Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ci sono due modi per farsi una propria opinione. Il primo, quello più facile, è adagiarsi sulle opinioni di chi ne sa più di noi, siano essi esperti del campo di cui vogliamo occuparci o politici che, come sappiamo, si occupano e sanno sempre di tutto. E fidarci di quello che ci viene detto facendolo diventare, con un’opera non troppo saggia, a mio giudizio, anche la nostra opinione. Oppure in maniera più laboriosa si può ascoltare, leggere, cercare di interpretare segnali, avvenimenti, frasi dette e non dette, per farsi una opinione propria, personale. Sbagliata anche ma, essendo questa propria e non nascondendo nessun secondo fine, come tutte le opinioni, rispettabile.
Ecco, dopo questa premessa sulla possibilità di poter esprimere sempre una propria opinione vivendo fortunatamente in uno Stato democratico, vorrei dire che ci sono alcune parole pronunciate dai principali attori di questa situazione di guerra che mi fanno preoccupare. Non so e non credo di essere l’unico ad essere seriamente preoccupato di un progressivo imbarbarimento di questa guerra che non sappiamo fino a che punto si possa spingere. E non perché, come dice qualcuno, gli italiani cominciano ad essere stanchi di sentirne parlare e/o delle immagini dei morti, e nemmeno perché condiziona il fine settimana e l’idea delle vacanze estive e che spinge le statistiche dalla parte dell’opposizione all’invio delle armi. C’è anche quella, una posizione veramente vergognosa da condannare senza appello, ma le statistiche indicano proprio il popolo italiano quello più preoccupato del trascinamento della guerra rispetto agli altri paesi europei.
Alcune parole mi fanno preoccupare perché pur essendo sensate, ed anche fondamentalmente giuste da una parte dei due contendenti, sembrano proprio andare contro la possibilità di una soluzione rapida del cessate il fuoco e di conseguenza sulla possibilità della nascita di colloqui di pace.
La prima parola che mi preoccupa è integrità territoriale. Questa mi spaventa perché anche se rappresenta un desiderio legittimo di un paese occupato, implicitamente sottintende un ritiro della Russia dai terreni occupati e magari anche la riannessione all’Ucraina della Crimea. Ritengo infatti impossibile o almeno altamente improbabile una cosa del genere a meno di un cambiamento radicale di scenario politico in Russia (da valutare le voci che si rincorrono sulle reali condizioni di salute di Putin e su qualche divergenza nei suoi collaboratori) ed è per questo che mi lascia perplesso. Non credo che la Russia possa perdere la guerra, come non credo che lo stesso possa avvenire per l’Ucraina. Nessuno dei due risulterà sconfitto, o meglio lo saranno entrambi quando si gireranno e vedranno dietro di loro le migliaia di morti che questa guerra ha provocato. Non c’è dubbio chi sia il maggior responsabile, c’è un invaso e c’è un invasore, ma una parte di colpa è anche di altri attori come la Nato e la stessa UE che per anni ha fatto finta di non vedere cosa stava succedendo in quella regione. Regione con due etnie di cui la russofona di Mariupol si è vista scendere in piazza il 9 maggio a festeggiare la vittoria della vecchia Unione Sovietica sul nazifascismo. Un corteo di alcune centinaia di persone con una grande bandiera in una strada alberata, immagine ben diversa della città di Mariupol da tutte quelle proposte giornalmente di distruzione e di morte. Due milioni e mezzo di abitanti con lingua diversa, usi e costumi diversi, tradizioni diverse e soprattutto la volontà di non dover per forza diventare ucraini. Una volontà già manifestata in occasione del tour elettorale di Zelesky, non ancora presidente, in quelle regioni dove era stato osteggiato, sbeffeggiato ed invitato ad andarsene per il fatto di non essere gradito.
Da notare infine il cambio repentino di dichiarazione dello stesso Zelensky dalla possibilità di cedere sulla Crimea di qualche giorno fa al ritorno dell’integrità territoriale di qualche giorno dopo, guarda caso dopo l’incontro con il segretario della Nato Stoltenberg. Un caso? Brutto, comunque, come se a decidere le mosse non ci fosse una vera autonomia e una personale strategia ucraina ma una manina diversa. Perché è abbastanza scontato che se nessuno dei due contendenti in armi (e gli USA un po’ defilati ma non troppo) rimangono sulle proprie rigide posizioni, quello che rimane da fare sul campo è solo la guerra.
Putin paragonato a Hitler che si vuole impossessare di tutta l’Europa. Anche questo non aiuta, serve solo a demonizzare l’avversario e ad allontanare la possibilità di un colloquio di pace. Fa esattamente il pari con gli stessi atteggiamenti da parte russa che si definiscono aggrediti dalla Nato definito come il male assoluto. Lo ha fatto recentemente Zelensky e si somma con la serie di definizioni oltraggiose pronunciate dal presidente americano in più occasioni nei confronti del dittatore russo. Una durezza da entrambe le parti che non facilita certo un colloquio di pace. Anche l’impossessarsi di tutta l’Europa da parte della Russia non appare troppo convincente viste le difficoltà che incontra il suo esercito in Ucraina. Nel caso dovrebbe ricorrere al nucleare, con le conseguenze che ognuno può immaginare.
Putin è probabile, come dicono in molti, che volesse tutta l’Ucraina per installarvi un governo filo-russo e infatti il primo attacco è stato su Kiev. Poi un po’ per la scarsità del suo esercito di terra e molto per la forte resistenza ucraina sembra avere dirottato le sue mire solo sulla parte est della regione. Sul suo discorso del 9 maggio riguardo ad una azione militare preventiva per evirare un’invasione Nato la mia opinione che non potesse fare altro per giustificare, al suo paese e alle sue mamme, il sacrificio di qualche decina di migliaia di giovani soldati russi.
Certo non credo che Putin potrà mai accettare di ritirarsi dai territori conquistati, e nemmeno che l’esercito ucraino possa essere in grado di liberarli, per cui la cosa più saggia sarebbe la ricerca di un cessate il fuoco a cui dovranno seguire delle trattative di pace studiando soluzioni di compromesso che cerchino di rispettare le aspettative e le richieste delle varie etnie. Nella prospettiva di una convivenza comunque sempre difficile e di cui abbiamo molti esempi negativi come nella spartizione a tavolino della vecchia Jugoslavia. Certo è che, per arrivare ad una intesa, ognuno dei due contendenti dovrà cedere su qualcosa, ma al momento nessuno dei due lancia spiragli in questo senso e quello che continua a dominare su tutto rimane la guerra.
Un’ultima cosa sulla resistenza. Ecco, non chiamatemi subito filo-putiniano, non lo sono e giudico la situazione quanto voi che non lo siete senza fare confronti dubbi. Tuttavia paragonare la resistenza ucraina è a quella italica lo ritengo un falso storico. I nostri partigiani affrontavano i tedeschi con quello che avevano, doppiette da caccia, vecchi fucili della prima guerra mondiale, attrezzi da lavoro quando non avevano di meglio e con le armi che riuscivano ad avere dagli alleati. Un manipolo di persone male armate che potevano solo creare qualche diversivo, infliggere qualche perdita in uomini e mezzi contribuendo in qualche modo allo sforzo bellico degli Alleati ma non certo affrontare di petto un vero esercito. Quella che chiamiamo resistenza ucraina è invece rappresentata da un esercito di 200.000 uomini ben addestrati e ben amati dagli USA che, prima della guerra, vi hanno investito due miliardi di dollari in armamenti e istruttori per saperli usare. Rappresentavano una minaccia per Putin? Non lo so e non credo ma quello ucraino non era certo l’esercito quasi inesistente della Moldavia.
Ultimamene noto con piacere che oltre che di armi si comincia a sentire anche qualche parola che mi suscita speranza: pace, negoziato di pace. Anche qualche interessante telefonata fa ben sperare pure se al momento senza esiti tangibili. Ma parlare fa sempre bene, sparare non lo fa mai. E non dai soliti pacifisti che hanno un’idea diversa sulla faccenda ma sono poco ascoltati, ma da uomini che possono veramente fare qualcosa per spingere in una direzione diversa da quella della guerra continua, come Macron, Scholz e lo stesso Draghi che a Biden ha detto che l’UE è stanca e vorrebbe la pace.
Rispetto agli USA esistono alcuni buoni motivi per questo cambiamento di rotta riguardo all’invio di armi e alle sanzioni come una fonte di pressione. Il primo è che gli interessi economici europei non coincidono con quelli americani come oramai è pacifico a tutti, e nemmeno forse la strategia militare, il secondo è che esiste il concreto rischio di un grave problema sociale legato agli aumenti del costo dell’energia per la nostra dipendenza dalla Russia, per non parlare della sua probabile prossima carenza. Il terzo e che fra l’America e la Russia c’è un oceano mentre fra noi e la guerra troppi pochi chilometri, un’inezia missilistica.
PS. Se Putin decidesse di partire con l’atomica lo consiglierei vivamente di sganciare la prima bomba sull’Isola dei Famosi.