none_o


Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

. . . uno sul web, ora, che vaneggia che la sua .....
. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
. . . la merda dello stallatico più la giri più puzza. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Molina di Quosa, 8 luglio
none_a
Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
none_a
San Giuliano Terme, 30 giugno
none_a
Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
none_a
Circolo ARCI Migliarino-6 luglio
none_a
Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
none_o
I Vecchianesi vanno a scuola
L'istruzione nell'800
di Franco Gabbani e Sandro Petri

4/12/2022 - 16:25

I VECCHIANESI VANNO A SCUOLA

L’ISTRUZIONE NELL’800
di Franco Gabbani e Sandro Petri

Con questo articolo termina, dopo un percorso durato più di un anno, l'analisi che Franco Gabbani ha fatto su un duplice piano, la storia della Famiglia Salviati, e di Scipione in particolare, e sinteticamente il contesto sociale e gli avvenimenti succedutesi nel corso del 1800 nel territorio di Vecchiano, come anche in Toscana, in Italia e in Europa.
Anche in questa conclusione viene trattato un tema di primaria importanza, quello dell'istruzione nel 1800.
Certo l'opera originale di Franco va ben oltre quanto siamo riusciti a pubblicare, ma penso e spero che questo grande sforzo richiesto a Franco per rendere più accessibile l'interessante mole di ricerca da lui effettuata ai lettori della Voce sia stato molto apprezzato.
Lo dimostrano anche i dati di lettura nei vari canali in cui gli articoli sono stati pubblicati, con numeri di visualizzazione sempre più o meno intorno ai 1000.
Ringrazio quindi Franco Gabbani per questa collaborazione di così grande successo, dandogli appuntamento alla sua prossima idea, che sono sicuro sta già maturando.

Ma il lavoro di ricerca di spunti storici del territorio prosegue!
Faccio un piccolo spoiler e vi anticipo che da gennaio partirà una nuova serie di articoli, a firma di Stefano Benedetti, che ripercorreranno la storia di 300 anni di Pontasserchio, però in modo particolare, attraverso la biografia di personaggi non sempre conosciuti, ma che, oltre al riferimento di paese, hanno avuto una valenza sociale.
Insomma, come per Franco, l'attenzione ai personaggi vuole essere un viatico per l'analisi del contesto sociale del tempo.
Ma basta anticipazioni. Aggiungo solo il titolo della serie, che sarà ATTRAVERSO IL TEMPO.

Sandro Petri



I VECCHIANESI VANNO A SCUOLA

L’ISTRUZIONE NELL’800

di Franco Gabbani



“Nel mondo di ieri” il clero, oltre al compito di salvare le anime, era anche responsabile dell’educazione delle comunità e, per lungo tempo, le parrocchie e i conventi erano stati i principali luoghi dove si sapeva leggere e scrivere.
La Chiesa esercitava la tutela su ogni ordine di scuola e ne controllava l’aderenza ai principi della religione cristiana. Il controllo della Chiesa avveniva soprattutto sulle Università, attraverso il Vescovo della città in cui avevano sede: vescovo che era il Cancelliere degli Studi e aveva il potere di conferire i gradi accademici e far redigere e sigillare i diplomi dottorali. Il conferimento delle lauree aveva luogo nelle cattedrali o nel vescovado, almeno fin verso la fine del XVIII secolo quando cessò il privilegio della Chiesa sulle Università.
Nel Granducato di Toscana, alla fine del ‘700, Pietro Leopoldo, sarà sempre attento al problema dell’istruzione ed in particolare a quella popolare e femminile.
Riteneva, infatti, che il gran numero di monache esistenti in Toscana fosse conseguenza dell’insufficiente educazione impartita dai genitori alle ragazze, spesso collocate in convento, dove la vita monastica diventava una scelta obbligata.
Il granduca sosteneva che la popolazione Toscana era devota, ma attaccata alle pratiche esterne della religione, e non alla vera morale.

La mancanza d’istruzione morale proviene dagli ecclesiastici e dai parrochi, in specie riducendosi le prediche a pure declamazioni e non istruzioni morali. La poca o punta educazione che specialmente per la parte morale si dà alla gioventù; (…) la negligenza ed incuranza dei parenti che non vogliono spendere nell’educazione dei figli per tenergli i maestri e nel non invigilare sulla condotta dei figli medesimi; (…) i matrimoni fatti per lo più senza inclinazione per puro interesse e vedute di dote, eredità ecc.; (…) l’intiera ed eccessiva libertà che appena maritate si accorda alle spose; (…) l’ozio che regna in tutti i ceti, il gusto continuo per i divertimenti.1

Pietro Leopoldo sosteneva, inoltre, che il bene universale esige non solo che i delitti siano puniti, ma richiede anche che siano prevenuti ed è solo attraverso la Pubblica Educazione che si può accrescere il numero dei cittadini onesti e utili.
Di conseguenza volle che in tutti i luoghi del Granducato si erigessero delle scuole per ogni ceto di persone. Diversa era invece la prospettiva della Chiesa, come si può rilevare da una lettera inviata dai Vescovi della provincia pisana:

     Al Clero e al popolo delle loro diocesi

Già corsero più di sei lustri, che l’istruzione del popolo è divenuta come un oggetto di moda, che vi presero parte dè sommi ingegni, e che non si è risparmiata spesa e fatica per conseguire l’intento, pure non si saprebbe dire se i risultati abbiano corrisposto all’aspettazione. Ma checché sia di ciò si occupi chi vuole dell’istruzione civile: laddove noi, vostri Vescovi, avendo in mira la istruzione religiosa, e più badando ai fatti che alle teorie, dobbiamo trarne il principio, che lasciando ad altri il pensiero d’inventar nuovi metodi, stia a noi l’incarico di promuovere quello che aveva in suo favore l’esperienza di tanti secoli. (…) Cominciammo dall’inculcare ai genitori la cristiana domestica educazione della prole, quindi credemmo di dare ai Parrochi utile direzione e rigorose ingiunzioni, per riuscire nel divisato disegno: scelta di libri istruttivi ed edificanti, da pubblicarsi e diffondersi fra il popolo, insegnamento della dottrina cristiana, catechismi, spiegazioni evangeliche, missioni con zelo, con ordine, e senza pompa nelle parrocchie.2



Nel 1848 sarà fatta un’indagine sullo “Stato attuale dell’istruzione” e, nel territorio del comune di Vecchiano, si rilevava “nessuna scuola pubblica”. L’istruzione era, infatti, esclusivamente privata, svolta dai parroci di Malaventre, Nodica, Vecchiano, Avane e Filettole e riguardava solo 64 maschi, di età compresa fra i 7 e i 18 anni, ai quali si insegnava a leggere e scrivere. A Nodica veniva insegnata anche la lingua latina e ad Avane l’aritmetica. Nello stesso periodo l’istruzione era impartita anche a 26 femmine che imparavano a “leggere e far calza”.3    

Alcuni anni dopo Scipione Salviati aprirà, nella Tenuta di Migliarino, una “scuola maschile per i figli dei dipendenti”.
Fu istituito, inoltre, un corso serale per gli adulti, frequentato da alunni la cui età era compresa tra i 12 e i 35 anni. Da un’annotazione del Cappellano/Maestro (Fratello Felice Deflorian), si apprende che “il grado di istruzione raggiunto dalla maggioranza degli scolari corrispondeva, per lo più, alla classe seconda elementare della scuola pubblica, in quanto sapevano leggere, scrivere, fare le quattro operazioni semplici dell’aritmetica.
Soltanto una minoranza cioè i più fortunati che disponevano di un tempo maggiore da dedicare allo studio, perché meno impegnati nei lavori rurali, aveva raggiunto un grado d’istruzione superiore; a questi, infatti, venivano insegnati anche i principi di grammatica e di geografia. In seguito viene aperta anche una scuola femminile dove si insegnava a leggere, scrivere e si avviavano le bambine ai lavori di carattere femminile quali il ricamo e il cucito e si impartivano lezioni mentali di storia sacra. (…)
Per le ragazze comprese tra i 15 e i 20 anni di età, vi era la scuola dei telai, dove, sotto la guida di una suora, imparavano a tessere”4 .

Dopo la prima guerra d’indipendenza, il Granduca Leopoldo II, con la legge del 30 Giugno 1852, stabiliva l’apertura di Pubbliche scuole nelle comunità con popolazione superiore alle mille anime e, per dare applicazione alla Legge, il comune di Vecchiano, nell’adunanza del 10 Dicembre 1852, deliberò:

1° a Filettole paese di oltre mille anime sia aperta una scuola minore con l’annua corresponsione al Maestro di £ 400., e con uno stanziamento di £ 500. per le spese occorrenti alla riduzione ad uso di scuola di un locale annesso alla Chiesa Pievania graziosamente offerto dal Parroco.

2° nel Paese di Vecchiano, Capo-luogo della Comunità che comprende le due Parrocchie di S. Alessandro, e S. Frediano, e conta perciò di una popolazione di oltre duemila anime, sia aperta una scuola secondaria con due Maestri nella quale si insegnino, oltre alle cose prescritte dall’Art. 18 della Legge, anche gli elementi della lingua latina, previa superiore annuenza, avvertendo che questa Scuola Secondaria non costerà più di una Scuola Minore, quando si procuri, come si dee, l’adempimento per parte del Titolare del Benefizio Prato5 , all’obbligo annesso al Benefizio di fare scuola gratuitamente nel Popolo di S. Alessandro, nel qual caso a carico del Comune resterebbe soltanto un secondo Maestro più le spese occorrenti per provvedere il locale.

3° quanto agli altri popoli di Avane, Nodica e Malaventre, aventi una popolazione inferiore alle mille anime, che venga supplito all’insegnamento dai rispettivi Parrochi, o Cappellani, col sistema prescritto dall’Art. 16 della più volte citata Legge, retribuendo ciascuno di essi con annue £ 133.6.86 .

Dopo l’Unità d’Italia anche in campo scolastico, e non poteva essere altrimenti, si dovette assistere al profondo attrito, alla frattura che ormai separava la Chiesa dal nuovo Stato Italiano. Questa situazione si riscontrò anche nei piccoli rapporti a livello locale. Ad esempio, nel “Carteggio per affari diversi anno 1866–1868” dell’Archivio Storico Diocesano di Pisa, c’è una lettera in data 15 Settembre 1866, con la quale, il Gonfaloniere di Vecchiano, Massimiliano Prato,  fa istanza all’Arcivescovo di Pisa per avere una stanza della Canonica da destinarsi alla istituenda scuola maschile nella Parrocchia di Malaventre: “essendo la Canonica assai vasta”, precisa il Gonfaloniere.

La risposta non si fece attendere. “Vengo sebbene con dispiacere a significarle di non poter aderire alla richiesta di codesto Municipio” (...).7

Sul piano delle leggi, alla vigilia dell’unità d’Italia, la legge Casati del 1859 sancì il riconoscimento del diritto-dovere dello Stato ad intervenire in materia scolastica: sarà lo Stato a prendere in mano l’educazione dei bambini.
La Legge fu, senza dubbio, un atto rivoluzionario sia a livello culturale, sia sociale, infatti significava fondare una scuola laica senza alcun patrocinio religioso, se non l’insegnamento della religione alla pari con le altre discipline.
Ma significava, anche, dare alle classi più basse la possibilità di studiare almeno per un biennio e, soprattutto, consentire un loro emanciparsi da una condizione sociale inferiore.

La legge, però, fu in buona misura un fallimento in quanto non prevedeva norme cogenti per applicarla e, nel 1861 (con l’unità d’Italia), il nostro restava uno dei paesi più arretrati d’Europa quanto ad alfabetizzazione.
Va specificato che le condizioni della maggior parte della popolazione erano ancora al limite della sopravvivenza, rivolta alla soddisfazione di bisogni primari e quindi poco propensa a “sprecare” tempo e braccia per la cultura.
Sarà la legge Coppino, del 1877 a portare la durata del corso elementare obbligatorio a 3 anni, mentre saranno introdotte sanzioni per le famiglie i cui figli disattendevano l’obbligo. Il cammino verso l’alfabetizzazione sarà, comunque, ancora lungo e con ostacoli provenienti dalle diverse classi sociali: molti benestanti ritenevano che la classe meno abbiente non avesse bisogno d’istruzione in quanto dedita al lavoro della terra; diversi esponenti del clero erano contrari sostenendo che il lavoro “ha necessità di braccia e non dell’alfabeto”.
Vi erano inoltre coloro che temevano il diffondersi dell’alfabetizzazione, ritenendo che una maggiore istruzione avrebbe potuto accelerare l’avvicinamento delle masse al socialismo, aumentando i disordini sociali.
Ma, pur con i suoi limiti, la legge Coppino diede un notevole contributo alla diminuzione dell’analfabetismo nell’Italia di fine ‘800.

A conclusione di questa ricostruzione vorrei riportare uno stralcio dell’articolo di Gian Antonio Stella “Ciò che la scuola fu per i contadini”:

“ (…) le scuole, da spopolate che erano diventano un anno più dell’altro frequentate. Bisogna vedere lo zelo che mettono le mamme popolane per far accogliere i figli a scuola e nel vigilare i piccoli progressi! Il fanciullo viene ripulito, vestito e accompagnato a scuola e raccomandato alla diligenza del maestro …”, si legge negli atti della monumentale Inchiesta sulle condizioni della classe agricola in Italia, nata nel 1872 e conclusa, sotto la guida di Stefano Jacini, nel 1885. E perché tanto zelo da parte di quelle donne nella stragrande maggioranza contadine e analfabete? “Perché il padre scrive dall’America che suo figlio deve essere istruito, perché ora soltanto egli si accorge del danno del non sapere (…) Mette il magone, quasi un secolo e mezzo dopo, rileggere quanta fiducia riponevano allora le classi più povere nella scuola, nella sua funzione di crescita, di riscatto sociale (…). Il popolo, nonostante le ostilità e le difficoltà dell’ambiente, è persuaso che la scuola rappresenti per lui un’arma di lotta e di conquista: valeva per i nostri nonni che partivano per l’America, vale per i ragazzi di oggi ai quali, come ai loro nonni, viene chiesto di avere la testa aperta a un mondo più grande. Col quale possono dialogare davvero solo crescendo, crescendo, crescendo.”8  



1 Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena. Relazioni sul governo della Toscana, a cura di Arnaldo Salvestrini, Firenze, Olschki, 1969, pp. 5–6.

2 Archivio Storico Diocesano Di Pisa: Atti Vari – Carteggi relativi alle parrocchie. Inserto N. 7..

3 A. Zuccagni-Orlandini, Ricerche Statistiche sul Granducato di Toscana, Firenze 1848, Vol. I, pp. 192-193.

4 Traggo queste informazioni da Matteucci M., “Storia del territorio della Tenuta di Migliarino (Costituzione e sue modifiche ad opera della famiglia Salviati dalla fine del ‘700 ai primi del ‘900)”. Tesi di Laurea, Anno Accademico 1986/87, pp. 243- 248.

5 Il Benefizio, fondato dal fu Adriano Prato, prevedeva l’obbligo, imposto al titolare del Benefizio stesso, di fare la scuola gratuitamente.

6 Archivio Storico Comune di Vecchiano:Registro delle Adunanze per l’anno 1852: Adunanza N.° VI del 10 Dicembre 1852.

7 A. S. D. P.: Carteggio per affari diversi da 1866 a 1868, Filza N. 24.

8 “Il Corriere della Sera” – Mercoledì 30 Settembre 2020.

+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri