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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
"Dante, una terzina per volta"
di Stefano Benedetti
DANTE ALIGHIERI CONTRO HANNIBAL LECTER

20/6/2021 - 17:26


Chissà come se la sarebbe cavata il Sommo Dante se avesse dovuto inserire nella Comedia (rigorosamente con una emme sola) un tipetto difficile come il Dott. Hannibal Lecter, prevelandolo magari dal film “Il silenzio degli Innocenti”, con la sua bella mascherina di cuoio, che dietro le sbarre di ferro della sua cella open space, gli consentiva di bere solo con la cannuccia.
Sarebbe comunque stato un problema da poco, perché il Sommo, avrebbe trovato motivazioni e pena adeguate anche per lui, come sempre accade in tutta la sua opera.
E questa è una caratteristica del grande poeta fiorentino che però va osservata con la giusta attenzione, in quanto Dante, in questo campo, mostra la sua massima "creatività" arrivando (sulla soglia dell'eresia, sempre in agguato al suo tempo) a sostituirsi al Giudice Supremo (cioè a Dio), e non è cosa da poco!

In pratica, con la Divina, Dante ci “anticipa" quelle che saranno le sentenze di Dio (o che sono state, ma che non avremmo saputo, se egli stesso non avesse passato la sua bella settimanetta per l’Aldila’ e ce l'avesse reportata per scritto).

Ma lo fa anche in maniera arbitraria, lo fa per principi solo a lui noti e scelti, sempre in funzione del progetto poetico/teologico che porta avanti.
E non tiene gli stessi pesi e le stesse misure.
Ad esempio, in Inferno ci racconta Francesca Da Rimini con una pietà, una dolcezza, una poesia tale, da farci sentire che nel suo trasporto, nel nostro trasporto, ci sia una assoluzione inevitabile nei confronti della bella ragazza dannata.
In altri passi, ad esempio con il Vanni Fucci, quasi si diverte ad infierire, condannare e ri-uccidere il ladro pistoiese per l'eternità.
In altro passo purgatoriale invece si permette addirittura di "salvare" Catone, emerito suicida, e i suicidi la Chiesa non li vuole salvati, oppure in Paradiso, colloca in bella mostra un pensatore del calibro di Sigieri da Brabante, considerato da San Tommaso d'Aquino un bell'ereticone e fuori dal perimetro di Santa Romana Chiesa.

Perché tutto questo, perché tutta questa libertà?

Perché il Sommo ardisce così tanto da ergersi lui stesso in poesia, a sua discrezione, dispensatore di giustizia divina?

I motivi possono essere riconducibili  a due.
Il Primo, definiamolo di ordine tecnico/pratico è che il Sommo, in un'Opera così vasta e immensa, doveva pur prendersi una qualche responsabilità di narrazione (e del conseguente giudizio) rispetto alla miriade di anime che incontra nel Suo Aldilà; questo coadiuvato dal fatto (direi Junghiano) di trincerarsi nella dicotomia "letteraria" o "onirica" al fine di ricondurre tutto il Suo Viaggio ad un grande Sogno, ad una grande invenzione letteraria.

Una Divina senza personaggi reali ma solo didascalica nelle pene, sarebbe stata di una noia mortale quasi una gara di Formula uno senza sorpassi o incidenti.
Il Secondo, (ed è quello che più ci interessa) è l'approccio che Dante stesso ha con la sua visione del suo Io, ove sistematicamente Egli, quando è Uomo Etico, condanna o salva, ma quando è UomoPoetaInCarneEdOssa, mai condanna e mai assolve!

E' presente sempre in Lui un particolare approccio con Peccatore e Pena che fa si che tutti gli assassini meritino la pena di morte, ma che anche Hannibal Lecter, comunque, resti un essere umano, in una parola sola un "Uomo" figlio comunque di quel Dio che lo deve giudicare.

L'astrattezza del peccato e la concretezza del peccatore cozzano ovunque tra loro e la "finzione giuridica della pena" può non tener conto di quello che è stato l'uomo (o la donna) in vita, a quello che c'è di Ineluttabile e Predestinato nelle sue azioni passate in vita.
E Dante, osa con questo, e passa anche attraverso le maglie (fini) della rete della Nostra Esistenza, e trova coraggio nell'esporsi non solo di fronte al suo giudizio morale verso Dio, ma anche verso (e contro) le istituzioni del tempo, (Papa e Vescovi) che avrebbero potuto non comprendere tale balzo.

A sofferir tormenti, caldi e geli 
simili corpi la Virtù dispone 
che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli.
(Purg. III, 31-33)


Fosse stato Clarice Starling il nostro Dante, lo avrebbe cucinato bene bene questo cattivello di Hannibal!

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