Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Se percorri il Cammino di Santiago una volta, poi non te ne liberi più, ti entra dentro quella nostalgia, quella voglia di ripartire che non capisci bene da dove provenga, è la “santiaghite” che ti scorre nelle vene e ti dà linfa per superare ogni difficoltà, e finché non ti rimetti in moto è lì che ti sussurra alle orecchie.
A gennaio del 2014 ho compiuto 50 anni, un traguardo significativo e da segnare sul calendario, un’età a cui va dato un senso. Ho voluto festeggiarlo con le colleghe e i colleghi di lavoro, una cara amica ha preparato due bellissime torte alla frutta, io ho allestito un tavolo colorato di giallo e viola perché, mentre uno richiama il sole e il calore, l’altro rappresenta la lavanda, la mia pianta preferita. Volevano donarmi una borsa firmata, come regalano a tutte le signore che festeggiano un anno importante, per fortuna Daniela (la mia compagna del Cammino dell’anno precedente) mi conosce bene e sa che non ci tengo per niente a queste cose e quindi ha suggerito una raccolta di soldi affinché io potessi di nuovo poggiare i miei piedi in terra spagnola…è stato un regalo che ho apprezzato tantissimo e accolto con emozione! Da quel momento io e Daniela abbiamo ricominciato a pianificare il percorso da Santiago a Finisterra, per circa 90 km. La tradizione vuole che il pellegrino che arriva a Santiago di Compostela, percorra poi il tratto che lo porterà fino alla fine della terra, al famoso km 0 e lì, seduto su un masso poco oltre il faro, guardi verso l’oceano in attesa del tramonto, e poi lasci/bruci qualcosa che lo ha accompagnato durante il cammino.
In primavera decisi di festeggiare con le persone a me più care, le amicizie di lunga data, quelle che anche se non ti vedi spesso sai che ci sono, l’invito conteneva una premessa: non regali ma un messaggio di buon augurio per il nostro Pianeta, parole che avrei portato nel mio zaino e che avrei lasciato in prossimità dell’oceano.
Il 30 marzo 2014 iniziò così la nostra seconda avventura, con noi partì da Pisa una coppia di amici di una collega, che non conoscevamo ma che accogliemmo comunque. A Madrid, in attesa della coincidenza per Santiago, sentii che non stavo molto bene e non fu un buon segno, solo dopo aver preso un farmaco ebbi la sensazione di essermi ripresa. Un percorso che generalmente le persone compiono in tre giorni, noi lo spezzammo in cinque tappe, per godere dei nostri passi senza troppa fatica e senza fretta, ma non avevamo fatto i conti con il clima della Galizia, o forse avevamo dimenticato la pioggia che ci aveva fatto da cornice l’anno precedente. Fatto sta che quei 90 km aumentavano ogni giorno di più sotto il peso dell’acqua e dei nostri abiti fradici! Il secondo giorno il mio malessere tornò, c’era il sole e non potei goderlo come avrei desiderato, quando arrivammo a destinazione il proprietario di un ristorante mi dette una medicina che risolse i miei problemi, ma ero molto affaticata e quando l’indomani mi svegliai che ancora era buio e pioveva a dirotto, mi prese proprio male, ma dovevamo rimetterci in viaggio. Dopo pochi chilometri avvistammo un bar e ci rifugiammo per prendere qualcosa che scaldasse non solo lo stomaco, ma il corpo intero. La proprietaria ci suggerì di fare delle suolette con la carta di giornale in modo da poter asciugare le scarpe e di avvolgere i nostri piedi in buste di plastica, ma dopo altri chilometri ci fermammo sotto il tetto di una cappellina a togliere tutto quell’ingombro, perché stava solo peggiorando la situazione!! Quel giorno però ridemmo anche tanto nel vedere la faccia di due pellegrini stranieri che ci fissavano mentre noi mettevamo su tutto quell’armamentario, ci sentivamo furbe e gli dicemmo pure che eravamo delle volpi (Italian foxes)!
Ricordo una tappa sul crinale di una montagna in cui la pioggia a vento si abbatté su di noi senza pietà, non si vedeva nulla, a parte noi quattro non c’era anima viva; ognuno di noi era occupato a combattere con la mantella e gli scarponi zuppi d’acqua, chissà cosa pensavano gli altri, io alternavo mantra inventati da me e li cantavo sottovoce per darmi forza, ogni tanto mi voltavo e intravedevo le sagome amiche uscire dal nulla, non proferivamo parola, ci scambiavamo appena uno sguardo demoralizzato. Daniela affrontò una discesa pazzesca su pietrisco che faceva una paura tremenda, aveva timore per le sue ginocchia, pregava di riuscire ad arrivare in fondo senza cadere, e giunta alla strada ci fu un sospiro di sollievo! Poi finalmente arrivammo a costeggiare l’oceano, ne sentivamo il profumo, lo scorgevamo tra gli alberi, ma le nuvole sembravano essersi accanite su di noi che avanzavamo lentamente e, scoraggiati, non vedevamo l’ora di arrivare all’ostello. L’hospitalero ci mise a disposizione due stufe e noi tirammo fuori dagli zaini le nostre poche cose e improvvisamente sembrò di stare in una lavanderia, c’erano vestiti e scarpe appese ovunque. L’ultima tappa la percorremmo in parte sulla spiaggia, ci soffermammo a cercare la concha, la conchiglia tipo capasanta simbolo del cammino di Santiago.
Cielo cupo, nuvole minacciose, pioggia, nebbia e alla fine Fisterra, il nostro punto di arrivo! Ma da lì a Cabo Fisterra mancavano ancora tre chilometri, pochi è vero, ma a noi sembravano un’infinità e decidemmo di andarci in taxi, eravamo stremati. Arrivati lassù ci trovammo davanti a un muro, la nebbia era talmente fitta che per vedere il faro dovemmo arrivarci proprio sotto, e dell’oceano neanche l’ombra…le belle immagini di tramonti accecanti, di sole rosso e di profili tesi verso il confine della Terra rimase per noi un sogno…lasciai però i messaggi portati dall’Italia, li posi in un barattolo di vetro che misi tra gli scogli, poi ci liberammo di qualche indumento e tornammo all’ostello con più leggerezza ma anche un po’ di delusione per non aver visto l’oceano, nulla davvero, una fitta coltre di nebbia ci separava.
Chissà, forse San Giacomo ci ha voluto mettere alla prova, forse il suo desiderio è di farci tornare…sono sicura che un giorno vedrò l’oceano da quel punto della Terra, un giorno potrò provare l’emozione dei pellegrini che ci hanno preceduti nel corso dei secoli, e anche se ora sappiamo che c’è altro al di là delle onde, potrò fantasticare e per un breve tempo immaginare cosa hanno provato loro alla vista dell’immensità dell’acqua.
Daniela F.