Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ero in attesa in macchina lungo una strada vicino all’ospedale. Aspettavo mia moglie che era andata a fare un controllo, uno di quelli che ad una certa età danno sempre un po’ di apprensione e che speri sempre vadano a finire con una stretta di mano e un consolatorio: tutto bene, ci vediamo l’anno prossimo. Una cosa da anziani, capisco bene, così lontana dai giovani per età e per idea di malattia, ed è giusto così.
Davanti a me una persona di colore che si dava da fare per indicare agli automobilisti in transito i posti liberi per parcheggiare l‘auto con la speranza di ottenere in cambio qualche spicciolo per la cortesia.
L’ho guardato a lungo, un signore non giovane, età media, vestito con una banale tuta sportiva riciclata e un cappellino variopinto in testa, probabilmente tipico della sua origine africana. Forse l’unico ricordo rimasto della sua vita altrove e conservato per quella saudade che prende sempre quando sei lontano dalla casa dove sei nato e hai vissuto.
Ecco, io invece di vederci un pericoloso criminale, uno spacciatore incallito, un competitore per un posto di lavoro per i nostri bravi giovani italiani, una persona da non incontrare di notte per strada come ci hanno indotto a pensare alcune formazioni politiche note, ci ho visto invece una persona semplice e sfortunata, un nato nero e dalla parte sbagliata del mondo.
Per i posti di lavoro portati via ai giovani italiani ho visto il report toscano che con la disoccupazione al 9% la carenza di personale stagionale si aggira, secondo gli ultimi dati, sulle diecimila unità. Forse c’entrano i due anni di chiusura forzata ma i ragazzi non sopportano più di dover lavorare il fine settimana; gli stessi studenti che un tempo si proponevano per questi lavori serali e festivi che non interferivano con gli studi si sono dileguati; mediamente le famiglie sono più ricche e il dover andare a fare piccoli lavori per rimediare qualche soldo per l’estate come facevamo noi da ragazzi pare appartenere ad un’altra epoca.
In ultimo, e non trascurabile motivo, l’impossibilità di sommare al reddito di cittadinanza gli introiti da lavoro dipendente, se pure occasionale. La scelta quindi fra un sussidio modesto ma annuale senza impegno lavorativo e uno stipendio migliore ma temporaneo legato alla stagione estiva con impegno lavorativo diventa obbligata.
Guardando il nero e avendo tempo da perdere nell’attesa mi sono domandato le cose più ovvie: come sarà stata la sua vita prima di venire in Italia, quali motivi lo avranno spinto a lasciare la sua famiglia, i suoi affetti e la sua comunità? Tutti motivi facilmente immaginabili e sempre i soliti, fame, guerra, speranza o, spesso, tutti insieme.
Poi quali sacrifici, quanti soprusi e quali pericoli avrà dovuto correre per traversare il Mediterraneo per venire da noi. Poi come potrà sopravvivere in maniera decentemente umana con i pochi euro raccattati in quella strada, dove potrà dormire, lavarsi, fare i suoi bisogni.
Un sentimento quindi in cui c’è una buona dose di empatia. Da dove mi viene? Forse perché sono sempre stato di sinistra, una posizione politica in cui i valori di accoglienza solidarietà e comprensione sono sempre stati principi di base, almeno per quanto mi riguarda. O forse per la mia educazione, l’educazione avuta da mio padre e dalla mia famiglia in generale che ringrazio. O infine anche dalla mia professione dove non puoi fare a meno di provare empatia per gli altri, per chi soffre, per chi, come questo povero uomo sfortunato, è in difficoltà e può avere bisogno di aiuto.
Io credo che bisognerebbe sempre guardare con simpatia e affetto questa gente diversa, gente che ha avuto meno possibilità di noi, gente che si arrabatta per tirare avanti impegnandosi in faccende che non si possono nemmeno definire lavori, come pulire i vetri, o portare faticosamente merci sulle spiagge assolate d’estate fra bagnanti indifferenti, stendere merci di contrabbando sulle strade pronti a fuggire alla vista della Municipale, suonare ai campanelli con il loro carico di scope e cenci che non servono a nessuno.
E sono solo una piccola parte degli sconfitti.
Perché gli sconfitti sono molti, come i cittadini e le cittadine ucraine sotto le bombe e gli abusi sempre nuovi e sempre peggiori, sconfitti sono i giovani militari russi mandati al fronte senza sapere bene il perché, doppiamente sconfitto il sergente ragazzino Vadim Shishimarin a cui è stato comminato l’ergastolo per aver sparato ad un civile che aveva in mano un telefonino con cui avrebbe potuto segnalare la loro posizione.
Si è dichiarato colpevole, non fa orrore, non suscita odio ma solo pena, colpevole solo di aver eseguito un ordine perché la guerra, tutte le guerre, sono così, orrende, disumane, orribili. Nessuna guerra fa eccezione anche se questa è la prima che vediamo veramente in diretta.
Sconfitti sono anche le migliaia di cittadini siriani ancora fermi alle reti che li dividono dall’Europa, prigionieri di Orban in un’Europa che ha dimenticato, o a cui forse non è mai veramente interessato; sconfitta è la popolazione curda oppressa da decenni da una una politica di discriminazione etnica e persecuzione nazionale con la perdita dei diritti nazionali, democratici e umani; sconfitte sono le vittime innocenti della cinquantina di guerre che al momento si combattono nel mondo nell’indifferenza generale perché troppo lontane da noi e dai nostri interessi.
E sconfitti sono soprattutto i 2 milioni di bambini che muoiono ogni anno per malnutrizione in un mondo che conta oltre 2 miliardi di persone in sovrappeso, un mondo diviso a metà fra una grande abbondanza ed un grande spreco di cibo da una parte e la cronica carenza alimentare dall’altra. E le prime e maggiori vittime sono proprio quelle più fragili e innocenti.
Per questo problema della fame nel mondo servirebbero due cose: una maggior attenzione e volontà da parte dei paesi più sviluppati e soprattutto tanti soldi, troppi visto che per sconfiggere definitivamente la fame nel mondo nel 2030 è stato calcolato servirebbero 300 miliardi di dollari. Troppi, davvero ma si potrebbe cominciare dalle spese militari, anche se sembra che per questo si sia imboccata la strada opposta.
La spesa militare americana nel 2020, al primo posto nella speciale classifica di chi spende di più in armi, è stata calcolata in 780 miliardi di dollari. Molto ma la tecnologia è sempre più costosa, basti pensare che lo Stealth, il famoso aereo invisibile ai radar americano, costa la bellezza di 2 miliardi di dollari. Cadauno, naturalmente, e gli USA e ne hanno 21. Ci si rientrerebbe facilmente ci fosse la volontà di pensare meno alle guerre e più ai tanti sconfitti del nostro pianeta.
A proposito, visto che siamo in tema, la Russia si piazza al quarto posto con 61,7 miliardi, l’Italia, al momento viste le intenzioni del Governo, è in 11° posizione con 28,9 miliardi.
Poi finalmente mia moglie è tornata, sorridendo.
Arrivederci all’anno prossimo!!