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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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Dai ponti al mare: IL BAGNO DELLA DOMENICA

1/11/2021 - 8:31




In quello stesso posto dove passava il traghetto, ormai in disuso da moltissimi anni, dalla notte in cui il Taccini cadde in Serchio rischiando di affogare e allontanando da sé la voglia di continuare quel mestiere, prendevamo le 'eppie, quelle grosse che uscivano con la schiena fuori dall'acqua quando cercavano di rimontare la pietraia.
 La profondità andava da un palmo a mezzo metro e nella corrente, a fine estate, con l'acqua fino alle ginocchia, aspettavamo che quei pescioni scavalcassero l'ostacolo per andare sempre più a monte a depositare le uova. Era più l'acqua che ci schizzavamo addosso che i gropponi sbatacchiati, ma l'importante era stare a mollo in ogni modo, in quell'acqua fredda, limpida, bella e pesciosa che si lasciava toccare, amare, abbracciare, succhiare, penetrare; sempre nuova e diversa e principalmente tua.
I ragazzi dei due paesi si trovavano, la mattina dei giorni di festa, tutti nell'acqua a tirarsi fango e quell'erba filamentosa, il setino, che formava ottime palle e non faceva male e, regola prima e inderogabile, tutti nudi.
Era un piacere indescrivibile sguazzare sentendo il frescolino dell'acqua corrente fra natiche e palle. Le donne erano bandite dal Serchio e le sorelle che, avvicinandosi l'ora del pranzo, da buone bambine, chiedevano ai genitori di andare a chiamare tato al Serchio (ad avercele mandate non ci sarebbero andate) avevano, nel fratello nudo nell'acqua, il peggior guardiano. La curiosità di vedere qualcosa, camuffata da amore fraterno, era contrapposta da una morbosa gelosia e i fratelli urlavano alle sorelle di allontanarsi, che sarebbero tornati in tempo e da soli a casa, senza bisogno di "chiamo" e a mezzogiorno preciso.
Si è più gelosi della sorella che della fidanzata. L'accesso all'acqua doveva per forza essere vietato a quelle smorfiose o non ci sarebbe stata più la libertà di pisciare, scurreggiare, scherzare nudi e mostrare le tue vergogne.
Fra quelli di Nodica c'era un tipo strano, Renzo della Vivetta, che avrebbe dovuto avere un posto nel Guinness.
Mentre sguazzava in Serchio con gli altri ragazzi, si tuffava a testa in giù, metteva solo le chiappe fuori e schizzava dal buco del culo l'acqua che prima aveva in qualche modo aspirata, come noi facevamo spesso e più naturalmente con la bocca.
Il Francese e Cefisio erano specializzati nel traversare il fiume e ritornare rimanendo sempre sott'acqua e sfruttavano questa loro predisposizione alle lunghe apnee per andare a rovistare sotto le radici degli alberi sommersi dalle piene e fra le pietre, dove prendevano con le sole mani grosse lasche e barbi scivolosi.
L'acqua, vicino a dove ora hanno fatto i piloni dell'autostrada, era così bassa che i metatesi, quando per ferragosto c'era la festa del paese a Nodica, traversavano a piedi togliendosi solo le scarpe e facendo un paio di rimbocchi ai calzoni gli uomini, tirandosi un po' su le gonne le donne, i ragazzi niente perché i calzoni erano corti e gli zoccoli di legno ai piedi, guadando fra pozzanghere ed erbe acquatiche mezze morte da stare asciutte, scivolando sul muschio dei sassi per qualcuno che doveva ritornare a cambiarsi a casa e tutto per andare a mangiare la torta co' bischeri da parenti o amici.
Nell'occasione del giorno della festa del santo patrono, ogni famiglia, in qualsiasi paese, tirava fuori il servito buono, ammazzava tutto quello che si muoveva in pollaio, apriva botti e damigiane, per poi stringere la cinghia per i molti giorni a venire per la penuria di generi alimentari mancanti da dispense svuotate e una desolazione di penne e di pelo nei cortili. Ma il giorno della festa non bisognava badare a spese.
Fin dall'alba era un viavai di carretti di chi non aveva il forno e portava le teglie degli arrosti e delle lasagne a chi aveva invece quel saporito modo di cuocere all'aperto e l'aria era pregna di odori da mangiarsi a boccate col pane e le massaie si sbizzarrivano in piatti che avrebbero fatto piangere di lacrime amare Veronelli e Carnacina.

Fonte: purtroppo non ci sono foto del tempo che fu
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4/11/2021 - 9:54

AUTORE:
Giancarlo

Io, in quegli anni, abitavo nel "puciaio" (nomen omen) in Arena e mia madre Cosetta mi portava al Serchio in estate per fare il bagno, nel vero senso della parola. Si partiva con le altre donne coi bambini con tanto di saponetta e asciugavano e fra risate e schiamazzi venivamo una volta tanto lavati nel fiume invece che nella vaschetta oblunga di ferro, come al solito con l'acqua del pozzo.

4/11/2021 - 9:03

AUTORE:
Moreno Dalle Piagge

grazie chiube mau mau per il tuffo nel passato.
insisti.