Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Al tempo del devastante e terribile terremoto de L’Aquila ci furono squallidi personaggi che se la ridevano della catastrofe e delle tante vittime perché per loro significava fare affari d’oro, visto che dopo recuperate le vittime e tolte le macerie c’era comunque da ricostruire. Erano infatti costruttori, avevano imprese edili che da quella tragedia avrebbero trovato molto lavoro e tanti soldi.
Che nel mondo ci sia una diseguaglianza evidente fra ricchi e poveri non è una novità ma questi due ultimi avvenimenti, arrivati quasi in contemporanea, non faranno che aggravare questo divario.
La pandemia prima ed ora anche questa guerra annunciata e forse sottovalutata dalle potenze occidentali, o almeno un occidente non completamente e sufficientemente mobilitato per cercare di evitarla, non farà (e ha già fatto) incrementare questo squilibrio.
Non sappiamo quanto durerà la guerra ma sappiamo senza dubbio come andrà a finire: alla fine una pace disonorevole per l’Ucraina con molte vittime civili e un paese distrutto e la condanna morale politica e umana di un dittatore che crede che si possa risolvere tutto con la forza delle armi.
I costi dell’energia e delle materie prime già aumentati con la pandemia non potranno che subire un ulteriore aumento, la cui entità non possiamo sapere. Questo dipenderà anche dalla durata della guerra e di conseguenza delle sanzioni che potrebbero anche essere ulteriormente appesantite, anche con il rischio concreto di ritorsione. Ne uscirà un mondo più diviso e più impoverito e di questo ne subiranno le conseguenze particolarmente le classi più deboli, le meno abbienti già provate e in grande difficoltà durante i due anni della pandemia, con particolare riguardo a donne giovani e stranieri. Per le donne in particolare questo anno si contano 13 milioni di lavoratrici in meno rispetto al 2019!
Come è concepibile per chi guida le redini del mondo rimanere impassibile di fronte alle cifre fornite dal rapporto Oxfam 2022 quando si legge che ogni 4 secondi 1 persona nel mondo muore di povertà, ossia per mancanza di accesso alle cure, per gli effetti della crisi climatica, per fame o per violenza in genere. Questo mentre durante la crisi pandemica i 10 uomini più ricchi del mondo hanno addirittura raddoppiato i loro patrimoni al ritmo di 1,3 miliardi di dollari al giorno, 15.000 dollari al secondo!!
Riconosco che le idee, l’ingegno e l’impegno debbano essere riconosciuti anche dal punto di vita del profitto e non dico che il ricco debba avere qualcosa di cui vergognarsi, se questa ricchezza è ottenuta con metodi leciti, ma se a tutto ci deve essere un limite in questo caso lo vedo ampiamente superato. Troppa la differenza fra chi è troppo ricco e chi invece è troppo povero, indipendentemente dal comportamento personale, dall’ingegno e dall’impegno che ognuno può mettere in campo.
Quest’anno è stato calcolato che con i soldi guadagnati da Jeff Bezos, proprietario di Amazon durante la pandemia (58 anni, nato ad Albuquerque Nuovo Messico, patrimonio stimato nel 2022 ben 171,4 miliardi di dollari), si poteva finanziare l’acquisto del vaccino anti COVID per tutta la popolazione mondiale.
E questo enorme divario se colpisce forte la popolazione più debole nuoce anche ai più ricchi. Per prima cosa tanti soldi in così poche mani diminuiscono le possibilità di consumo di beni (lascio ad altri il giudizio se quello del consumo sia un danno o un’opportunità di crescita), ma in un mondo dove siamo sempre più interdipendenti può anche essere un boomerang. Il rapporto Oxfam dice che lo scorso anno nella città di San Paolo (Brasile 12, 3 milioni di abitanti) esisteva una differenza di aspettativa di vita dei cittadini fra il centro e la periferia di circa 25 anni. Questo enorme divario di condizione sociale crea malessere e violenza che può mettere a rischio anche la vita dei più ricchi.
E in Italia le cose non vanno meglio, dove il 5% più ricco degli italiani possiede una ricchezza superiore all’80% di quella dei più poveri, dove in un anno i patrimoni dei super ricchi sono cresciuti del 56%.
Ogni tentativo di riequilibrare in parte questo importante divario o almeno di cercare un minimo di solidarietà sociale attraverso qualche forma di contributo per i patrimoni più elevati non è riuscito a superare lo scoglio della volontà parlamentare: costante segno di distanza dalla politica alla vita vera, quella delle famiglie.
Comunque basta nascere in un paese terzo, basta nascere in un paese che non garantisce istruzione e scalata sociale, dove non è garantita assistenza sanitaria, dove il welfare non esiste: in questo paese non c’è possibilità non solo di ricchezza ma è messa a rischio anche la stessa sopravvivenza.
Anche in un paese dove questi principi sia pur faticosamente vengono rispettati, ma dove le industrie per la sola logica del profitto tendono in gran parte a delocalizzare, a portare la produzione in altri paesi dove il costo del lavoro è minore, dove gli oneri fiscali più favorevoli, dove i lavoratori sono meno protetti, in paesi che non rispettano gli standard europei di rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, anche in questi paesi si può far fatica a sopravvivere con dignità e si allargano le fasce di povertà.
Il nostro paese ha risentito in modo particolare della pandemia e lo farà anche a causa di questa assurda guerra. Un paese povero di risorse energetiche proprie in funzione del fabbisogno produttivo (anche per scelte che andrebbero riconsiderate), ma anche per una condizione sociale non favorevole per diversi motivi: la mancanza di salario minimo garantito, l’enorme quantità e qualità di contratti atipici che sembrano diventati la regola, un paese dove masse di lavoratori sono mal pagati e mal protetti, dove la maggior parte sono lavori precari e con salari che speso tolgono la dignità per chi lavora.
E’ passato da poco l’8 marzo e il pensiero torna alle donne, sono quelle che hanno pagato il prezzo maggiore di questa pandemia con una riduzione del tasso di occupazione e di retribuzione, le stesse donne che hanno dovuto spesso conciliare con la vita lavorativa carichi di cura già importanti primo del Covid e che con la pandemia si sono moltiplicati.