Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Nonostante la mia (lontana) infanzia in un contesto familiare e paesano di povertà e privazioni, sono cresciuto senza nessuna invidia per chi potesse stare meglio di me, anzi di noi, perché eravamo tutti uniti nei sentimenti di amore e comprensione, al punto tale che si sentiva in disagio il “ricco” sentendosi lui diverso dal gruppo e cercava aggregazione, lui, scambiando il suo bel panino fresco farcito di prosciutto con due fette dure di pane unte con olio e sale o con vino e zucchero.
Nessuno invidiava nessuno, nessuno colpevolizzava la famiglia se il giocattolo non arrivava, nessuno era superbioso o prepotente.
L’invidia, (non importa che sia essa uno dei sette vizi capitali) l’esatto contrario di carità (chiamata cristiana, ma invece o meglio universale),
non mi tocca, neanche per l’amica Paola che ha scattato questa “superba” fotografia nel mitico Pantanal.
Per Paola no, ma per la “superba” lontra che si mangia una “superba” anquillona, quello sì!