In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Settima gita di “una natura fuori dal comune”, domenica 18 febbraio 1996: “Ai confini degli U.S.A.”
Ore 7,00 del mattino.
ll soldato alla porta saluta militarmente contento di potersi muovere un po‘ con quel freddo cane che fa in quella giacchettina mimetizzata e sputa un "gud morning" a denti stretti.
ll civile che sta entrando risponde con un "morninghe" aggiustandosi la papalina, stringendo di più la sciarpa e tirando su il bavero del giaccone, mentre il secondo ad entrare ostenta una camicia sbottonata fino a mezza pancia, catenina d’oro e rispondendo al saluto con un: "vieni gommone!".
Dove siamo?, siamo ad uno dei cancelli di Camp Darby, dove lavorano americani, pisani e livornesi.
ll complesso militare americano si chiama così in onore di William Darby, un loro eroe morto sul fronte tedesco nel 1945, poche ore prima che finisse la guerra.
A me è sempre piaciuto pensare però che quel "derby" avesse il significato sportivo che, da primitiva corsa di cavalli inglese, è arrivato fino a noi col voler dire così per ogni competizione fra due squadre rivali insistenti sullo stesso territorio. E quale migliore antagonista poteva vedere Pisa in Livorno, e viceversa?
È così radicato e forte il campanilismo fra le due città toscane che anche il governo U.S.A. ha dovuto istituire, come festa del santo patrono all’interno del campo, un anno il 17 giugno dedicato a San Ranieri ed il successivo il 22 maggio per onorare Santa Giulia patrona di Livorno e, per portare tutti del pari, dedicare la chiesa del complesso militare a Santa Elisabetta Anna, una vedova nuovaiorchese venuta a far del bene in Italia, svolgendo la sua opera più precisamente a Livorno, e beatificata da papa Giovanni XXIII.
Il Campo Darby (a proposito non si dice Derbi ma stranamente Darbi, all’italiana), 11.000 ettari di pineta, fu inaugurato il 15/11/1952 per dopo essere stato istituito con la legge 1335 del 30/11/1955, pubblicata sulla G.U. n° 7 del 10/1/1956, dietro ratifica italiana del Trattato del Nord Atlantico siglato a Londra il 19/6/1951.
Una curiosità: gli americani aprirono a Livorno un ufficio di collocamento il 10 luglio, appena venti giorni dopo aver firmato il trattato e senza fare alcuna pubblicità o comunicazione ufficiale; ebbene, alle 4,30 del giorno d’apertura delle domande d’assunzione, 28 livornesi erano già in fila e, quando si sparse finalmente la voce, alle 8,30 vi erano in coda 450 persone!
Un’altra curiosità: premesso che all’interno del campo vi sono negozi dove solo gli americani possono fare acquisti ed altri empori dove anche gli impiegati fanno la spesa, durante il tempo della macellazione annuale dei maiali nei paesi pisani e livornesi, la vendita del pepe raggiunge punte così alte da superare, statistiche americane alla mano, il più "piccante" fabbisogno annuo di una grandissima citta.
Il Campo Darby è visitabile dietro preventiva domanda per feste e giochi e liberamente per il "loro" classico 4 luglio, ma vi sono parti interne, dove sono ammassate sotto terra munizioni di qualsivoglia tipo, che è proibito visitare e dove, a sentire chi c’è stato, nascono milioni di funghi come nelle fiabe degli gnomi.
Il complesso è attraversato dal Canale dei Navicelli, quell’antico e famoso fosso di comunicazione fra il porto di Livorno ed i mercati di Pisa, voluto da Cosimo il Vecchio dal 1434 al 1463 e portato avanti da un altro Cosimo (1°), figlio di Giovanni dalle Bande Nere, con altri lavori che durarono dal 1573 al 1576.
Il Duca Cosimo capì, dopo l’interramento del Porto Pisano ed il sempre cattivo stato dell’unica pericolosa strada che, traversando la macchia di Tombolo, andava da Pisa a Livorno, che solo il canale era il mezzo per risollevare l’economia delle due città, una con i dazi doganali del suo porto e l`altra con la vendita ed il mercato delle merci che arrivavano via acqua interna.
La mole del traffico era notevole, quasi ottocento navicelli al giorno con incassi di 1.600 fiorini (i famosi due fiorini a quantisietecosaportare), ma vi erano divieti ed obblighi per i navicellai e coloro che gravitavano nell’orbita del canale.
Ogni barcaiolo doveva in primo luogo pagare per le merci che trasportava e addirittura per la zavorra che stabilizzava il navicello; pagare per ancorarsi nei luoghi stabiliti al fine di non danneggiare le rive; era poi proibito portare ad abbeverarsi qualsiasi grosso animale per non causare smottamenti delle rive; era proibito entrare dalle cateratte di Porta a mare quando l`Arno era in torba per non fare entrare il fango in sospensione nell’acqua che si sarebbe depositato e, a lungo andare, alzato il livello del fondo.
Era obbligo, per chi veniva da Empoli, portare ceste di terra, corbellini di pietrisco e golfolina da consegnare agli addetti che stavano sulle sponde del canale per le continue riparazioni. Era proibita la pesca e "gettare in dello fosso alcuna sorte di immonditia o sporcitia per le quali potesse far danno si di riempimento come d’altro”
Era proibito pure lavare e varare i navicelli per non arrecare danni agli scali. Era proibito navigare a coppia, ficcare pali o remi in ogni parte del fosso ed era obbligo, per gli abitanti del contado, obbedire alla "Comandata".
La comandata era una specie di chiamata alle armi, ma, invece di andare in guerra, gli uomini comandati dovevano prestare servizio gratuito nei lavori di riparazione di cui il canale abbisognava continuamente, e di martedi!
Il continuatore dell’opera di Cosimo fu il secondogenito Ferdinando I, che proclamò:
<<Troppo importa il tenerlo navigabile et se ne pigli parte dalli navicellai più vecchi acciò si accomodi bene e no si habbia da pensare ogni giorno.>>
Lo vedesse ora, il povero Ferdinando?
Per non dilungarci troppo col nostro canale, ancora un paio di notizie. Gli anni dal 1587 al 1609 furono molto ricchi di traffici, tanto che in questo periodo furono edificate, a Pisa, la "tettoia" a Porta a Mare, sullo scalo di arrivo, per scaricare più agevolmente i navicelli; e la “loggia dei mercanti", sede di tutti i traffici con le città della Toscana e del centro Italia. Si arriva al 1759, quando furono messe all’asta le due ultime galere abbandonate nell’arsenale pisano dopo la fine della dinastia medicea. Assegnata la Toscana ai Lorena, anche Pietro Leopoldo si interessò ai Navicelli costruendo un’opera importantissima di alta ingegneria, il "sostegno": una doppia cateratta, tipo Panama, da usare quando l’Arno era torbo, col fine di evitare l’entrata nel canale di terra e limo senza impedire la navigazione, troppo importante per i commerci.
I 22 chilometri di lunghezza, la tortuosità del canale, ed i ponti che costringevano i navicelli ad abbassar la vela rallentando il viaggio, spinsero le successive amministrazioni e la Magistratura delle Acque a correggere il tracciato con poderosi lavori, terminati con un decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 14/10/ 1903. A quel tempo il transito annuo di merci era di circa 200.000 tonnellate, su navicelli che ne caricavano fino a 50.
Ora la lunghezza è stata ridotta a 18 chilometri vi è un solo ponte girevole tanti decreti tanti discorsi darsena pisana traffico su gomma rifiuti tossici Livorno merda Scolmatore insabbiato politica e politicanti e noi
"si va a giro!".