Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
La leggenda racconta che Eracle in fasce, abbandonato da una ninfa amante di Zeus, fu raccolto da Era che lo attaccò al suo divin seno. Il piccolo aveva già parte della sua forza straordinaria e questa, unita alla fame, fece sì che il succhiare si mutasse in mordere facendo infuriare la dea che, ferita(?), respinse sulla terra il neonato versando in mare gocce del suo latte che si tramutarono nel fiore “pancrazio” (pan = tutto e crazios = forza, potenza). L’aggettivo “marittimo” non ha bisogno di spiegazioni.
Ora è una pianta protetta dato il suo particolare habitat e il suo modo di riproduzione.
Torniamo sulla nostra spiaggia (ovviamente marittima).
Il giglio di mare, nome più noto e “casareccio”, è conosciuto già da lunghissimo tempo ai nostri vecchi fruitori della spiaggia di là, quella di San Rossore, che lo hanno sempre ammirato e rispettato, senza imposizioni e divieti, come simbolo dell’estate e della resistenza al calore della sabbia. Le antiche dune di San Rossore lo hanno avuto da sempre si può dire ed ora il pancrazio si incontra anche a Marina di Vecchiano.
Qui riprendo la sua “propagazione” cercando di spiegare questa nuova presenza. Sulle “nuove” dune il giglio è arrivato in due modi: il più semplice è il suo leggero seme che il vento ha fatto volare in mare che lo ha trasportato a nord con la sua nota corrente e le onde poi fatto spiaggiare e l’avanzamento del litorale poi ricoperto, oppure l’erosione della spiaggia di San Rossore ha scavato i bulbi da sud esportandoli a nord dove hanno avuto la stessa sorte dei semi.
Un fattarello: quando sono stato in San Rossore a fotografare il giglio dall’alto di una duna, ho visto una coppia che stava tornando da una passeggiata sulla battigia e che gesticolava verso di me in modo strano; li ho riconosciuti per due vecchi amici e sono andato verso di loro. Lui è rimasto sorpreso di vedermi, era da tanto che non ci incontravamo, e mi ha spiegato che stava dicendo alla moglie che “un disgraziato” stava raccogliendo i gigli e che doveva trovare il modo di chiamare le guardie del parco per denunciare lo scempio. La cosa mi ha fatto un enorme piacere per vedere e sapere che esistono persone sensibili “di natura”.
Chi mi conosce sa che sono “abbastanza-tanto” campanilista e allora chiudo con: non potevano non essere che migliarinesi!
Cosa strana per me è aver capito solo adesso, scrivendo le vicissitudini naturalistiche del pancrazio, il senso della seconda leggenda della sua nascita, storia sarda che chiama il pancrazio “Lillu de mari”.
Siamo al tempo dei saraceni, una giovane pastorella “bionda” viene rapita perché essere fuori dal normale dato il colore dei suoi capelli. Non si parla di stupri o almeno molto molto velatamente scambiando con “sevizie” i maltrattamenti, finché la giovane muore e il suo corpo viene buttato in mare e trasportato dalle onde sulla riva. Dal corpo ancora intatto nasce “su lillu”. Le leggende son sempre accattivanti e la verità la vede solo la fantasia, ma “pastorella sarda bionda” lega poco con il giglio.
No!! Ne è veramente l’origine!
Lo ho finalmente capito andando diverse volte a passeggiare, piacevolmente, fra le dune in diversi momenti dell’anno. Nei mesi freddi nulla che segnali la presenza del giglio, poi in primavera inoltrata appaiono ciuffi di lunghe foglie verdi affusolate e dopo un mese o due queste cadono secche e morte a terra. Passano i giorni e di fiori nessuna traccia, solo foglie sempre più appassite disposte a corona finché, perseverando, all’inizio di agosto, in mezzo a quelle foglie divenute di un giallo oro, appaiono decine di steli verdi con l’apice rigonfio nascondente il nostro fiore!
Un ciuffo di capelli biondi fa nascere il giglio, “su lillu”.
La Natura fa il suo corso, ma la Fantasia la supera!
Chiudo (finalmente dirà qualcuno) con un’ultima curiosità: il pancrazio (tutta potenza) era una lotta, con le sole mani e all’ultimo sangue, che gli antichi greci praticavano combattendo nelle arene. Era vietato solamente: cavare gli occhi e strappare i testicoli, poi andava bene tutto, tutta la potenza del lottatore!
Strano che il fiore abbia preso quel nome dato che non credo minimamente al fatto che il suo uso alimentare abbia dato forza e potenza a chi lo ingeriva perchè, come tutte le amarillidacee, è potenzialmente tossica (contiene alcaloidi dai potenti effetti allucinogeni e cardiotossici).
Godete il pancrazio con gli occhi, tanto, anche se praticate il pancrazio, quelli ne godranno lo stesso!
E il sonetto?
Dove lo metto?
Presto detto!
Fior di pancrazio
sembri lucente cometa nello spazio,
non c’è un altro che la tua forza abbia,
te che sei re del mare e della sabbia!