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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Sul finire del giorno
s'attenua anche il bollore
e il crepuscolo
benefico mediatore
occhieggia alla sera
con lo sguardo
carico d'amore
Gli ultimi .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Da Viareggio con amore.
Volémisi bene.

17/6/2020 - 10:57


 
Antonio Morganti, viareggino purosangue, sessant’anni fa scrisse un libro in dialetto, “Tenìmisi strinti”, libro che si esaurì in soli tre mesi in tutte le librerie. Spinto dall’amore per la sua terra, non tanto dal successo, nel 1966 pubblicò il seguito, “Volémisi bene” (Fughe e variazioni del tempo straviareggino), con disegni originali di Lorenzo Viani.
Dal dialogo “La barchina tramutata” propongo la finale.
Inizia con la visita di una anziana signora ad una amica per farle un regalo: una barchina nella bottiglia, ricordo del marito scomparso, ma che “ora” dà noia alla “nora” che la considera un’anticaglia:


[...]

— Grazie, grazie tante, è anco troppo.
—Ma po’ guarda se è pogo bellina vesta barca vi! Me la regalé il mi' marito, insieme alle prime palanche che prese quando passò all’invàliti. Era tanto che lo vedevo traffia’; si rinchiudeva in fondo all'orto per 'un fàssene accorge’, e così arivò a fammi la sorpresa, che mi garbò più che se m’avesse regalato un braccialetto d'oro. E crédici pure perché te lo dio con tutto l' core. Che me ne saréi fatta io dell’ori? Vella lì era un oggetto fatto cò’ le su' mane; una ’osa che riordava a me e a lu' la nostra vita, guasi tutta passata: lu’ a bordo per el mondo a guadagnassi 'l pane a tutti, e io a Viareggio, co' nnostri figlioli, a penzallo sul bastimento. Mi riorda  quando al principio, da giovano, sbarcò per portammi all’altare; quando po’’ stétte ’n tèra un mese sano pur di vede’ nasce’ l' primo figliolo; quando di notte corevo a  casa dell’armatore per sape’ se èrino arivati ne' pporti; le buriane del Golfo Leone, i nnufragi, le pene patite assiéme, il bene che si semo volzuti, ma di vello antio che era bene vero che veniva fori spèce quando si doveva tribbola’ per  tira’ avanti; e cosi: lu', al timone de la barca col penziéro alla famiglia, e io vi al timone della ’asa col penziéro a lu', bene o male ci semo entrati in porto. I ffiglioli l'avemo allevati tutti ammodo, —- anche se òra, vello che ci sto io à un po' sdirazzato — per lòro si semo anco levati il pane da la bocca, pur d’un fanni manca’ mai ’l necessario. Da vecchietti, mi pareva d'esse’ ritornati di vent’anni quando si faceva all’amore, da tanto che dèrimo attaccati. Po’ il Signore me lo volze leva', e Lu' sa bene vel che fa! M’era
rimasta la barchina e me ne dévo priva’; ma che me ne privi è giusta; dev'esse’ lu' di là che me lo déve ave’ spirato: “ Levela di vella ’asa lì, ché 'un ci sta punto bene”.
— Ora però 'un piange’ più; guarda annanzi com’è bella; è fatta che pare un pennello ”
-- Mi spiegò che era uno scùnere, che si vede li sdralli de' ffròcchi, il quadro, l’armatura per la randa e per le vele di cappa. Ma più che altro ni garbava fammi vede' il marciapiede e ’l guardaspalle che va dalla varéa in fondo  al pennone, che quando andava fino lassù a riva, spèce col mare grosso, a ’un sapecci sta' c’era da periola’.
  —- Sai che famo?: la mettemo vìi in salotto montata su una mensolina come vella del mi’ marito. Sei ’ontenta?
  — Anco troppo.
  — O 'un ‘ano navicato tanto assiéme? Ora s'eno ritrovati. Le mettemo accosto tutt'e due, cosi loro ripossino piglia' 'l discorso di quando erino in mare.
 — Lo sapevo, ’un ave' paura, che la mettevo bene. Ci voleva una asa’ come la vostra, di Viareggini e di marinari, per intendele veste ’ose vi. E mi sento anco più sollevata. Vel che ò solferto da ’asa mia a qui, lo sa altro che ’l mi' core, vecchio e stracco come chi se lo porta riéto. Era scritto che dovevo sopporta’ anco vesta.
— Ma qualche altro riordo del tu' marito ce l’ai?
— Sivve! I llibretti di navicazione, e po' vest’altra barchettina vi, piccina piccina, che pare mezzo pistacchio sbucciato, e che la porto alla 'atenina al collo, inziéme co' una medaglina della Madonna de' Ssette Dolori, ché l'à sempre assistito il mi' marito, tant’è che c’è anco un quadro a Sant’Andréa che si vede un salvataggio d'una barca che c’era lu' e che la Madonna li salvò tutti quant’erino a bordo. Al collo po' ce la potrò porta’, no? Li 'un la vede né ’un ci raspa nimmo! Ora lassimi anda’, ché ’un sàno che son vienuta via e ’un abbino a sta' 'n penziéro per me.
— Mandatti via? Fussi matta! Te stasera ceni vi con me, e ’un di' di no perché me n’averébbi per male.
—- Ma come faccio?
— Te lo dio io come si fa: quando ritorna il mi' genero di Darsina, Io famo telefana’ a’ ttui di ’asa, e deppo cena venirà il tu' figliole a rilevatti. E dévi anco ordina’ la cena, ché sei la ’nvitata.
— Ci resto volentiéri; e già che sète così boni, lo sai che mi garberébbe mangia’?
-- Dimmele senza tanti ’omprimenti.
— Un bel pancotto co' ppumidori a pezzi; è tanto che ne pato voglia!
— ’Un tu volessi altro, che ci ò propio ’l pane posato apposta per facci le 'nzuppe. E per doppo?
— Le cipolline fresche col tonno; tanto, anco se doppo mi puzza ’l fiato, chi voi che mi baci?
—- Ti ci faccio affetta’ anco un popoino di musciame fino fino, che ne l’àno regalato al mi' genero de’ ssu’ amici marinari.
— Ma allora mi fate fa' propio Pasqua!
— Stasera è festa per tutti in casa mia; e ’ncignamo anco un fiasco di vino di vello d’uva. E guai a chi frigna!
— Ma sarà troppo disturbo? Mi sembri già sottosopra...
— Te ’un disturbi mai, mèttetelo bene ne la mente. E ’l tu' bacio — cipolla o no —-- dammelo te a me, ché noi si volémo bene davero ...
— Ora ti metti a piange’ anco te?... Allora abbracciamisi e tenìmisi strinte strinte…
 
Non mi vergogno, nemmeno un popoino, a dì che mi son venute le lacrime  all’occhi!



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