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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
LA LIBERTÀ FA PAURA
il motivo vero della guerra è solo questo...poi ci sono la propaganda, le chiacchere da bar

26/2/2022 - 8:46

il motivo vero della guerra è solo questo...poi ci sono la propaganda, le chiacchere da bar

LA LIBERTÀ FA PAURA


Corriere della Sera26 Feb 2022
Come mai l’effettiva e ormai antica partecipazione alla Nato dei Paesi baltici, della Estonia, della Lituania e della Lettonia, tutti Paesi confinanti con la Russia e con contingenti di truppe Nato presenti da tempo nel loro territorio, non ha mai suscitato l’ira funesta dell’Imperatore del Nord e la sua minaccia alla loro indipendenza?


Come mai la suscettibilità nazionale del despota moscovita non ha mai mostrato eccessiva preoccupazione per il fatto che la Polonia — membro anch’essa della Nato e confinante anch’essa con la russa Kaliningrad — potrebbe, se volesse, sbriciolare in poche ore con un opportuno lancio di semplici missili da crociera la base della flotta russa del Baltico? E come mai invece la semplice, del tutto remota, ipotetica, eventualità che l’Ucraina aderisse alla medesima Nato lo ha spinto addirittura a replicare contro Kiev un Blitzkrieg di schietto stampo hitleriano?


C’è una sola risposta possibile a queste domande, ed è che nell’azione militare di Putin l’ipotetica adesione di Kiev alla Nato non c’entra nulla, al contrario di quanto cercano di far credere i filoputiniani di casa nostra per i quali in un modo o nell’altro la colpa di qualunque cosa di brutto succede nel mondo è sempre degli Stati Uniti e dei loro alleati, cioè dell’Occidente.


In realtà l’Ucraina andava rimessa in riga e sottoposta al trattamento Ungheria ’56 e Praga ’68 perché agli occhi di Putin rappresentava sì un pericolo, ma non un pericolo militare in quanto presunto avamposto del «nemico secolare», bensì il pericolo di un contagio. Del contagio della libertà.


Nel trentennio della sua indipendenza l’Ucraina si é mostrata innanzi tutto capace, a differenza della Russia, di fare i conti con la realtà del passato. Un passato — bisogna ricordarlo — che per lei ha principalmente voluto dire negli anni Trenta una feroce collettivizzazione della terra e il conseguente massacro premeditato di due-tre milioni di persone per decisione presa a Mosca dal potere sovietico. Non basta. La società ucraina, priva dell’ombroso sospetto verso l’Occidente che ha sempre dominato il sentire comune dei russi, è stata anzi aperta alle sue molteplici influenze attraverso la Polonia a nord e a sud attraverso la grande metropoli marittima di Odessa e la sua vivacissima vita intellettuale: influenze tradizionalmente percorse e innervate, in entrambi i casi, dal multiforme fermento di una vasta presenza ebraica. Ad rendere ancora più vario e mobile un tale panorama, ben diverso da quello della Russia profonda, una tradizione religiosa frastagliata che accanto al Cristianesimo ortodosso ha visto da sempre il cattolicesimo uniate, forte di alcuni milioni di fedeli e più recentemente un milione circa di protestanti.


È questo sfondo storico, questa vitalità sociale, che spiegano la capacità dell’Ucraina di uscire in modo relativamente positivo dalla cappa di piombo dell’economia statalista del periodo sovietico. Di avviare quindi uno sviluppo, che aiutato non da ultimo da un poderoso flusso di rimesse dei suoi numerosi emigranti, le ha consentito pur tra gli alti e bassi del ciclo mondiale di conseguire traguardi di crescita anche industriale non indifferenti, ad esempio nel settore aerospaziale. Ma non solo: è lo sfondo storico di cui ho detto che le ha consentito soprattutto di riuscire a stabilire un regime passabilmente democratico dopo essersi liberata dei tentativi di Mosca di imporre a Kiev il suo protettorato.


L’Ucraina insomma è un grande Paese, un cuore del mondo slavo, anzi in certo senso una sua matrice prima(si ricordi che fu a Kiev che per la prima volta il Cristianesimo giunse in Russia), cha attraverso mille difficoltà ha dimostrato però di saper gettarsi alle spalle il passato comunista e di voler intraprendere un cammino che la porti a ricongiungersi con l’Europa democratica. È precisamente questo che a Putin e all’oligarchia postsovietica appare intollerabile, da cancellare in ogni modo. È l’esempio infatti di una parte del mondo che per tanto tempo è stato russo, che ha avuto un ruolo essenziale nella cultura russa, ha fatto parte della statualità russa sfociata nel comunismo, ma che tuttavia ha rifiutato il vincolo e il lascito di quel passato. Ha rifiutato i sogni legati a quel passato che invece ancora ossessionano la mente del padrone del Cremlino. Ha rifiutato di sottostare al fascino delle pagine di grandezza che pure vi sono iscritte(ad esempio le pagine della «grande guerra patriottica»), del loro ricordo, se il prezzo doveva essere quello di restare una società economicamente arretrata governata da un despota e da una cerchia di lestofanti suoi amici.


La storia della Nato è un puro pretesto. L’Ucraina attuale va spenta perché dà il cattivo esempio, perché Putin deve dimostrare alla sua opinione pubblica che l’unico destino possibile per la Russia è quello che lui incarna. Che dopo il comunismo la storia della Russia non prevede che possa esserci la libertà.





Fonte: Massimo Viegi
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