Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
CALENDA, DAL “MITO” AL DITO
A Lenin, uomo di grande capacità comunicativa, piaceva dire che l’ambizione del socialismo era quella di portare una cuoca a dirigere lo Stato. Un paradosso per sostenere che tutti dovrebbero occuparsi di politica e di governo. Giusto, ma poi scopri che, come in tutte le attività umane, ci sono livelli diversi di impegno e competenze, e che non tutti hanno le stesse inclinazioni e capacità. Il guaio è quando ci si sottovaluta o ci si sopravvaluta.
Calenda è il tipico parvenu della politica, cosa di per sé non disdicevole, anzi apprezzabile se il pervenuto non ha solo cognizione dei pregi che spesso le prese di coscienza tardive possono apportare ad un ambiente nuovo per lui, ma anche dei limiti che ne hanno ritardato l’insorgere dell’impegno politico diretto. Non siamo tutti Paolo di Tarso. Benvenuto, dunque, come lo sarebbe stata la cuoca di Lenin che, però, non diresse mai alcunché, men che meno lo Stato socialista.
Calenda si è riservato il ruolo dell’uomo col dito alzato. Ce ne sono tanti, ma lui lo fa avendo trovato, forse a sua insaputa, lo spazio che sta tra un piede piantato in solide basi tecnocratiche e l’altro in una sorta di neopopulismo di centro. Così il dito ammonitore si alza non per indicare l’altezza delle sue idee, alcune interessanti, ma per tenerle costantemente nella piccola ombra di un ammonimento, di un monito, di un rimprovero rivolto più a quelli che ha eletto come suoi competitori nel campo progressista, che ai suoi avversari del blocco conservatore. Un gioco vecchio, che ha distrutto la sinistra e che ora, con lui, corrode anche il campo liberaldemocratico. Sempre alla ricerca affannosa di uno spazio politico da conquistare col dito alzato, ma che gli ha procurato giusto un dito di spazio.
Il partito di Calenda è nato da una scissione del PD, ben digerita dagli ex amici perché da loro auspicata come spina nel fianco a quella ben più densa politicamente di Renzi. In precedenza si era conquistato popolarità per aver definito “gentaglia” una società di mascalzoni che affamava la classe operaia. Quella parola lo trasformò in un mito agli occhi dei parvenu in transito. Così alle primarie del PD si astenne dicendo che gli sembrava più importante fare lo scrutatore imparziale. Due mosse che preannunciavano la declinazione populista del suo centrismo.
Ma la prova della sua inadeguatezza come leader politico risale giusto a un anno fa quando, seguendo il suo istinto che ha come stella polare solo la “differenziazione purchessia”, decise di schierarsi contro la formazione del governo attuale.
Solo chi è privo di almeno tre sensi su cinque può continuare a negare che, pur tra mille giustificatissime perplessità e persino sofferenze, se allora non ci fosse stata quella scelta oggi avremmo avuto o un governo antieuropeo, chiuso e isolazionista, o elezioni che avrebbero portato a un governo ancora peggiore. Alla fine lo capì perfino Zingaretti, uno che alla terza volta capisce le cose al volo. Lui no. E ha continuato a martellare Renzi per un anno perché artefice di quella scelta e oggi si arrampica sugli specchi valutando l’accordo europeo su una posizione che lo colloca solo un po' al di qua del confine con la Lega. C’è poco da aggiungere, se un anno fa fosse passata la linea di Calenda addio passi in avanti dell’Europa e oggi l’Italia starebbe assai peggio. Tuttavia continua col dito ammonitore. Quando si dice un parvenu della politica.