Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
In occasione della ricorrenza del 25 aprile vogliamo ricordare la figura di Giuliano Vincoletti, il Partigiano, come ha voluto che fosse scritto sulla tomba sotto il suo nome, che ha caratterizzato un lungo periodo della vita sociale e amministrativa di San Giuliano Terme nel suo ruolo di Sindaco.
Morto nel 2012, ha lasciato un grande esempio di dirittura morale e passione politica.
Ringraziamo Fabiano Corsini per il suo ricordo così vivo e appassionato
GIULIANO VINCOLETTI
Partigiano
(di Fabiano Corsini)
La piccola Giuliana aveva fatto le scale in un soffio, aveva aperto la porta dellacamera dove suo fratello stava finalmente riposando dopo una giornata trascorsa in giro per il monte, nei boschi, a organizzare ronde e a cercare nascondigli utili ai compagni sempre più numerosi che arrivavano dal piano. “Giuliano, ci sono i tedeschi, ti vogliono ammazzare!”.
Non perse tempo a pensare, fece quella che pareva l'unica cosa possibile. Disse alla bambina di tornare giù, poi aprì la finestra e salì sul davanzale.
Era un bel salto, ma non c'era altro modo per salvarsi.
Non si fece nemmeno il segno della croce, non aveva mai creduto in Dio, nemmeno al suo babbo era rimasta attaccata addosso una preghiera di quelle che gli avevano insegnato all'orfanatrofio.
Quel suo babbo povero in canna, boscaiolo, troppo spesso ubriaco, rovinato dal vino.
Lui la guerra, la grande guerra, l'aveva fatta per forza, l'aveva fatta tutta e tutta in prima linea.
Riempito di grappa e di cattivo whisky, perché per andare a baionetta ad ammazzare giovani austriaci bisognava essere folli o ubriachi.
Il Vincoletti guardò giù, era un volo di cinque metri, per trovare la forza dibuttarsi avrebbe dovuto bere qualcosa, ma lui non beveva, lui non aveva niente che potesse dargli coraggio, se non la voglia di vivere, e vivere per combattere ora quella guerra che c'era da fare.
Contro quei tedeschi e quei fascisti che rastrellavano i civili, che ammazzavano, che facevano i padroni.
Di suo lui e la sua famiglia non avevano quasi niente, solo quel casolare dove era nato lui, nel '23.
Figliolo di Quirico, venuto da Borgo a Mozzano, il figliolo bastardo di una serva di uno dei signori che si approfittavano della miseria e della ingenuità della povera gente, dunque figlio di n.n.
Ma alle Molina, anzi ai QuattroVenti, Quirico aveva trovato accoglienza, lo avevano adottato e lo avevano cresciuto.
E quando era stato grande, era riuscito anche a comprare casa, lì a Montaussi, insieme alla sua Lice. Poi erano venuti i figli, Giuliano, la Edda, infine Giuliana. Una vita da poveri, decorosa quanto bastava ma segnata dalla fame. Qualche soldo arrivava lavorando alle carbonaie, a fare legna, a raccogliere le castagne. Polenta di farina dolce, cotta nel paiolo sulla brace. Accompagnata quando si poteva da un filo d'olio e un bicchiere di vino.
Poi era arrivata una nuova feroce guerra che ora li minacciava e tormentava. Giuliano guardò giù, vide le piante mosse dal vento, pensò che lui era un animale dei boschi, che viveva tra le piante e nel vento, che gli odori dei muschi e del verde non avrebbero potuto ucciderlo, ma che lo avrebbero invece salvato, accogliendolo per quello che era, un uomo del monte.
E si lanciò di sotto. Le piante emisero un lamento, come se un cinghiale le avesse trapassate. Lui capì che non si era fatto niente, che era pieno di graffi, ma che si sarebbe potuto alzare, e poi correre via.Sentì gli ordini sgraziati di quei tedeschi e le minacce alla bambina.
E poi li videandare via.
Aveva fatto le scuole elementari e poi più niente, come succedeva allora perla maggior parte di quelli che nascevano da quelle parti. Ma a Giuliano quella scuola non bastava.
Leggeva tutto quello che poteva, cercava di procurarsi libri, di imparare nuove cose.
Fece il militare in Marina, e gli servì per conoscere un po' di mondo, per leggere, per incontrare persone differenti da quelle dei suoi posti.
Quando tornava in licenza la sua divisa indossata come un capo di sartoria, il suo portamento aristocratico e deciso stupivano le sue sorelle, gli amici delle Molina, gli operai della segheria del Roventini che ora pativano meno la fame e la miseria.
Nel 1941 aveva cominciato a lavorare alla Piaggio, ma a Pontedera a quell'epoca si costruivano armi.
In fabbrica c'era una organizzazione di operai comunisti, presto cominciò a frequentarla. Lo colpì la repressione, fu aggredito dai fascisti, costretto a venire via e a tornare al suo monte e ai suoi boschi. Quando in monte cominciò ad organizzarsi la resistenza, Giuliano incontrò persone nuove, oltre ai suoi amici delle Molina.
C'erano, in armi, persone istruite, maestri, professori, farmacisti. Non c'eratanto tempo per parlare, quando ci si trovava, ma dai modi, dai gesti, dalle parole, dai comunicati che ogni tanto si riusciva a fare, dalle intese che di volta in volta si definivano, era come se quella fosse una nuova scuola.
Fu partigiano, Giuliano Vincoletti. Le carte dicono che appartenne alla 23° Brigata Garibaldi bis “G. Buscaglia” , Distaccamento Nevilio Casarosa, in attività dal 1/6/1944 al 2/9/1944.L'esperienza di quei mesi di fatto poi segnò tutta la sua vita, fu lui a scegliere la militanza partigiana come il senso della sua esistenza intera, al punto che quando morì, nel 2012, volle che sulla sua tomba fosse scritto, sotto al suo nome, una sola parola “Partigiano”.
Se raccontiamo della sua vita intera, è in questa considerazione che dobbiamo leggere tutto il resto: quella spinta a volersi perfezionare, ad affrancarsi dalla miseria non con il benessere materiale, con i soldi, ma con la formazione, con la cultura, con l'impegno civile.
Rigoroso e scrupoloso, come tutti coloro che, per sapere, hanno dovuto combattere e superare ostacoli che parevano insormontabili.
Era riuscito a prendere la licenza media, comprandosi i libri estudiando da solo, rubando il tempo al riposo e al divertimento.
Andando avanti anche quando Quirico prese tutti i suoi libri e gli diede fuoco: “Guarda come spende i nostri soldi!”.
Nei fumi del vino aspettò di vederli bruciare tutti. Quando la guerra finì c'era da ricostruire tutto, c'era da aiutare la gente a riscoprire il gusto della comunità. Gli uomini della resistenza furono i primi sindaci del comune: il farmacista Dinucci, il maestro Taddei.
Dopo il momento delle armi, Giuliano e gli altri si fecero allora dirigenti della rinascita civile: a fianco dei cittadini per ricostruire i servizi essenziali.
I soldi non c'erano, e allora si inventarono gli scioperi alla rovescia, con gli operai che lavoravano per costruire l'acquedotto o i lavatoi.
Alle elezioni amministrative del 1965 venne il suo momento per fare il sindaco, lui che era stato boscaiolo e ora era operaio cantoniere.Fu Uliano Martini a proporlo. Senza temere repliche, davanti a tutti gli disse“Giuliano, il Sindaco stavolta lo fai tu”.
Uliano, il più bravo e il più buono.
“Buono come i Russi, anzi, a dirla tutta amico mio i Russi sono proprio buoni” Diceva Giuliano : “In Russia uno come Uliano lo considerano cattivo”.
Certo, faremo come la Russia, e intitolava strade a Lenin, e a Che Guevara, a Rosa Luxembourg e a Martin Luther King.
“Abbiamo deciso di fare le fognature...qualcuno voleva spendere soldiper la illuminazione, ma è inutile illuminare il degrado: prima rendiamo vivibile il paese, poi lo illuminiamo.”
Capì l'importanza dei luoghi, il valore della difesa della memoria, lo chiamarono “Il sindaco della difesa di Ripafratta”.
L'uomo del monte e dei boschi era abituato ai lunghi silenzi, a stare solo per ore e ad ascoltare il vento e gli animali.
Ma se parlava, le sue parole arrivavano lente, tanto da lasciarti inapprensione. Ma poi le cose erano chiare, precise. Se doveva parlare, e un sindaco deve parlare in continuazione, spesso e tutti i giorni, si preparava.
Si chiudeva nel salotto buono di casa, quello che condivideva con la figlia Tiziana che ora andava a scuola e di questa stanza aveva bisogno per fare la lezione.
E allora si metteva a leggere. Pile di Rinascita, ritagli di Unità, i libri degli Editori Riuniti.
Un intellettuale popolare, un dirigente comunista che seppe conquistare l'amore del suo paese. I comunisti di San Giuliano, un bellissimo gruppo nato in una stagione di lotte entusiasmanti, non ebbero bisogno di allearsi con nessuno: quel Giuliano Vincoletti Sindaco ebbe la maggioranza assoluta, e fu sindaco per tanti anni.
Quando gli uomini di quella stagione, quelli che avevano fatto la Resistenza, diventarono un ingombro e si cominciò a dire che bisognava fare posto ai più giovani, il Vincoletti smise di fare il sindaco.
Lavorava in Provincia come operaio cantoniere, ma le sue parole erano ascoltate da Nino Maccarrone, Presidente, compagno di anticamilitanza e fervente autonomista, sostenitore del lavoro dei comuni.
Per molti anni si dedicò allora al sindacato, ai pensionati. Cominciò una nuova stagione.
Sentiva che alla politica, al suo impegno sociale e civile, doveva tutta la sua storia personale, il suo processo di emancipazione sociale e culturale, quel modesto benessere di cui ora poteva godere, non più povero, ma certo neppure ricco.
Così continuò a interpretare il senso della sua esistenza dedicandosi agli altri, diventando il punto di riferimento dei più deboli, dei cittadini di cui proprio in quegli anni cominciava il disagio verso uno stato e una politica che sempre più parevano allontanarsi e diventare incomprensibili.
Eravam tutti pronti a morirema della morte noi mai parlavamparlavamo del futurose il destino ci allontanail ricordo di quei giornisempre uniti ci terrà
Il tempo si dice sia galantuomo, ma è anche inesorabile. La sua irreversibilità non viene dal fatto che non si può tornare indietro; indietro invece si ritorna, sempre. La punizione più feroce per chi si prova a esistere è il vedere nei giorni che passano il ritorno alla miseria, con i compagni che un po' alla volta se ne vanno, con la memoria che un po' alla volta viene cancellata.
La dialisi va fatta un giorno si e uno no. Il partito non c'è più. I russi poi, così si dice, non sono più buoni. Uliano non dipinge più bambini tristi e neppure gli occhi di speranza di Berlinguer.
Giuliano Vincoletti è morto mentre guardava la pineta, lontano dalle Molina.
Si chiedeva se in quella boscaglia, dove non c'erano castagne, ci fossero sentieri che lo riportassero in monte.