Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
La storia cantata da Celentano (Goffredo non figura fra gli autori per volontà dello stesso Celentano) è in effetti una storia di amore e morte ma la frase viene a puntino in questo triste periodo dove sembra che i giovani, spesso molto giovani, siano troppo frequentemente sulle pagine dei giornali per comportamenti riprovevoli e violenti, se non addirittura delinquenziali. Se parla sempre molto e se ne fa altrettanto poco.
Ora devo dire che per età appartengo a quella schiera di persone che da bambini hanno conosciuto maestre e maestri che allungavano le mani e spesso davano sonori scapaccioni. Per quanto mi riguarda devo dire che non ho mai subito una vera violenza; i miei insegnanti non raramente accompagnavano le loro esortazioni a fare meglio, o a comportarci meglio, rinforzando le loro osservazioni o i loro consigli con qualche patta di incoraggiamento.
Devo anche dire che non mi sembra di avere subito per questo traumi cerebrali che abbiano diminuito la mia capacità di essere o di pensare, né traumi psicologici o psicosomatici che abbiano influenzato la mia vita futura. Credo anzi che mi abbiano invece rafforzato nella consapevolezza che esiste il bene e il male, che esista l’educazione e l’ignoranza, la maleducazione e il rispetto, che nella vita chi si comporta bene e si impegna sarà premiato e chi non lo fa ne dovrà subire le conseguenze.
Ho imparato anche che ci sono dei limiti che non devono mai essere superati, oltre in quale non c’è più l’esuberanza giovanile o la innocua bravata ma una mancanza di rispetto per cose e persone tanto da cadere nel terreno della delinquenza.
Se la maestra mi rimproverava e mia madre ne veniva a conoscenza dovevo anche subire lo stesso trattamento manuale casalingo in modo che rimanessi ben sicuro di aver capito. Un castigo a volte doloroso ma ben accetto perché fatto sempre con amore. Al tempo tutti i genitori, che avevano ben altri problemi in un paese ancora fondamentalmente contadino, si comportavano in questo modo e la moda di andare subito dal maestro o professore a prendere le parti del pargolo offeso e ferito con minacce verbali, fisiche e perfino legali per la paura di danni permanenti sulla psiche del povero figlio vittima del sopruso o della punizione era di là dal venire.
Non ricordo di aver sofferto molto di bullismo al tempo della mia infanzia scolastica perché la mancanza totale dei social impediva la forma più pericolosa di attacco che è quella informatica. Qualche presa in giro e qualche pattone dai ragazzi più grandi non facevano gran danno e, in qualche modo, costringevano i più giovani a dover superare una di quelle difficoltà che si sarebbero presentate, in misura assai maggiore, più avanti nella vita. Un bullismo minore, possiamo dire, che non creava grossi problemi.
La sua minore importanza derivava dal fatto che rimaneva comunque un confronto diretto, fra individui reali e spesso circoscritto ad un ambito ristretto, come ad esempio la scuola. Il cyberbullismo è invece molto più pericoloso perché non è un confronto reale, può essere visto in rete da moltissimi altri e non ha limiti spazio temporali, cioè le molestie rimangono visibili per un tempo indeterminato e lo stato d’ansia e d’allerta della vittima rimane costante. Il disagio della vittima non rimane limitato nel tempo e nello spazio della scuola ed è perciò molto più intenso e pericoloso.
Accanto al bullismo un altro fenomeno che sta emergendo con forza è la maleducazione e i vandalismi da parte di giovani e giovanissimi, sempre più presenti e frequenti anche nei nostri paesi, nelle nostre piccole comunità. Sembravano atti violenti tipici delle grandi città mentre i piccoli centri dove la vita si svolge più serena e i contatti umani ancora ben presenti sembravano risparmiati.
Purtroppo non è così e di fenomeni di maleducazione disturbo e atti di vandalismo sono oramai quotidiani.
Ci sono molte cause, intanto bisogna inquadrare la gang come sostituto per l’assenza o l’insoddisfazione di una famiglia o addirittura come forma di difesa per la minaccia esterna di genitori, insegnanti e in generale adulti che si oppongono al ragazzo non solo per il gap generazionale ma anche per una grande diversità di valori. Il gruppo permette anche di mitigare la solitudine e di garantire una protezione permettendo anche di poter condividere un problema con gli altri riducendone il peso.
Alla base di molti atti vandalici degli adolescenti spesso troviamo il sentimento di noia. La mancanza della famiglia come stimolo e guida e una insoddisfazione frustrante li porta a ricercare forme di svago non socialmente accettate perché più attraenti ed emozionanti, per uscire dalla noia e dal grigiore quotidiano.
Sono ragazzi che sanno perfettamente quello che stanno facendo, anzi lo vanno a ricercare, sono solo incoscienti e maleducati, senza limiti, regole, senso morale, senso logico e senso di sé. Distruggere li fa sentire potenti e spesso lo fanno per farsi vedere da genitori impegnati a fare altro, ciechi di fronte ai disagi dei figli e che cadono molto spesso dalle nuvole quando si trovano di fronte ad una situazione incresciosa di cui essi stessi hanno una grande responsabilità. E spesso i genitori fanno anche peggio minimizzando l’episodio vandalico a semplice ragazzata, spesso anche come forma di difesa personale visto che li vede coinvolti trattandosi di minori, allontanandosi così dalla consapevolezza del disagio del figlio, un disagio spesso profondo che probabilmente pagherà in seguito, nell’età adulta.
Il decadimento morale e politico della società unito allo sviluppo della tecnologia con i cambiamenti dal punto di vista comunicativo e relazionale fra le persone hanno fatto perdere a questi giovani alcuni punti di riferimento, le emozioni hanno preso il posto dei sentimenti e la famiglia spesso non riesce a compensare questa mancanza.
Perché essere presente coi figli non significa solo pensare alla scuola o al mantenimento ed essere fisicamente presenti ma assolvere al ruolo genitoriale ed essere riconosciuti come tali, e come tali ascoltati e stimati. Chi non riconosce l’autorità di un genitore non riconoscerà nemmeno quella della scuola e della società.
Essere vicini al loro disagio ma non concedere sempre e troppo, usare il metodo del premio e della punizione come principio generale per prepararli ad una vita adulta dove ti toccherà sempre quello che avrai meritato e non quello che avranno pensato per te i tuoi genitori. Qualche no in più e anche qualche vecchia punizione potrebbero aiutare.
C’è chi chiede un maggiore controllo da parte delle autorità competenti. Certamente può essere utile ma credo che il problema sia altrove, principalmente nella famiglia e nella scuola e un ruolo non secondario credo possano averlo anche le tante società sportive dilettantistiche locali, fortunatamente presenti fra noi e che dobbiamo sempre ringraziare per il loro fondamnetale contributo a questo problema.
Piccole associazioni di volontariato, spesso portare avanti con fatica da persone straordinarie, dove i giovani possono non solo esprimere e indirizzare la loro naturale esuberanza fisica giovanile ma soprattutto ambienti che li costringono a comprendere e imparare le regole basilari di comportamento e di reciproco rispetto. Non secondarie quindi, a livello educativo, per questo grave problema in costante aumento anche nelle nostre frazioni.