Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
L'ennesima opinione non richiesta
Fino a qualche anno fa, nessuno aveva mai sentito nominare la parola “resilienza”, tranne gli ingegneri, gli psicologi e i biologi.
Mi ricordo perfettamente che, quando mi capitò di leggerla per la prima volta, pensai che si trattasse di un errore di battitura.
Poi, notando che un sacco di gente molto chic iniziava a usarla in diversi contesti, immaginai che, forse, doveva essere un modo nuovo per dire “resistenza”.
E invece no.
Era un modo nuovo per dire “mi adatto in maniera positiva”, o anche “mi piego ma non mi spezzo”, a seconda dei casi, ma molto meno rozzo e terra terra.
Che poi il “mi piego ma non mi spezzo” fa pure un po’ fascio (però al contrario, come tutte le cose dei fasci), mentre la parola “resilienza” la usavano quelle con i maglioncini a tinta unita e quelli con la giacca a costine di velluto con le toppe sui gomiti.
Era ovvio che non potessero essere la stessa cosa.
Da lì, iniziarono presto a spuntare i profili social di quelli che usavano come nickname “Alessandra Resiliente” o “Gianni Resiliente” e le pubblicazioni di sinistra presero a buttare lì il termine “resilienza” a casaccio all’interno degli articoli.
Così, de botto, senza senso.
Non so perché, ma improvvisamente qualcuno molto influente doveva aver deciso che ‘sta parola era proprio un sacco fica.
E io che avevo campato la maggior parte della mia esistenza senza conoscerla.
Assurdo.
Come avevo fatto, Dio? Come?
In effetti, a pensarci bene, credo che in tutta la mia vita io non abbia mai avuto bisogno di usare un concetto come quello di “resilienza”.
Non sono uno psicologo, non studio biologia e a malapena ricordo la differenza tra le materie termoplastiche e quelle termoindurenti che avevo studiato alle medie, quindi boh, dove avrei dovuto definire qualcosa “resiliente”?
Ma il mondo, nel frattempo, andava avanti e scopriva questo nuovo magnifico termine, e con esso il mirabolante concetto che porta con sé: si resiste e ci si adatta.
Vallo a spiegare con un altro termine.
“Spirito di adattamento”? Tzè. Troppo sempliciotto.
Vuoi mettere con “RESILIENZA”, che è molto più sfumato, ricco, colto, raffinato?
Senti come scivola elegante quella “L”?
ResiLienza.
Magnifico.
Come facevamo a comunicare tra noi esseri umani, prima? Boh.
Per questo sono felicissimo che il nostro illuminato governo dei migliori abbia varato il “piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Poteva essere solo un piano “di ripresa”?
Certo che no.
Noi siamo resilienti, perché ci adattiamo.
E se la nostra attività chiude, perché magari non viene aiutata, noi faremo altro, da bravi resilienti.
Quello significa.
Non significa solo “resistere”, come pensavo io quando ero ancora un maledetto ignorante, significa anche “adattarsi in maniera positiva”.
La tua attività non viene aiutata perché viene ritenuta “non meritevole” ad insindacabile giudizio del governo?
Che vuoi fare? Resistere?
No, caxxo, allora non hai capito niente.
Non devi resistere, cosa caxxo resisti? Devi adattarti.
Felicemente.
Fai altro, e fallo con un bel sorrisone, che la vita è bella.
Devi essere RESILIENTE, caxxo.
Studia le parole.
“La parole sono importanti”, diceva uno.