Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
LE DIFFERENZE
Ho ascoltato Enrico Letta all’assemblea dei grandi elettori del PD e non mi sento rassicurato sull’elezione del PdR. E’ vero che siamo ancora in una fase tattica, dove bisogna avere cautela e nessuno scopre le sue carte aspettando che qualcun altro faccia un passo, magari falso.
Ma il problema da risolvere, se si vuole svolgere un ruolo da grande forza politica, non è solo quello di tenere l’ordine nel proprio campo, ma anche quello di condizionare le mosse del campo avverso.
E su questo secondo aspetto l’approccio scelto da Letta mi sembra sbagliato.
Sul fatto che il profilo del nuovo Presidente debba essere “alto e unitario” siamo d’accordo. Così come siamo d’accordo che quello di Berlusconi non risponda a questi requisiti. Ieri Renzi, ai suoi grandi elettori, l’ha detto chiaramente, aggiungendo che la candidatura dell’ex Cav. ingessa lo stesso centrodestra trascinandolo, se insistesse, in un vicolo cieco lungo sette anni.
La differenza tra i due sta nel percorso politico che hanno in testa e nelle parole che usano per esprimere il modo di gestire l’elezione presidenziale.
Renzi parte dalla constatazione che, per la prima volta nella storia repubblicana, il centrodestra ha più voti del centrosinistra. Difficile negarlo e non partire da qui. Anche perché, quando aveva più voti il centrosinistra, è da questa constatazione che si partiva. E si vinceva.
Per questo motivo Renzi riconosce al centrodestra la prerogativa di proporre per primo, ma aggiunge un invito pressante ad indicare il nome di una personalità che rappresenti l’unità nazionale, la collocazione europeista ed atlantista dell’Italia, che sia in grado di essere riconosciuta e votata unitariamente, oltre il 51%.
Per questo ci vuole un arbitro indipendente, che certamente non può essere un capo partito la cui storia politica è fortemente legata agli interessi della sua parte. Questo, implicitamente, vale per tutti i leader di partito, non solo per uno.
Così si motiva politicamente il rifiuto di una candidatura, senza esibizionismo muscolare, inesistente, e senza umiliare nessuno.
Letta, viceversa, si esprime negando che il centrodestra abbia un diritto di prelazione, cosa vera ma espressa in modo assai grossolano, aggiungendo che Berlusconi è invotabile. E tutto il dibattito nel PD si riduce a questo, in attesa che maturino le condizioni per fare lui una proposta. Un po' poco come prospettiva credibile di successo e quel poco è anche tatticamente sbagliato.
Non è un problema di forme verbali e men che meno di galateo, ma di sostanza politica.
Una linea come questa invece che fare sponda ai malumori e alla ragionevolezza, che ci sono in casa centrodestra, consolida quel fronte e aspetta passivamente che si sfarini entro le prime tre votazioni.
Ma, ammesso che questo accada, dopo rimarrà un clima di veti incrociati e di muro contro muro, nel quale sarà difficile che passi una proposta del centrosinistra che sia in grado di strappare voti al centrodestra, perché di questo c’è bisogno stanti i numeri.
Puerile, poi, pensare a un patto di fine legislatura in un clima di scontro.
Renzi punta su un condizionamento del centrodestra perché proponga un nome di garanzia per tutti. Letta non riesce a capire che deve giocare una partita nella quale non è il centrosinistra a dare le carte.
Più che uno che vuole pesare nella scelta Letta sembra uno che si prepara a perdere “con onore”, per la serie “le abbiamo prese, ma quante gliene abbiamo dette”. E’ già successo.
Su quella linea, che spero cambi quando si giocherà la partita vera, si prende il consenso degli aficionados, si rigenera l’orgoglio di partito e si perde mostrando con fierezza le ferite. Sembra il destino di questo PD.
Che sette anni fa aveva meno voti dell’attuale centrodestra, ma aveva un grande regista che riuscì nell’impresa pensando all’interesse del Paese e non ad altro. Tagliò la strada ai candidati di Berlusconi e lo pagò duramente, ma diede all'Italia un Presidente straordinario.