Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Una cosa inattesa e sconvolgente che mi è accaduta durante la mia visita a quella meraviglia che è il paese di Peccioli, tanto da indurmi a scrivere questo articolo, è stata la mostra allestita nello stupefacente e bellissimo Palazzo Senza Tempo della cittadina del fotoreporter Franco Pagetti.
Un fotoreporter di guerra con alcune decine di foto esposte che colpiscono subito e fanno capire immediatamente che le guerre sono l’esempio più compiuto ed evidente della barbarie e della stupidità umana e che ogni guerra si assomiglia, ha tratti comuni inconfondibili.
Ogni guerra cioè, in ogni parte del mondo, è uguale a tutte le altre guerre e con gli stessi identici risultati: distruzione, vittime, atrocità, dolore e morte.
Le immagini, le foto esposte in mostra, sembrano non avere tempo e nemmeno luogo. Si può capire da alcuni piccoli particolari dove sono state scattate, la città dove è avvenuta la distruzione e il deserto civile, se più recenti o più datate ma hanno tutte lo stesso carattere, esprimono tutte lo stesso concetto, suscitano lo stesso sentimento di orrore.
La guerra è sempre la perfetta espressione di un fallimento, il fallimento della mediazione e del buon senso unito al prevalere della volontà di sopraffazione prevaricazione e interesse. O anche, come dice lo stesso Pagetti le guerre sono sempre combattute per avidità, prepotenza e ignoranza.
Le foto pubblicate sono solo alcune delle decine in mostra ma sono ampiamente indicative di cosa vuol dire guerra. Si somigliano un po’ tutte e il fotografo ha solo cercato di fissare l’immagine che a lui sembrava più significativa del momento tragico che le persone stavano vivendo.
Sono convinto che chi non ha operato, chi si è fatto da parte, chi non ha agito con la necessaria fermezza e determinazione per impedire lo scoppio di una qualunque guerra dovrebbe essere considerato moralmente e legalmente responsabile del conflitto al pari dei militari che materialmente la combattono. Responsabile della distruzione della vita di persone innocenti e spesso ignare del motivo stesso della guerra, vittime molto spesso all’oscuro di quello che stanno soffrendo e di cui non sono minimamente responsabili.
La guerra che ci vede coinvolti non fa eccezione e rimango dell’idea che il solo inviare armi non sia stata la scelta migliore. I governi europei si dovevano prima di tutto impegnare ad inviare diplomatici e mediatori per cercare di interrompere il conflitto subito all’inizio, meglio anche prima. Quello era ancora il tempo per cercare una soluzione condivisa in una regione dove convivono, con difficoltà e morti reciproci, due diverse etnie, diverse per lingua cultura e tradizioni. Farle convivere in pace doveva essere l’obbiettivo primario dell’Europa reso ora più difficile dal referendum russo e dalle ultime dichiarazioni di Zelensky.
Un accordo di pace su quei territori avrebbe risparmiato non solo morti e distruzioni ma anche questa crisi economica ed energetica che, come ampiamente previsto, rischia di fare molte vittime anche nel nostro paese. Non morti civili ma morti sociali, famiglie e imprese ridotte alla fame e alla chiusura delle loro aziende.
Le foto sono tutte straordinariamente belle, se si può usare o meglio osare questo termine per delle immagini di morte, ma oltre all’orrore di vedere persone uccise stese a terra nel loro sangue in tutte le immagini si percepisce il senso di solitudine e di abbandono, vittime sole e abbandonate perché la guerra non permette altro che abbandono.
Fra tutte le foto quelle che più colpiscono sono quelle della città devastata di Aleppo.
Aleppo, seconda città della Siria per popolazione dopo Damasco, a partire dal 2012 è stata coinvolta nella devastante guerra civile siriana, diventando il centro di una prolungata battaglia fra forze opposte, conclusasi nel 2016, pagando il prezzo di una totale devastazione e oltre 31.000 vittime, tanto da essere definita la "Stalingrado di Siria".
Come in quasi tutte le guerre anche in questa coesistono motivi religiosi contrapposti da cui derivano immancabilmente le solite interferenze interessate delle grandi potenze occidentali con Stati Uniti (e altri) da una parte e Russia dall’altra, ognuno facendo del loro per colpire e distruggere la martoriata città e la popolazione civile.
Perché non esistono guerre sante, non esistono guerre giuste, non esistono guerre di necessità, esistono solo guerre ed è inutile sottolineare atti di particolare crudeltà e violenza da parte di formazioni militari. Ogni guerra ha i suoi carnefici e le sue vittime. Nessuna nazione che ha avuto la sventura di partecipare ad una guerra può vantare di non avere commesso barbarie ed atti disumani nei confronti del nemico e della popolazione civile incolpevole e spesso ignara.
Perché la guerra è così, disumanizza il soldato che sa di rischiare ogni giorno la propria vita e la scala di valori che lo aveva accompagnato fino a quel momento muta. La vita non ha più quel valore che aveva prima, il nemico diventa il mostro da distruggere, senza distinzione di età o di sesso e le atrocità compiute vengono sminuite a semplici azioni militari, compiute senza sentimento e senza senso di colpa.
“Si realizza quella particolare condizione d’animo derivata dalla guerra, da tutte le guerre, dove l’esistenza diventa molto più semplice divisa totalmente fra i due estremi della vita e della morte; dove i principi di umanità si perdono nella fatica e nel rischio quotidiano e la morte di un tuo simile perde di senso e di importanza trasformandosi in un atto che ha perso tutta la sua ferocia.”
Nelle immagini che si riferiscono ad Aleppo oltre a colpire l’imponenza della distruzione si notano moltissimi veli posizionati all’esterno di quelle che erano abitazioni civili. Sono veli messi dagli abitanti rimasti alle finestre e ai balconi delle abitazioni per nascondersi dai cecchini. Sono immagini drammatiche che rendono perfettamente l’idea di cosa sia la guerra e quale siano, sempre e ovunque, le sue conseguenze.