Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
LA REPLICA DI UN FILM GIA’ VISTO.
Ci si può sorprendere della decisione di Cgil e Uil di proclamare uno sciopero generale di 8 ore contro la politica economica del governo? Sì e no.
Sì, perché quella decisione è del tutto sproporzionata rispetto ai motivi che vengono posti alla sua base, che riguardano tutti gli aspetti di quella politica, negandone radicalmente ogni positività. Chi dichiara uno sciopero del genere dice che nell’azione del governo non c’è niente da salvare, chiede che cambi radicalmente oppure cada e se ne faccia un altro, più favorevole alle ragioni di chi ha dichiarato lo sciopero. Gli obbiettivi dichiarati dello sciopero sono talmente avulsi dalla valutazione del contesto economico generale del Paese e dai suoi interessi, che chi lo ha indetto deve ricorrere ad una comunicazione generica sulla politica antipopolare e contraria agli interessi dei cittadini a reddito basso, dei giovani e delle donne.
I ricchi sarebbero favoriti dal governo e i poveri sono chiamati a difendersi e contrattaccare. Questa, al di là di tecnicismi astrusi, è la sostanza del messaggio di Cgil e Uil.
In realtà le cose stanno in modo diverso. Non c’è nessun maggior favore del governo ai “ricchi”. Anzi, mettendo insieme alla riforma fiscale una quantità di altri provvedimenti, come l’assegno unico universale, l’intervento contro il caro energia e non solo, si vedrà che sono molti di più i miliardi che andranno a beneficio dei redditi più bassi, sia in numeri assoluti che relativi, che non altrove.Tanto è vero che la Cisl, i cui iscritti non sono certamente da considerarsi ricchi, non ha aderito allo sciopero non riconoscendo, dati alla mano, la validità delle sue motivazioni.
Non c’è dubbio che i cambiamenti proposti unanimemente dalle forze di governo siano un passo avanti verso il superamento delle disuguaglianze, non il contrario. Per questo sorprende che la risposta sia lo sciopero generale, una forma di lotta che, oltre ad essere sproporzionata, rende evidente la lontananza delle due sigle sindacali dalla comprensione di quali siano le politiche economiche che favoriscano l’occupazione e la crescita dei redditi da lavoro.
Alcuni osservatori sostengono che la contrapposizione sia stata programmata a tavolino da Cgil e Uil per recuperare un ruolo nella dinamica sociale e politica che l’attuale, forte avvio di ripresa ha messo in ombra.
Il mondo del lavoro, non meno di quelli dell’impresa, della scuola, della sanità, della giustizia, deve cambiare, ma le autoriforme non funzionano per nessuno. La chimera dell’autoriforma nasconde solo la conservazione di poteri autoreferenziali, che si consolidano in grumi corporativi, ancora più inopportuni se presentati in nome della difesa dei poveri.
Perché, allora, alla domanda iniziale se ci sia da sorprendersi per la decisione di Cgil e Uil si può rispondere anche di no?
Perché la storia di questo Paese ci ricorda che tutte le volte che si è aperta la possibilità di un cambiamento positivo si è coagulato un fronte oppositivo che l’ha combattuta e soffocata sul nascere, prima che producesse i suoi risultati in grado di mettere fuori gioco i vecchi poteri comunque collocati nella geografia politica. Questo, non altro, è il vero consociativismo sostanziale, strutturato oltre ogni concetto di destra o sinistra, di conservatorismo o progressismo.
Al dunque anche i più lontani opposti politici si coalizzano contro un cambiamento che non rispetti la loro inamovibilità. Protagonisti di sempre, che possono scambiarsi i ruoli, come in un Vaudeville, ma sono solidali tra loro perché nessuno di essi sia costretto ad abbandonare la scena.
Draghi, come a suo tempo Renzi, è un pericolo per loro, al di là degli apprezzamenti verbali. Sta avendo troppo successo e con lui una Italia diversa può diventare troppo forte, anche in Europa. E loro non sono all’altezza del confronto.
Cosa c’è di meglio che farlo apparire nemico dei lavoratori e dei “poveri”, seminando umori malsani e lasciando che i presunti colpiti finiscano il lavoro opaco che li continuerà a tenere assoggettati?