Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
LE ZEPPE
A Bocca di Serchio si ritrovavano ogni estate le famiglie dei paesani che il fiume incontrava negli ultimi chilometri, tutti su una spiaggia che fermava il corso del Serchio nell'ultima sua curva a destra, in un mescolio di acqua dolce e salata che le maree univano più volte al giorno.
Le nostre mamme, forse prevedendo che sulle future spiagge ci sarebbero state le docce per dissalare la pelle, ad una certa ora della mattinata, poco prima di mangiare, ci chiamavano a gran voce, tutte insieme, perché smettessimo il bagno in mare per andare a sciacquarsi in Serchio.
La lingua di spiaggia dove passavamo le nostre vacanze in capanne fatte di cannella, una per ogni famiglia, era larga una cinquantina di metri, a volte più a volte meno, secondo le marreggiate primaverili che avevano modificato il litorale, e bastava così fare una corsettina per andare dal salato al dolce.
Al chiamare delle mamme (bastava che cominciasse una ed era uno schiocchìo di nomi che anche se non c'era il tuo era lo stesso tanto prima o poi ci sarebbe stato) uno stuolo di bambini si spostava dal mare al Serchio urlando e correndo.
Da quelle cariche e quelle rincorse, un po' perché la sabbia bruciava, un po' per arrivare primi, nacquero i primi tuffi, le "zeppe". La voglia poi di perfezionarli portò alla costruzione degli "zeppaini" e ognuno si improvvisò carpentiere per la costruzione di quelle rampe di lancio.
Esauriti e distrutti i rialzi naturali della riva, per poterci garantire un bello slancio cominciammo a edificare dei poggi artificiali con strati alternati di erbe e cannelle, abbondantissime sulla spiaggia, ricoperti di rena tenuta sempre bagnata e infine vere e proprie armature con paloni e tavoloni che reggevano tutta l'estate anche all'impeto di centinaia di rincorse.
La nostra vita sul mare era regolata da precise leggi, leggi di spiaggia o meglio di Bocca. La mattina si arrivava tutti presto al mare, massimo alle nove, si leggevano i giornalini al fresco delle baracche e si chiaccherava fino alle 10.30, poi mezzora a controllare l'orologio perché alle 11, non un minuto prima, potevamo fare il bagno. Bagno in mare fino alle 11.20, altrettanti minuti in Serchio, asciugatina e patte a chi non voleva uscire e a mezzogiorno tutti a tavola al fresco della baracca.
Che silenzio!
Il battere dell'onda sulla spiaggia era un rumore che faceva parte del silenzio delle ore dedicate al pranzo.
Anche lo sfrigolio delle eliche di canna che i genitori costruivano e mettevano alte sul tetto delle baracche perché il vento pomeridiano le facesse girare, era parte di quella pace irreale.
A volte si sentiva nitido, anche se proveniva da capanne più in là, un urlato materno e preoccupato "Mangia!" rivolto a qualche inappetente bimbo, altre volte un sommesso piagnucolio, ma non si alterava mai quel senso di solitudine e di consapevolezza di trovarsi in un luogo meraviglioso, unico e selvaggio. Dopo mangiato, un breve pisolino, più per i grandi che per i piccoli, poi alcuni giochi da spiaggia ed ancora a rimugolare per il bagno pomeridiano, ma non prima delle quattro. A differenza della mattina ora si poteva fare solo il bagno in Serchio, forse perché il mare si muoveva sempre verso sera e le mamme avevano paura o forse perché c'era il sole negli occhi se si fossero voluti tener sotto controllo i figli in mare, mentre in Serchio la visuale era più chiara con la luce alle spalle.
Bocca di Serchio, come una meravigliosa arena, alle cinque della sera aveva il Suo Spettacolo.
Alle famiglie che avevano mangiato al mare si aggiungevano coloro che sulla spiaggia preferivano, od erano costretti dal lavoro, andarci solo il pomeriggio. Tutti si mettevano in fila sul bordo del Serchio: i vecchi con un ombrello nero che li aveva riparati dal sole cocente quando facevano il bagno di rena, le mamme con i più piccini che non potevano andare in acqua, tenuti fra le gambe divaricate, gli uomini con invidia e rabbia per l'età e l'artrite che li immobilizzava, i babbi con orgoglio e noi che "si andava a cominciare".
C'era chi faceva le zeppe a piè pari, chi a seggiolina, chi con una gamba, chi batteva sonore panciate, chi anche bene ma non faceva ridere e poi, come ad un segnale, tutti uno dietro l'altro a distanza di un metro e sembrava il carosello finale dei fuochi d'artificio quando scoppiano alla fine tutti insieme.
Eravamo in trenta o quaranta ed il primo tuffatore faceva appena in tempo ad uscire, che andava di nuovo in coda a formare un anello di corpi gocciolanti, sempre più in fretta, sempre più vicini, a spingersi, a fare in due abbracciati il tuffo per fare prima, uno sopra l'altro, bevendo boccate d'acqua percossa senza sosta.
Poi ricche merende e un riposo fino alle 6.30, quando i traghettatori del passo di barca chiamavano per traversare tutti alla svelta perché la serata era buona per andare a tendere i tramagli.