nella disarticolazione di un servizio primario e vitale come quello sanitario, con tutte le conseguenze, anche tragiche, che conosciamo.
Concludo notando due cose, sulle quali chi tiene alla democrazia dovrebbe riflettere.
Da un lato la pandemia ha accelerato un processo di deterioramento della Costituzione al quale si era cercato, parzialmente e manchevolmente quanto si vuole, ma a ragione e realisticamente rispetto alle possibilità, di porre riparo con la riforma del 2016 che, non solo riconduceva alle competenze dello Stato alcuni poteri malamente attribuiti alle Regioni, ma pur rendendo più efficace l’opera del PdC la controbilanciava limitandone i poteri di decretazione e rafforzava il ruolo del Parlamento monocamerale.
Dall’altro chi fece di tutto, compresa la falsificazione comunicativa, per bocciare quella riforma parlando di “torsione democratica” e di “deriva autoritaria”, oggi difronte allo scempio Costituzionale tace, fomentando un conformismo nel mondo progressista che, a partire da quella prova sciagurata, sembra avere perso ogni sensibilità democratica in nome di un nuovo settarismo speculare a quello della destra.
C’è da chiedersi se libertà e democrazia siano o no un prerequisito indispensabile per ogni cambiamento