Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
NON SONO SOLO CANZONETTE.
Quello che Laura Pausini non ha capito è che “Bella ciao” non è una canzone politica, ma un canto che ricorda la guerra di liberazione dal nazifascismo, una lotta che restituì la libertà a tutti gli italiani, senza alcuna distinzione.
Tant’è che ancora ne godono tutti.Come dire che l’inno risorgimentale “La bandiera di tre colori” o la “Canzone del Piave” sono canzoni politiche, sottintendendo divisive, perché nel Risorgimento c’erano italiani che combattevano contro italiani e nella prima guerra mondiale molti italiani erano non interventisti.Altri tempi e altre estetiche, ma il senso è lo stesso.
La destra ha lasciato alle forze democratiche il merito della Resistenza e dei suoi valori.
Non poteva fare altrimenti dato che rappresentava gli eredi della dittatura fascista sconfitta. Da qui l’ovvio distacco della destra da quei valori e dai suoi simboli.Spacciare, come ha fatto Pausini, Bella ciao come una canzone politica della sinistra e non quella della liberazione di tutti gli italiani significa condividere quella deformazione storica e quel distacco.Significa mettere sullo stesso piano una espressione di libertà e l’idea criminale opposta, da rispettare secondo un’agghiacciante personale par condicio.
Pausini non crede che pensare a questo sia anche affar suo? Oppure pensa che ci siano ancora fascisti da rispettare risparmiando anche le loro orecchie?