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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Di Mario Lavia
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Copmune di Vecchiano - comunicato delle opposizioni
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Di Fabiano Corsini
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Il regalo di San Giuliano
Ovidio Della Croce

7/2/2021 - 11:32

FINALMENTE DOMENICA!
 
Nella lingua, si sa, in questi ultimi anni di “privatizzazioni”, era quasi scomparsa l’espressione “patrimonio pubblico”. Così, quando un complesso architettonico medievale, dopo quasi due secoli di proprietà privata e da molto tempo in degrado passa al pubblico con una prospettiva di tutela, recupero e ristrutturazione, è giusto festeggiare. Questo storico giro di proprietà, in un paese normale sarebbe la via maestra, mentre da anni si assiste all’esatto opposto: privatizzazioni e svendita del patrimonio pubblico. La mia sensazione (e non solo mia) è che, mentre si parla di memoria, in Italia si stia recidendo un filo che ci collega al passato. Non c’è regione italiana che non abbia molti antichi edifici pubblici e antiche chiese in abbandono.
 
Aria di festa per Italia Nostra, che scrive: “Siamo lieti di annunciare che la Rocca di San Paolino a Ripafratta, significativo esempio di fortificazione del XII secolo posta al confine tra Pisa e Lucca, al centro di un sistema di fortificazioni contrapposto delle due antiche città-Stato, nella lista rossa nazionale dei beni culturali in pericolo di Italia Nostra, da oggi è proprietà pubblica!” Con il punto esclamativo, detto una volta punto ammirativo.

Il passaggio da mani private a proprietà collettiva del nostro patrimonio artistico, nel nostro caso di un castello in rovina, in un momento in cui aumentano le disuguaglianze, è un elemento di equità, perché ora la sovranità su quel castello appartiene ai cittadini. Lo scopo principale di utilizzo di un bene comune è quello sociale, una volta fruibile da tutti potrà diventare un fattore formidabile per consentire “il pieno sviluppo della persona umana” e la coesione sociale. Stavo per metterci il punto esclamativo o ammirativo.
 
Festeggia il nostro Sindaco Sergio Di Maio. La Rocca di San Paolino a Ripafratta è diventata “del Comune di San Giuliano Terme, quindi patrimonio pubblico”, l’atto che sancisce il definitivo passaggio di proprietà del monumento al patrimonio del Comune di San Giuliano Terme è stato firmato lunedì 1 febbraio, dice il Sindaco e un’intervista aggiunge: “Questo risultato è una vittoria della comunità.” E poi prospetta un “futuro progetto di recupero della fortificazione con l’obiettivo finale di renderla centrale nell’offerta turistica e culturale del nostro territorio, con inevitabili ricadute positive anche sulla frazione di Ripafratta”. Percorso che il Comune vuole portare avanti con l’Università di Pisa, l’Associazione Salviamo la Rocca, riuniti nel “Comitato promotore per il recupero della Rocca di Ripafratta”, in stretto rapporto con la cittadinanza.
 
La prima cosa da fare ora è metterla in sicurezza e fare tutto quello che serve per trovare i fondi statali ed europei, stendere il progetto, cominciare il restauro e portarlo a termine nel più breve tempo possibile, altrimenti il degrado avanza e il rischio è quello di perderla per sempre. Il Sindaco Di Maio questo l’ha chiaro. Per quel poco che vale quello che scrivo, starei attento a pronunciare la parola “valorizzazione”, così ambigua da contenere anche il suo contrario. Valorizzazione, nel significato stabilito dall’articolo 6 del Codice dei Beni Culturali, “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio … al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”.
 
Anche l’Associazione Salviamo la Rocca festeggia insieme ai cittadini di Ripafratta:
“Si mette dunque una firma in calce a un percorso che l’amministrazione comunale ha portato avanti nel tempo grazie al contributo decisivo di cittadini, associazioni, consiglieri comunali e altri enti che nel corso del tempo hanno abbracciato la causa. Come la Regione Toscana, che ha cofinanziato l’acquisto insieme al Comune: rispettivamente 100 mila e 30 mila euro.” 


Sul sito dell’associazione si legge un comunicato in cui si annuncia:
“Proprio per celebrare questo grande risultato, ‘Salviamo la Rocca’ ha prontamente organizzato una giornata straordinaria di visite alla rocca di San Paolino per domenica 7 febbraio, con visite guidate dalle 9.00 alle ore 16.00 (con numero chiuso nel rispetto delle misure anti Covid e prenotazione obbligatoria ai seguenti recapiti: info@salviamolarocca.it o WhatsApp al 3398358584). Per l’occasione e per festeggiare l’evento, tutti gli esercizi commerciali di Ripafratta rimarranno eccezionalmente aperti.”
 
Sul sito di questa benemerita associazione c’è una ricostruzione storica della Rocca di Ripafratta, nota anche come Castello San Paolino (patrono di Lucca). L’ho letta come uno scolaro diligente o un pensionato curioso di fare un tuffo nel passato.
 
Andando all’indietro nel tempo forse, prima della Rocca, sul colle Vergario c’era una torre longobarda. La rocca fu costruita dai nobili Da Ripafratta con l’intenzione di estendere il proprio dominio sulla zona, in particolare su un piccolo villaggio dipendente dalla pieve lucchese di Montuolo, Ripa, in posizione strategica per la riscossione dei pedaggi. Per questo i lucchesi, nel 1104 e 1105, mossero guerra ai Da Ripafratta, e conquistarono la Rocca. Ma i Da Ripafratta chiesero aiuto ai pisani che attaccarono Lucca, e recuperarono Ripafratta, che passò sotto l’influenza pisana.
Nel 1109 i Da Ripafratta donarono parte del castello all’Arcivescovo di Pisa. La Repubblica di Pisa, in conflitto con Lucca, costruì una serie di torri di avvistamento sul lungomonte sangiulianese e fortificò la Rocca che, tra i secoli XII e XIII, fu ingrandita e rafforzata con mura a protezione del borgo attorno al castello.
Nel corso del XIII secolo la Rocca rimase al centro dei conflitti tra Pisa e Lucca, per poi passare sotto il dominio fiorentino.
All’inizio del XVI secolo subì importanti modifiche: le torri medievali furono portate all’altezza delle mura, che furono rinforzate con la “scarpa”, la porta sul versante lucchese fu protetta da “rivellini”.
La situazione politica cambiò e la Rocca perse la sua importanza strategica di “sentinella” del confine tra Lucca e Pisa. Già nel 1607 risultava abbandonata.
Nel 1628 passò, tramite livello per “uso d’orto”, a Orazio Angelini. Nel 1678 il livello passò al fattore della tenuta granducale di Collesalvetti, che dopo pochi mesi la cedette ai Roncioni, che poi ne rilevarono la proprietà nel 1845.
Nel corso dei secoli le condizioni della Rocca sono andate deteriorandosi. Fino al secondo dopoguerra del Novecento la Rocca è stata utilizzata come orto coltivato, smessa questa attività si è ricoperta di vegetazione. Ha riconquistato il suo fascino nel contrasto tra bellezza recuperata e stato di decadenza a seguito degli scavi archeologici degli anni ’80 del Novecento, che hanno riportato alla luce le strutture sottostanti. Finiti gli scavi, la Rocca è tornata e ricoprirsi di vegetazione.
 
Insomma, dopo quasi due secoli di proprietà della famiglia Roncioni, la Rocca di Ripafratta ora è sotto la tutela dell’amministrazione pubblica. C’è da augurarsi che questo bene di interesse storico e architettonico diventi al più presto uno straordinario centro culturale attrattivo per il territorio e bene comune per i cittadini e per le scuole, cuore del nostro stare insieme. La scuola, penso, debba essere la prima destinataria di questo bene storico e architettonico, l’arte e la cultura non sono solo sui libri, sono oggetti concreti del paesaggio, non sono svaghi domenicali, usciamo di casa e ce li troviamo davanti tutti i giorni. Ma prima di tutto è necessario che siano trovati in fretta i soldi per la ristrutturazione e le idee per un progetto di “valorizzazione” che dia verità e sostanza all’articolo 9 della Costituzione. Scrive il poeta Franco Marcoaldi: “chi non sa apprezzare un albero / non può apprezzare un quadro / Perché comune a entrambi / è la profonda vastità delle radici”. La nostra vita affonda le sue radici nella nostra storia. Riprendersi la Rocca, riscoprire il nostro passato, vedere che è stato diverso, ci aiuta a immaginare anche un futuro diverso. Perfino a me prende la voglia di fare festa in un momento in cui c’è poco da festeggiare. Anche se propriamente non sono poeta, sapere che la Rocca è diventata un bene nostro mi intenerisce il cuore, provo un senso di felicità e così sento più forte di voler molto bene a San Giuliano che ci ha fatto questo bel regalo.

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8/2/2021 - 19:29

AUTORE:
Cristina

Caro Ovidio,

volevo scrivere un pensiero profondo sul senso della memoria. Invece mi è venuto in mente quel vanitoso di Schliemann.
Pensa... prima ha trovato una massa fatiscente di pietre e ruderi, che non avevano nulla di interessante.
Poi, invece di tirarci sopra una colata di cemento e farci un paio di palazzine per tamponare l'emergenza abitativa, ha pensato bene di mettere in salvo tutto quel patrimonio e donarlo alle generazioni future.
Questi archeologi, sempre in fissa con lo sviluppo della civiltà.
E questi storici, così noiosi! Insistono nel volerci insegnare che i processi a priori è sempre bene non farli.
Perché solo il tempo ci rivela se le intenzioni sono davvero buone e se una scelta, per quanto azzardata, alla fine risulta vincente.
Io sto con loro e aspetto.

Sulla memoria ti scriverò un'altra volta.

7/2/2021 - 19:50

AUTORE:
Antonietta Timpano

Rallegra nel profondo anche me la notizia che La Rocca di Ripafratta sia diventato bene pubblico, parte del Bene Comune.
Spetterebbe anche a Molina Alta o Molina Vecchia di essere restaurata e valorizzata.

Molina di Quosa è luogo di alto valore storico, geologico, archeologico.

Attende solo di essere riscoperta e amata.

Grazie Ovidio per la precisa ricostruzione della storia della Rocca.

Ti racconterò la storia di Molina di Quosa, altrettanto famosa un tempo , che ha condiviso con la Rocca, alcuni secoli di storie e di guerriglie.

Gli ambasciatori dei comuni di Lucca e di Pisa lì, anzi qui, si incontravano per trattare "Manda a Quosa in Val di Serchio/ Pisa manda ambasciatori/..." Faida di comune - Giosuè Carducci

Parlare di Molina di Quosa in un momento di giubilo per la Rocca può risultare fuori luogo, o un peccato infantile di campanilismo.

Corrisponde , invece, a un atto d'amore per un luogo in cui è piacevole tornare a vivere. Da 'Le cinque ragioni per le quali vale la pena vivere a San Giuliano". (Bei ricordi, belle esperienze, belle occasioni per
fermarsi a guardare quello che abbiamo attorno.)

Nel 'Viaggio intorno alla mia camera' , Voyage autour de ma chambre', l'autrore, Xavier de Maistre,nel 1794 , a Torino, è costretto a restare chiuso per quarantadue giorni nella sua stanza. E' agli arresti domiciliari per aver preso parte a un duello non autorizzato. La clausura forzata lo spinge a scrivere un romanzo di quarantadue capitoli, tutti molto brevi , ognuno dei quali corrisponde a un giorno trascorso al chiuso .
Ci invita a viaggiare con lui all'interno della sua stanza e a scoprire il Grande nel piccolo, lo spazio nella ristrettezza.
"O come somiglia il suo costume al mio"
L'emergenza ci ha costretti dapprima alla clausura , successivamente , non potendo spostarsi e viaggiare, a dirigere lo sguardo verso lo spazio attorno alla nostra stanza e a mutare questo sguardo.

Almeno su di me la pandemia e le limitazioni a cui ci ha costretti e a cui ci costringe sta sortendo l'effetto di placare le smanie e mi induce ad aprire gli occhi su quello che mi circonda e finalmente a vedere e riscoprire spazi consueti.
Grazie Ovidio per avermi permesso di scrivere questa riflessione.
Viva la stanza,viva la casa, il paese, San Giuliano, la Rocca e tutto quello che si raggiunge a piedi.

7/2/2021 - 18:39

AUTORE:
Lettore

In una condizione nella quale ci toccherà tentare di rimettere in circolazione anche quei centesimini diventati pressoché inservibili e che sono finiti a riempire barattoli, acquistare come "bene comune" una massa fatiscente di pietre mi sembra la più improvvida delle spese.
Non credo che dopo aver speso qualche milione per recuperare questo rudere, che ha pochissimo di architettonico e niente di interessante, se ne avrà una ricaduta turistica. Quanti saranno mai i turisti che verranno a visitare. questo "monumento"? .
Acquisire al patrimonio comunale questa struttura per vantarne il possesso (senza pensare all'onere che ne consegue (perché dopo l'acquisto e il restauro resterà per sempre la manutenzione) o credere di mostrare impegno culturale, mi sembra solo un esercizio di vanità.
E il discorso si può allargare all'acquedotto di Asciano, che prima che spettacolo monumentale è orribile mostra dei più fantasiosi sistemi di puntellatura. La demolizione di alcune parti fatiscenti e in alcuni casi ingombranti non lo renderebbe meno interessante. La parte rimasta integra e non bisognosa di restauri sarebbe sufficiente a fare mostra di opera di valore civile e architettonico, anche se non originale come acquedotti davvero antichi presenti in molti paesi europei.
E non mi si oppongano gli scavi di Pompei o il restauro del Colosseo: quella è tutt'altra roba.
Non ci passi di mente l'acquisto dell'immobile della Fondazione Cerratelli.
In tempi critici bisogna saper individuare le priorità.

7/2/2021 - 15:39

AUTORE:
gio'

dire che era ora!
LBisognaa Rocca ha dominaìto per cinque secoli il panorama storico, animando appetiti ed eventi militari e politici di rilievo anche nazionale ed europeo.

Al centro di un vasto complesso fortificato, contrapposto ad un analogo dispositivo situato in parte sui monti di Filettole.

Fu teatro della prima guerra comunale d'Italia e oggetto famoso del contendere. nelle vicende del conte Ugolino, accusato di averla svenduta ai lucchesi e per questo rinchiuso a morire di fame nella torre cantata da Dante.

All'estero fanno musei nelle miniere di carbone, noi non valorizziamo tesori storici di valore assoluto.

7/2/2021 - 15:15

AUTORE:
Luigi M

Bellissima notizia! Faccio un augurio alla Rocca e a tutti noi che la ristrutturazione e messa in sicurezza non trovi inciampi e se ne possa godere appieno in un prossimo futuro. Bella la frase finale di Ovidio! (punto ammirativo... :-) )

7/2/2021 - 12:27

AUTORE:
Daniela

In una ulteriore mattina uggiosa e prigioniera del virus, fa piacere questa notizia, che dona onore ad un luogo così bello, a coloro che con pazienza e dedizione se ne sono occupati, al sindaco e per ultimo ad Ovidio, messaggero e narratore elegante e poetico.