Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
TANA PER CALENDA DIETRO A NIENTE
Se Calenda ambisse davvero a costruire il polo riformista che, a tratti, immagina, la smetterebbe di criticare Renzi per avere favorito la nascita del Conte 2.
“Noi di Azione”, dice, “fummo all’opposizione di quel governo e questo ci costò molto. Ora è inutile", prosegue Calenda, "che Renzi critichi le misure sbagliate imposte dal M5S, come il bonus 110% che ha favorito 4 miliardi di truffe, perché lui stava in quel governo, noi no”.
Una affermazione del genere può farla solo un dilettante della politica.Infatti Calenda sta a Renzi come un attore dopolavorista sta a un premio oscar. Girandola di battute facili, cibo da asporto, ma assenza totale di una prospettiva politica autonoma che non sia il vaticinio, megalomane, di “diventare il più grande partito italiano” presumibilmente nel giro di un anno. Oppure, più realisticamente, andare alle elezioni col PD e quello che resterà del M5S, col compito gregario di coprire l’area dei contrari ai grillini, ma iperrealisti.Ripercorriamo i fatti che portarono al Conte 2 e che Calenda non ha capito. Vale la pena spenderci tre minuti.
All’indomani del risultato disastroso delle “politiche” del 2018, il rischio era che i due vincitori delle elezioni, il M5S, partito di maggioranza relativa, e il centrodestra, prima coalizione, andando uno al governo e l’altro all’opposizione, creassero un nuovo bipolarismo perverso tra due versioni simili del populismo sovranista e antieuropeo. Se i due fossero divenuti padroni sia del governo che dell’opposizione il Paese sarebbe stato condannato a scegliere, alle politiche successive, tra la padella e la brace, con l’annichilimento del PD.
Nel PD c’era chi era disponibile a fare un governo col M5S, noncurante sia del rischio di fare da stampella ai trionfatori grillini, sia di doversi misurare con una opposizione compatta e galvanizzata dal successo elettorale che avrebbe ritenuto le fosse stato scippato.
Renzi intervenne facendo saltare l’accordo tra M5S e PD conseguendo due obbiettivi politici. Il primo fu quello di tirare fuori il PD dal vicolo cieco nel quale si era cacciato, che avrebbe sancito la sua subalternità ad un Movimento addirittura peggiore di quanto non sia oggi. Il secondo, più importante, fu impedire che si strutturasse quel bipolarismo perverso.
La tattica renziana per sconfiggere i due populismi era mostrare la loro matrice comune, ma batterli separatamente. Un rischio calcolato nella convinzione dell’incapacità del Conte 1 di saper governare. Intanto aveva rotto l’unità del centrodestra e si trattava di cogliere l’occasione, certa, di un errore di Salvini, il più “fragile” politicamente e numericamente, per farlo cadere. Come è stato nell’agosto del 2019. La seconda mossa di Renzi, che Calenda non ha capito, nonostante gli sia stata spiegata più volte.Costo, temporaneo, dell’operazione una, dolorosissima per lo stesso Renzi, coalizione tra PD e M5S il quale, dopo un anno di governo fallimentare per i grillini, aveva ridimensionato le sue pretese egemoniche come prezzo per rimanere al governo. Un passaggio strettissimo, ma obbligato per evitare le elezioni politiche anticipate che avrebbero visto ancora solo due protagonisti, M5S e Lega. E Calenda voleva le elezioni.Il PD zingarettiano si era già acconciato a questa soluzione, con la prospettiva di stare cinque anni all’opposizione in cambio di una composizione anti renziana dei suoi gruppi parlamentari. Non proprio il massimo per un partito nato per riformare l’Italia.La nascita del Conte 2 doveva presupporre, secondo Renzi, un rapporto risoluto del PD nei confronti del M5S.
Purtroppo l’apertura al M5S fu gestita in modo arrendevole dal gruppo dirigente del PD, che aveva già emarginato Renzi ed era indispettito per le mosse del “senatore semplice”.
Segue lo sbraco dell’ala filogrillina del PD e l’ostracismo verso Renzi, al quale viene perfino impedito di parlare in Assemblea Nazionale e la conseguente inevitabile nascita di Italia Viva. Il partito nuovo resta nella maggioranza di governo per completare il percorso di sconfitta del populismo grillino e leghista. Una presenza critica, sempre motivata su fatti e cose concrete, come la pessima gestione della partita europea sul PNRR. Anche in questo caso si trattava di aspettare il prevedibile ed inevitabile errore di Conte. E sappiamo come è andata con la sua sostituzione a Chigi da parte di Draghi. E Calenda al governo col M5S. In soldoni l’Italia è stata rimessa sui binari giusti, dopo il deragliamento del 2018, con tre mosse di Renzi in tre anni, dei quali uno pandemico.
Troppi per Calenda?
Il quale, nel frattempo, inaugurava per primo la tattica Meloni, stare all’opposizione con la comodità di essere numericamente ininfluente. Non sporcarsi le mani facendo niente per battere i due populismi oggi entrambi in frantumi non certo per lui.
Qualcuno sostiene, con qualche motivo di credibilità, su mandato del PD all’esclusivo scopo di contrastare Renzi tentando di occupare l’area riformista, liberale progressista, per fare, in seguito, il suo alleato più malleabile.