Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Parlare di donne è una imprescindibile necessità, anche in poesia, per far emergere volti e personalità rimaste nell’ombra ma che rappresentano le nostre radici e la nostra memoria e ci hanno accompagnato, dal 900 ad oggi, in questi tempi tortuosi e conflittuali. Questo è l’impegno della rassegna POESIA DIFFUSA, che si occupa di divulgare la vita e le opere di poetesse del 900, che non compaiono nelle antologie e che rischiano di essere dimenticate.
1° incontro
Maria Luisa Spaziani (Torino 1922- Roma 2014) nasce in una famiglia benestante e sin da giovanissima entra in contatto con i maggiori poeti del 900 Umberto Saba , Sandro Penna e Leonardo Sinisgalli . Si laurea in lingue all’università di Torino con una tesi su Proust e la letteratura francese . È lei la Volpe dei Madrigali privati di Eugenio Montale, e dal 1958 al 1960 è stata sposata con Elemire Zolla. Scrive un poema in ottave dedicato a Giovanna d’Arco. E’ stata una delle figure letterarie più affascinanti del Novecento italiano e per tre volte, nel 1990, nel 1992 e nel 1997, viene candidata al premio Nobel.
L’indifferenza L’indifferenza L'indifferenza è inferno senza fiamme.
Ricordalo scegliendo tra mille tinte il tuo fatale grigio.
Se mondo è senza senso,
tua è la vera colpa.
Aspetta la tua impronta
questa palla di cera.
Il destino di Fernanda Romagnoli (Roma 1916- Roma 1986) è stato definito un destino di silenzio. Poetessa grandissima ma dimenticata, ignorata. Soprattutto riveste i ruoli di moglie e madre. La vita e la scrittura seguono strade diverse, che non s’incontrano, e vive ogni ruolo con sensi di colpa. L’inappartenenza, l’esclusione, la doppia identità sono i suoi temi costanti.
Il tredicesimo invitato
Grazie – ma qui che aspetto?
Io qui non mi trovo. Io fra voi
sto come il tredicesimo invitato,
per cui viene aggiunto un panchetto
e mangia nel piatto scompagnato.
E fra tutti che parlano – lui ascolta.
Fra tante risa – cerca di sorridere.
Inetto, benché arda,
a sostenere quel peso di splendori,
si sente grato se alcuno casualmente
lo guarda. Quando in cuore
si smarrisce atterrito “Sto per piangere!”
E all’improvviso capisce
che siede un’ombra al suo posto:
che – entrando – lui è rimasto chiuso fuori.
Margherita Guidacci (Firenze 1921- Roma 1992) è stata docente di letteratura angloamericana. Il soggetto della sua poesia è quasi sempre l’altro, forse per cercare di recuperare quei legami perduti troppo presto. Il tu prende tutto lo spazio della narrazione e la sua parola, tanto intima e cosmica quanto civile, è più comunicativa che evocativa , ” eretica” nel suo antiermetismo e anticrocianesimo rispetto alle correnti dominanti del tempo.
All'ipotetico lettore
Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa' che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio
non è minore che nell'incontro.
Rimane uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.
Nadia Chiaverini