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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Tutto sulla famiglia, la mia: (settima puntata)

28/10/2022 - 9:24


Amelio dopo sei anni tornò a casa. Mentre l’Italia festeggiava la liberazione, mio padre tornò a lavorare nella ferriera vicino a casa.
17 aprile 1948. Gli italiani si preparavano a votare per la prima volta dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Nello stesso periodo Amelio aveva i documenti pronti e la valigia legata con lo spago per lasciare il paese, destinazione: Kenia. Le pressioni di Aristea più dell’improvvisa malattia di Alfonso lo convinsero a rimanere a casa. Trovò lavoro alle Fabbriche di Casabasciana lungo il torrente Lima. Era l’acqua di quel fiume ad alimentare il maglio, strumento indispensabile per lavorare il ferro.
Le giornate le passava nella fucina a battere il ferro e dopo il lavoro si fermava alla bottega del paese che di sera fungeva da bar e locanda. Lì passava le notti durante la settimana. Tra una partita a briscola e un piatto di minestra con i fagioli Amelio iniziò una relazione con la proprietaria, una donna matura non ancora sposata.
Mentre Amelio faceva la spola tra Casabasciana e Focchia, Elia stava per vivere un episodio che avrebbe cambiato la sua vita.


Elia racconta:
Era il 1949. La guerra era finita da quattro anni. Oltre alle case si cercava di ricostruire la vita delle persone. Da due anni i miei genitori avevano acquistato una casa appena fuori dal centro di Camaiore. Era un palazzo su tre piani lesionato dai bombardamenti. La facciata per la mancanza dei vetri sembrava una bocca senza denti. Al piano terra mio padre aveva allestito la sua bottega di falegname. Noi ci sistemammo al primo piano. Era bello vivere a due passi dal centro.
Avevo abbandonato i pennelli e le matite a carboncino e il sogno di diventare insegnante di disegno. Dopo aver finito la scuola di ricamo trovai dei piccoli lavori. Quel giorno stavo lavorando a una federa: dovevo ricamare le iniziali degli sposi. Avevo scelto l’angolo più luminoso della casa davanti alla finestra. Ero china sul lavoro quando mi arrivarono forti le voci degli avventori del bar davanti, alzai per un attimo gli occhi dal lavoro e guardai fuori. Nel giro di pochi minuti tutto riprese la normalità e le voci si abbassarono. Notai un giovane… guardava me, gli sorrisi e abbassai gli occhi.
Lo rividi il giorno dopo e quello dopo ancora. Guardava sempre verso la mia finestra. Mi sentii lusingata, venni a sapere che mio fratello Lucio lo conosceva. “Giulio è un bravo ragazzo” mi disse. Passarono alcuni giorni e quel ragazzo si presentò alla bottega di mio padre e con grande naturalezza gli chiese il permesso per poter uscire con me. Mio padre fu sorpreso e disse che ci doveva pensare. La sua risposta arrivò dopo un paio di giorni. “Bene!” disse “potete uscire, ma con voi viene anche Lucio”. Io ero felice. Andammo al Cinema ma il film non lo ricordo.
Quel ragazzo mi piaceva ma non piaceva a mio padre! Il giorno dopo ero alla finestra quando vidi Giulio al bar. Gli feci un cenno con la mano che lui ricambiò e ripresi il mio lavoro. Dopo alcuni minuti sentii dei passi svelti su per le scale. Mio padre entrò dalla porta come inseguito da un branco di lupi e iniziò a urlare.
“Non mi devi prende in giro! Sono giorni che va avanti questa storia, non voglio più vedere quel ragazzo intorno a te… hai capito?”
Sentii le lacrime rigarmi il viso, la gola mi si chiuse. Era la prima volta che mio padre mi parlava cosi.
La mattina dopo mi disse che aveva bisogno di me, dovevo rifinire delle tavole che lui aveva piallato. Mi vestii e scesi in bottega senza parlare.
Verso metà mattina entrò un uomo in bottega, arrivava dalla Foce di Bucino una località nel Comune di Pescaglia. Veniva a Camaiore ogni tre settimane, commerciava in castagne e piccoli utensili in legno che costruiva durante l’inverno. Dopo avermi salutato si rivolse a mio padre.
“Buon giorno Giaomino”
“Buon giorno Rinaldo, come va su per i monti”
“Bene, Giaomino, bene. Un’ è che conoscete qualche giovanetta disposta a lavorare in un paese vicino al mio”
“A fare cosa… a raccogliere le castagne?”
“No! Per quello ce l’hanno già, dovrebbe fa’ compagnia a una persona anziana e la sera servì alla bottega del paese. Alla bottega di Pallicche”
“No! Veramente un conosco nessuno, però mi posso informa’”
“Bene… tra tre giorni devo torna’ a Camaiore, ci vediamo”
“Si! Fate a modo su per la strada”
“Un vi preoccupate Giaomino. Grazie”
Rinaldo si girò verso di me, fece un cenno con la mano e uscì dalla bottega. Io smisi di lavorare, guardai mio padre e dissi tutto d’un fiato “Vado io, mi farà bene cambiare aria per un po'” preparai le mie cose e dopo una settimana, con le raccomandazioni di mia mamma e la scorta di mio padre, arrivai a Focchia di Sopra per la prima volta.
 
Padre e figlia arrivano a Focchia


Era il 1949. Giacomo e la figlia Elia arrivavano in paese mentre l’Italia festeggiava una nuova auto uscita dagli stabilimenti della Fiat di Torino. Un’auto dalle linee moderne e arrotondate. La Fiat 500 C. 
La piazza della chiesa era vuota e il cancello del cimitero appoggiato. Elia aveva indossato un paio di scarpe comode per il viaggio e si era portata in valigia le scarpe buone, quelle della domenica. La mulattiera che dalla piazza della Chiesa portava al centro del paese era poco adatta a quel tipo di calzatura ma le mise ugualmente. Voleva fare bella figura. Il cigolio del cancello li fece girare. Dal cimitero uscì una signora dalla figura esile, indossava un vestito nero e i suoi capelli bianchi erano in parte coperti da un fazzoletto legato sotto il mento. Prima che si potessero presentare la donna parlò:
“Buon giorno signorina, v’aspettavamo tutti in paese. Vo’ sete la maestra… vero?”
Il cappotto bordeaux e il foulard grigio al collo davano a mia mamma un tocco di eleganza inusuale per il piccolo paese.
Giacomo e Elia si presentarono, la signora li accompagnò alla bottega del paese: da Pallicche. Dopo essersi assicurato di lasciare la figlia in buone mani Giacomo riprese la via di casa. Elia di giorno si occupava della madre del proprietario e di sera vestiva i panni della barista. Il suo carattere gentile incontrò i favori di tutti, dell’anziana signora e degli avventori.
 
Incontro tra Amelio e Elia


La bottega del paese di Focchia era il punto di riferimento per mio padre nei giorni di festa. Era il luogo dove bersi un bicchiere di vino, giocare a carte e sapere le ultime novità.
Amelio arrivò sulla piazza della chiesa che il sole tramontava dietro la collina. Seduto sul muretto c’era un paesano.
“Amelio… avete finito prima questa settimana. Un v’avevo mai visto arriva’ di venerdì”
“Oh! Ernesto… io boia, è da stamani alle sei che batto su’ del fero, un n’avevo più voglia e ho fatto festa”
“La sapete la novità?”
“Quale novità, arrivo ora da Casabasciana… io serpente”
“Da Pallicche c’è una donna a servì, è giovane e anche bella” l’uomo con le mani disegnò delle ipotetiche curve e aggiunse “un’è di vi’, vien di fori… da Camaiore”
 
Mio padre salutò il paesano e prima di andare a casa passò a controllare.
“Ha ragione l’Ernè” pensò Amelio quando la vide “è proprio una bella giovanetta” Ordinò un bicchiere di vino e si fermò alla bottega.
Amelio aveva trentaquattro anni e non aveva ancora trovato moglie. Elia era una donna diversa da quelle conosciute prima. Forse fu per questo motivo che lui non sfoderò il suo carattere guascone e spavaldo. Le fece una corte discreta. Elia accettò con piacere la sua corte. Nel giro di pochi giorni tutti vennero a sapere della nuova conquista di Amelio. Alcune donne del paese misero in guardia Elia: “Non sete la prima e… un sarete neanche l’ultima, il tedesco” così era soprannominato mio padre per la capigliatura bionda “ha una fidanzata in ogni paese” Quando Elia chiese spiegazioni a Amelio lui le disse che parlavano per gelosia.
 
In più Amelio, per smentire le voci di paese, tutte le domeniche si presentava nella chiesa di Focchia per la messa. Prima di quel momento il Parroco lo vedeva solo a Natale e a Pasqua. Quell’anno partecipò a tutte le novene di Natale e con grande sacrificio si trattenne dal bestemmiare in presenza di Elia. Il suo sacrificio venne premiato tanto che lei decise di avvisare i genitori con una lettera “Ho conosciuto un uomo in paese un po’ più grande di me, le cose fra noi si fanno serie”
Mio nonno Giacomo il giorno dopo partì per Focchia. Era sabato, sapeva di trovare il futuro genero a casa.  Parlarono a lungo e nel pomeriggio mio nonno riprese la via di casa, a piedi seguendo il sentiero che attraversava la montagna per risparmiare i soldi della Corriera. Arrivato sul Termine, luogo che fa da spartiacque tra il Comune Pescaglia e la valle di Camaiore incontrò un uomo che conosceva:
“Oh! Giaomino che ci fate per insù?”
“Oh! Diomede un v’avevo riconosciuto, vengo da Focchia”
“Da Focchia? A fare che?”
“State bono, la mi figliola lavora alla bottega di Pallicche. Ha conosciuto un uomo e si vorrebbero fidanzà, ma un’è che mi garbi tanto… come si dice? Donne e buoi dei paesi tuoi”
“Sapete ci son de’ bravi ragazzi in paese. Chi è?”
“Si chiama Amelio, sta in Focchia di Sotto e lavora in ferriera”
“Oh! Madonnina santa… è un gran lavoratore ma è un donnaiolo, passa da una gonnella all’altra. Speriamo bene”
“Speriamo, arrivederci… Diomè”
 
Mio nonno si sentì gelare il sangue. Il sole stava calando, era tardi per tornare al paese. Continuò il suo cammino. Arrivato a casa informò mia nonna che presa carta e penna e scrisse una lettera alla figlia.
“Devi fa’ subito i bagagli e torna’ a casa l’aria di Focchia t’ ha fatto male… quell’omo un’è adatto a te!”
Elia ricevette la lettera. Non aveva mai disobbedito ai suoi genitori. Salutò con imbarazzo i datori di lavoro e tornò a Camaiore con un pensiero:
“L’altro me l’hanno fatto lasciare questo… lo sposo!”
Aveva ragione il Diomede. Il tedesco continuò la relazione con la donna matura di Casabasciana.  Lui stesso ammise più avanti nel tempo, che aveva tenuto il piede in due staffe. (continua…)
 

 

Franca Giannecchini
 
 

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