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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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"Da bosco e da riviera" Lo zzoo a..rrimpiattarello!

28/11/2020 - 20:58

sottotitolo:

Versi e versacci di bestie nostrane.
Versi senza verso, di straverso,
che fanno ‘r verso a diversi versi.

 

Che mia nuora ha tradotto con:

 

Sonetti senza logica e senza senso
che scimmiottano
una serie di modi di vita animale.


Prefazione


Questi sonetti sono dedicati agli animali che principalmente vivono nel nostro territorio: fiume, lago, campi coltivati, pineta, collina, bonifica e marina.
La nostra bistrattata vecchia lingua povera, che noi tutti dobbiamo impegnarci a tener viva come una delle più belle tradizioni, mi ha dato la voglia di tentare un genere, il vernacolo, che ritengo abbia la grande prerogativa di divertire spiegando le cose, sia in forma burlesca, satirica e ironica, sia con la realtà più sincera ed umile.
Pian piano mi sono lasciato prendere la mano nel voler nascondere, ed in qualche sonetto anche troppo, l’animale scelto associandolo a bizzarri paragoni storici, fumettistici, proverbiali od umanizzandolo con modi, abitudini e comportamenti.
La mia grande aspirazione sarebbe quella di saper che tali bestie saranno riconosciute dai più, di prim’acchito, a dimostrazione della giustezza dei miei esempi e dell’amore che i miei paesani hanno per la bella natura che ci circonda.
Ad ogni sonetto, comunque, farà seguito una libera traduzione/spiegazione forzata in lingua per coloro che non hanno dimestichezza col dialetto  (quelli acquistati di fòri).

 
Le ferie

 
La Mina cor su’ amïo Paolino,
convinti a ttrovà’ pposto ‘n lucchesia,
van nell’acqua d’un tale Giaomino,
avant’he primavera vagga via.

 
“ O Pao, ‘un c’è neanc’una ‘alòcchia!
Tutto preso da’ ‘ neri di difòra!
‘Un c’è pposto né a ppoppa né a ccapòcchia,
come sse fuss’agosto già dda òra!”


“O Mina, te ‘un ci ‘ndà’ troppo rasenti!
Se ti sbriga chi vede fiòo ‘ llume,
ti mett’anco ‘r collino sott’a’ denti!”


“O Lino, te ‘un indà’ verso ‘r marciume!
Se vedi ‘ tu’ fratelli scot’a’ vènti,
rigira,…sennò perdi pel’e ppiume!”


Il passo primaverile.


Due animine, così sono chiamati i beccapesci, fanno il loro passo primaverile sulle acque del lago lucchese di Massaciuccoli, presso la cittadina di Torre del lago Puccini (Giaomino).
I torredellaghesi chiamano questi uccelli anche paolinacci, quindi nel branco c’è la Mina e il Paolino. Il passo primaverile non è molto copioso come quello “agostano”, dopo la cova, e gli animali non pensano certamente di non trovare posto sui soliti paletti piantati in acqua e dove piace loro sostare (la ‘alocchia). Quest’anno però c’è stato anche un fitto passo di altri uccelli che si sono ben presto abituati al nostro clima ed hanno trovato nelle nostre acque un bel ristoro: i cormorani (neri di difòra). Anche questi uccelli amano sostare sulla sommità dei pali e i nostri due amici si sentono come i poveri emigranti che andavano in cerca di fortuna con le navi (né a ppoppa né a ccapocchia). Una raccomandazione, rivolta da uno dei due uccelletti all’altro, è quella di non volare troppo vicino alle rive, dove sono i capanni dei cacciatori, perché, in mancanza di altre prede, anche le animine sono considerate commestibili per coloro che hanno fame (chi vede fioo ‘ llume).

La reciproca preoccupazione è quella di non volare verso le zone dove l’acqua è bassissima, dove a volte restano asciutte le piante palustri e si creano delle marcite (marciume), perché anche lì ci sono i cacciatori, questi con le reti, che, per attirare i beccapesci nella trappola, legano uno di loro con le ali troncate ad un picchetto piantato in terra, affinché il branco in aria scenda alla vista del compagno che si dibatte (scote ‘ a’ venti) invano.


Fra curiosità e natura


Nel padule di Massaciuccoli veniva dato alle animine, meglio dette mignattini o piombini, uno strano nome. I cacciatori con le reti, col metodo crudele avanti descritto, catturavano centinaia di animine con il piumaggio estivo lucente e fine. Uccidevano con un morso alla gola l’animale, cercando di non far uscire sangue per non sporcare il piumaggio, e ne facevano mazzetti di dodici che vendevano poi a commercianti fiorentini di cappellini da donna per la somma di un paolo a fascetto. Da qui il nome paolinaccio.
Quando andavamo a caccia sulla riva del mare, nei mesi di ottobre e novembre, e non c’erano prede migliori, un passatempo era sparare alle animine. Bastava prendere un pezzo di legno e gettarlo in acqua che subito quei curiosi uccelli si buttavano sull’oggetto per controllare forse che non fosse uno di loro in difficoltà e quell’amore gregario era la loro fine, come nella caccia con le reti. Io credo che il nome “animina” derivi dalla figura che disegna in cielo, quando vola, questa miniatura di gabbiano. Le sue ali sono come una piccola V bianca che si muove lenta lenta come l’ultimo respiro dei defunti nel simbolo pittorico dato alle anime nei quadri religiosi. Qualche tempo fa ero in un bar di Torre del Lago e ascoltavo attento i discorsi di alcuni avventori locali che parlavano di caccia e di pesca. Soliti discorsi di: quando si chiappò un luccio di tre chili, una ventina di marzaioli, una bettibellata di anguille, tinche in umido, crognoli fritti, finché una frase mi fece ritornare trent’anni indietro.

Disse uno:

”Sapete di cosa sento la mancanza? Di un bell’arrostino di paolinacci!”


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3/12/2020 - 16:44

AUTORE:
P.G_

Mi sono trovato, molti anni fa, sulla spiaggia di Marina di Vecchiano, quando ancora non c'era niente, con dei cacciatori che sparavano alle animine. Ne fecero una strage mettendone una sulla riva e sparando a tutto il branco che non si allontanava. Ne riempirono un paio di cassette cambiando ogni tanto il fucile perchè le canne delle doppiette bruciavano. Una vera strage e non per il paolino o perchè non avessero da cenare ma solo per il gusto dello sparare e dell'uccidere. Erano gli anni in cui era ancora agli inizi quella coscienza ecologica che abbiamo oggi ma ricordo che rimasi molto colpito da quella caccia inutile, tanto che ricordo ancora bene il profondo senso di tristezza che mi prese per quelle povere creature uccise invano.