Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Quando decidemmo di aprire questa sezione, in concomitanza alla giornata dedicata alla poesia, ricevemmo una mail di una lettrice, Eleonora Erta, che prometteva di farci conoscere alcune poesie di una sua amica. Eleonora è stata di parola e questo è il meraviglioso risultato. Dopo i ricordi di mestieri e usanze, sempre accattivanti ma legati solo alla memoria, ecco le Poesie, quei sentimenti nascosti nell’intimo che è opera ardua, a volte, farli uscire, ma che colpiscono come il breve riassunto di un fatto non potrà mai uguagliare.
Nota Biografica, a cura di Eleonora Erta.
Silvana Giorlando, nata ad Alcamo nel 1948, si è laureata in Lettere Moderne a Palermo nel 1970. Ora in pensione, ha insegnato alla scuola media “Giovanni Verga” a Dormelletto, dove si è particolarmente impegnata nella promozione delle attività di lettura degli alunni.
Ha partecipato alla I edizione del Premio “Giuseppe Tirinnanzi”, classificandosi al II posto e al Premio di Poesia “Il Grillo”, classificandosi al II posto.
Le sue poesie sono state inserite nel volume “Regioni d’Italia” di Carlo Capodieci.
Canto d’amore degli indigeni della Selva dei Lagoni
S’è levata la luna,
mio amato, sul cespo primaverile
delle ninfee, ma da quando la pagaia
affonda con tonfi sordi e indifferenti
nel liquido verde del lagone,
i miei pensieri come folaghe impaurite
più non posano e tra tife, scirpi e canne
radente è l’attesa.
Vent’anni dopo
Il cancello di ferro consumato
l’aprono poche ore solo al mattino
e inghiotte nere donne e figli
intabarrati.
Verrò una mattina di settembre ventilata
senza orpelli di fiori e di lumini
come per una tranquilla passeggiata.
Troverò il posto, chissà se mai restaurato,
senza il custode inutile o la chiave
e tu sarai già fuori sui gradini.
Mi dirai degli ultimi vent’anni,
se è quiete o vagare con ricordi.
Ti dirò ch’esser madre è meraviglia,
com’esser donna e figlia e parlarti,
padre, senza le pastoie di pudori vecchi
o dell’età.
Ti conterò nel poco tempo che c’è dato
anche il romanzo che non hai mai finito,
mentre insieme svolteremo verso il mare
senza darlo a vedere ai cari estinti.
O capitano, o mio capitano
Dammi la lanterna,
che io la porti innanzi un poco,
perché sei stanco e pensi
che non sia da queste parti
eremo silenzioso
abbastanza per riposare.
Sopra questa grande terra
sconsolata a vedersi,
ma chiara e bruna nell’assolo
di questa notte universale,
incerto pare il sentiero
che s’inerpica sui profili netti
delle tue montagne.
Ma siedi un poco sul sasso
che la mano ugualmente distingue,
vicino alla sorgente profonda
che ti sgorga accanto.
Guarda la lanterna tremula
che s’allontana, s’avvicina
con la sua trasparenza leggera
di carta orientale.
Non è più una, ma due
e poi altre sparute, scendono,
salgono, ridiscendono
sui sentieri sicuri della notte
e ad un filo di vento ondeggiano,
come noctiluche lievi
nel cobalto sconfinato.