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Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Maurizio Stefanini (A cura di Bruno Baglini, red VdS)
Educazione cremliniana Il culto della morte e la crescente nazificazione nella Russia di Putin

24/12/2022 - 10:04

24 Dicembre 2022

Educazione cremliniana Il culto della morte e la crescente nazificazione nella Russia di Putin

Il rifiuto della morale, l’umiliazione dei deboli, la derisione delle vittime è un atteggiamento incoraggiato dal regime. Le sconfitte militari in Ucraina però hanno creato una nuova narrativa in cui si esalta il morire in guerra purché si difenda l’onore dei russi.

Ottanta anni fa, Era ”l’educazione alla morte” il modo in cui il regime hitleriano creava i perfetti nazisti, osservò in un famoso libro-reportage Gregor Ziemer. Oggi è uno stesso percorso di idealizzazione della morte che sta portando alla crescente nazificazione della Russia di Puitin.  

«Era una fosca giornata d’inverno a Berlino» di un anno non precisato del regime di Hitler, quando un gruppo di ragazzini di una scuola elementare prese a sassate i frequentatori della dirimpettaia scuola americana al grido di «ebrei!» e «abbasso gli odiosi stranieri!». Il giornalista Gregor Ziemer, fondatore e direttore dell’istituto, andò a protestare col collega tedesco, che si scusò. «Però», aggiunse, «dovete comprendere che è impossibile per me controllare i ragazzi una volta fuori dell’edificio scolastico. A ogni modo, non vorrete pretendere ch’io sopprima una spontanea dimostrazione popolare? Anche se volessi, non mi sarebbe permesso di farlo». Ziemer rispose che la sua scuola aveva sempre avuto rispetto per la cultura tedesca. «Sì ma avete studenti ebrei. Noi insegniamo ai nostri allievi che gli ebrei sono i nostri più odiati nemici». Ziemer insistette «che i suoi alunni mostravano antipatia per tutti gli stranieri, senza eccezioni»: «egli ne convenne: convenne pure che i suoi ragazzi sapevano che il mondo intero era contro di loro e il loro Führer. Erano stati esortati dai loro insegnanti a essere duri, pronti a combattere e a morire per Hitler. Egli ’presumeva’ che quei giovinotti avessero fatto un po’ d’esercizio».


Ziemer si mise allora in testa di ottenere un permesso per visitare le scuole tedesche dei diversi gradi, nonché le varie associazioni della gioventù e le organizzazioni assistenziali, e lo conseguì. «Il Partito nazista inizia a interessarsi del bambino tedesco prima del suo concepimento», gli venne spiegato. La prima tappa di quel viaggio all’inferno dell’educazione totalitaria fu dunque nel limbo delle cliniche dove le donne «mentalmente deficienti» o «di debole costituzione» venivano sterilizzate, a catena. Venivamo poi le «Case di maternità» in cui invece venivano accolte e coccolate le madri nubili purché «ariane», dal momento che il regime incoraggiava la procreazione anche al di là dell’istituto «antiquato» del matrimonio. Prima di mangiare, le donne recitavano una preghiera a Hitler. «Nostro Führer, ti ringraziamo per la tua munificenza, ti ringraziamo per questa casa, ti ringraziamo per questo libro. A te dedichiamo tutte le nostre forze; a te dedichiamo la vita nostra e quella dei nostri figli».

Vedrà poi «bimbi capaci a malapena di balbettare» che cantano inni a Hitler; ragazzini di 10 anni che esprimono «il desiderio di impiccare tutti i francesi, di marciare su Parigi e di lanciar bombe»; adolescenti che fanno esercitazioni militari. Visiterà scuole «speciali»  dove ai ragazzi «deficienti» si insegna a prepararsi per l’eutanasia finale nella «Hitler-Kammer». Ascolterà le nuove fiabe naziste, ben distinte da «nauseabonde glorificazioni di essere storpiati» tipo «Biancaneve e i sette nazi». Porterà in ospedale una ragazzina che morirà d’appendicite dopo essersi sentita male durante una marcia, perché il padre «quella mattina l’aveva sgridata, dicendole di dimenticare quel po’ di mal di pancia e di essere forte ed energica per il Führer». Sorprenderà il rito delle ragazze che danzano in tondo nell’anfiteatro romano di Treviri per invocare fecondità dal martire nazista Horst Wessel. Infine, dopo aver visto gli studenti che sputano sulla Bibbia per poi bruciarla, deciderà di averne abbastanza. 

Di lì a poco la Germania dichiarerà guerra anche agli Stati Uniti, e Ziemer dovrà tornare in patria. Il suo libro, base per il film del 1943 Hitler’s children  e per il cartone animato Disney pure del 1943 Education for Death, sarà usato come testimonianza per l’accusa al Processo di Norimberga.     

Più o meno è il tipo di incubo che Svetlana Stephenson, docente di Sociologia alla London Metropolitan University e autrice di Gangs of Russia: From the Streets to the Corridors of Power, ha spiegato in un articolo apparso sul Moscow Times e su Novaya Gazeta Europe. Oggetto, «il carnevale di violenza che per anni ha permeato i media russi controllati dallo Stato». «Mentre le risate minacciose delle autorità possono ancora essere ascoltate sugli schermi televisivi russi intanto che i propagandisti statali discutono della distruzione delle città ucraine o dell’uso di armi nucleari», osserva, «nuovi personaggi sono venuti alla ribalta».

Studiosa della subcultura delle bande criminali russe, la Stephenson osserva come questo stile teppistico del «deridere la proprie vittime» sia ormai divenuto «uno stile di condotta ufficialmente approvato», come ricorda la storia del gruppo Wagner che ha pubblicato un video in cui uno dei suoi mercenari viene brutalmente assassinato con una mazza per essersi arreso alle forze ucraine. Giorni dopo il fondatore del gruppo ha divulgato un video i cui mostrava di inviare una mazza insanguinata al Parlamento Europeo. 

«Questo tipo di performance sinistra – che dimostra apertamente il rifiuto della morale e della legge, e si rallegra dell’umiliazione dei deboli – sembra concepita per dimostrare la sovranità della Russia ai suoi nemici e per sottolineare che le convenzioni della civiltà occidentale, con le sue norme di decenza più basiliari, qui non si applicano». I telespettatori russi guardano queste cose dai divani di casa, e trovano consolazione da una condizione di miseria generalizzata nell’idea che «anche se vivono in povertà, i russi sono ancora più duri di chiunque altro e non devono essere presi in giro».

Le sconfitte militari in Ucraina, però, hanno provocato uno choc, cui si è aggiunto il flop della mobilitazione. La risposta è un nuovo clima di cui è simbolo la hit con cui la pop-star di regime Shaman chiama a risorgere in piedi i caduti della Grande Guerra Patriottica perché «Dio è con noi». Svetlana Stephenson parla di «artisti simili a zombi, tra cui molte pop star anziane della fine degli anni sovietici», che «hanno iniziato a esortare la popolazione a “opporsi” a coloro che “li guardano dall’alto in basso”, e così facendo, a emulare i propri antenati defunti». Gli artisti «sfoggiano carnagioni giallastre, trucco scuro e abiti da lutto che si combinano per creare un’atmosfera funerea». Nelle immagini, «i soldati vanno al fronte con sguardi di severa determinazione sui loro volti, mentre cartelloni elencano i nomi dei bambini morti del Donbas accanto a quelli dei soldati caduti nella seconda guerra mondiale. Una donna versa una lacrima mentre un ragazzo con indosso un berretto militare saluta i soldati di passaggio».

Ma «ogni menzione di speranza e vittoria è assente: questo è un requiem per una Russia condannata a combattere guerre eterne». Lo stesso Putin a inizio novembre si è mostrato in tv in visita a una mostra sulla difesa di Mosca durante la seconda guerra mondiale. Attraversando lentamente la Piazza Rossa, Putin faceva ruotare languidamente l’elica di un aereo replica mentre un coro vestito da soldati della seconda guerra mondiale cantava un inno di guerra. 

Il concetto di morte che dà senso alla vita è stato sollevato anche durante il recente incontro di Putin con le madri dei coscritti mobilitati, cui ha detto che la vita dei loro figli era stata priva di significato prima della morte in guerra. «Non ha vissuto la sua vita invano».

Secondo  questa analisi, «un tale appello è estraneo alla cultura russa e persino sovietica, che ritraggono la madre di un soldato morto come una figura inconsolabilmente tragica. Il diritto delle madri a tentare di salvare i propri figli fu riconosciuto anche durante le guerre cecene, come dimostra l’atteggiamento rispettoso assunto dalle autorità militari nei confronti del Comitato delle Madri dei Soldati. Ma Putin è chiaramente privo di questa comprensione culturale. Il concetto di una madre che si rallegra per la morte di un figlio è tratto dall’ideologia nazista, in cui le donne sono raffigurate come le produttrici di bambini richieste dallo stato».

Insomma, «l’accelerata nazificazione della vita dei russi è coincisa con una crescente consapevolezza pubblica che le autorità sono indifferenti al loro benessere». 










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27/12/2022 - 16:37

AUTORE:
Marlo Puccetti

Ho letto con attenzione l'intervento di Stefanini. La dissertazione che ho letto su Hitler e la completa acquiescenza degli insegnanti e degli studenti al nazismo è inquietante. Ho apprezzato quanto ha scritto perchè anch'io vedo un Putin che ha superato ogni morale per la paranoia che ha di volere annettere territori che ritiene da sempre russi e quindi non riconosce alcuna sovranità all'Ucraina. Putin, è vero ha la cultura della morte. La morte ritenuta come indispensabile per raggiungere i propri scopi. Infatti non ha esitazione a mandare alla morte migliaia di soldati russi che pensavano di avere ben altro futuro. In questo meccanismo perverso sacrifica i suoi soldati perchè possano portare sofferenza e morte agli abitanti dell'Ucraina. In queste settimane sta borbardando in modo sistematico le città per tormentare all'infinito il popolo ucraino. Non ha risparmiato, portando sofferenza e morte, nemmeno i giorni di Natale (come festa religiosa) perchè forse quello ortodosso viene dopo come fosse un Natale diverso.(.....).

24/12/2022 - 18:01

AUTORE:
Giuliano Ferrara

...Putin ha scatenato la strage seriale ma gli è preclusa la festa della vittoria
La più grande catastrofe russa del XXI secolo si è annunciata con la guerra europea in Ucraina, partita all’inizio del 2022, e si insinua come un’ombra gigantesca sul minuscolo e penoso Natale di Vladimir Putin.
Un mese dopo l’invasione, Bucha. Poi Mariupol, assalto al teatro dei rifugiati. Un anno dopo, il buio e il freddo oltre il confine. E invece niente.
Ora su quegli sfondi bianchi che sanno di potere rifatto, ridipinto, tra quegli stucchi e trumeau che arredano grottesche distanze in vasti interni solitari, lo statista in fuga da sé stesso usa la parola fino a ieri vietata, “guerra”, e affetta fraternità verso il popolo ucraino, e parla di pace, di negoziato, con mezzo mondo che rifiuta il suo gas e il suo petrolio e l’altro mezzo che glieli compra a metà prezzo. Il suo esercito della disperazione imperiale, i lupi dello zar, è umiliato dalla controffensiva, dall’unità armata dell’occidente euroatlantico a difesa dell’indipendenza di Kiyv e della sicurezza europea e mondiale, che lui voleva mangiarsi in un solo boccone e in un paio di settimane dopo le imprese cecena, georgiana, siriana, dopo il Donbas e la Crimea. I suoi bastioni diplomatici e commerciali in occidente sono caduti tutti, la svolta strategica della Germania si è rivelata intrattabile, la resistenza dei polacchi è una fortezza brulicante di rifugiati e di ponti aerei, il fallimento è indicato dall’isolamento e dall’imbarazzo dell’alleato “eterno” cinese, in prospettiva il nuovo padrone del suo paese.
L’inverno russo dei grandi romanzi e della grande storia può sempre riservare sorprese, ma la posizione di chi è invaso e si batte per l’esistenza non è la sua, è quella del buffone, del drogato e ebreo Zelensky e dell’universale recalcitrare al giogo degli ucraini, donne, uomini, ragazzi, vecchi, bambini trucidati per un progetto di imperialismo paranoide, dichiarato da una personalità malata e dai sermoni di un prete corrotto. Definire la vittoria di questa ambizione sbagliata, tra recessione e repressione del dissenso russo, è sempre più difficile.
Putin è uscito dalla configurazione di leadership in senso kissingeriano, uomo attento all’equilibrio e alla sicurezza reciproca, dedito all’accumulazione e alla riforma, desinato immancabilmente a durare, ne è uscito definitivamente.
Un anno di guerra spietata e insensata ha fatto di lui un bullo globale, che fa paura anche ai pochi amici che gli sono rimasti. Ha tenuto un paio di kermesse nazionaliste, con la solita cartolina precetto per le grandi folle, e sotto Natale deve arrendersi a un comportamento erratico, inspiegabile e non spiegato, cancellare le date, le dirette, le conferenze stampa, i discorsi alla Duma di Mosca.
Ha annesso territori ma subito dopo ha dovuto guadare il Dnepr verso est, sta ripittando lo scenario di morte e distruzione di Mariupol dietro lo schermo di menzogna della Grande Cultura Russa, vanta l’impresa del Mar d’Azov che nemmeno Caterina la Grande, continua a infliggere tormento e sofferenza, ma chiunque lo conosca, chiunque abbia letto il suo straordinario ritratto scritto da Giuliano Da Empoli, un vero romanzo russo, sa che puoi far piovere un grande arsenale missilistico su un popolo “fraterno” che ti odierà per generazioni, in una guerra che hai scelto e preparato per anni, puoi minacciare la deterrenza atomica e ritirare la minaccia e minacciare ancora, e tuttavia ti è preclusa la prospettiva di festeggiare una qualsiasi vittoria.
Entrando nella condizione dello stragista seriale, dell’offensore non provocato, del domatore senza denti della bestia libertaria e indipendentista armata dalle democrazie di tutto il mondo, Putin ha sacrificato la cosa cui teneva forse di più, l’intelligenza del potere, l’intelligence, la capacità di sapere e anticipare i fatti per determinare il corso della storia.
E’ stato un crimine e molto più di un crimine, è stato un colossale e fatale errore politico.
Triste Natale per una vecchia spia che sta distruggendo un’antica e grande nazione e un dispotismo di stato che sembrava un meccanismo inscalfibile, eterno.

24/12/2022 - 11:39

AUTORE:
Bruno Baglini, Migliarino

Pare impossibile che Vladimir Putin abbia simpatie come le ebbero Adolf Hitler e Benito Mussolini dai miei compaesani.
Dice che la storia non si ripete mai, mah.

Sono passati ormai più di trecento giorni di guerra di aggressione russa allo stato ucraino e con modi del tutto terroristici e paragonare l'aggressore dall'aggredito come succedeva con superficialità dal 24 al 28 febbraio dai "saputelli anche nostrali" che sapevano tutto di quei popoli, ma non dell'OMODOR dove Stalin fece morire quattro milioni di ucraini di fame e di freddo ed ora "luilì" ci riprova con l'aggiunta di camere di tortura per ragazzi, poi uccisi e gettati nelle fosse comuni con mani legate dietro e colpo alla nuca.
Sarebbe anche l'ora di basta!

Accendi la TV ed i cloni del Grillo Giuseppe detto Beppe quando aprono bocca fanno i discorsi a mazzetti come le cipolle vernine e cercano sempre di farci bausette con l'armamentario atomico in mano alla Russia, nazione terrorista che finita la produzione dei suoi missili, (ora si rifornisce dagli stati canaglia) e quindi ad onor di logica dei grilli, degli Orsini e San-Tori vari, finito l'arsenale di quei mondi terroristi useranno l'arma totale per far finire questo mondo che loro odiano a morte.

...così anche le lavatrici, gli elettrodomestici vari, rubati dai "valorosi soldati" della quinta armata russa tramite lo sterminio dei legittimi proprietari ucraini sarà reso vano perché le loro mogli/madri a quel punto finiranno arrostite insieme al bottino di guerra, frigo a rotelle, compreso i 2000 rubli ricevuti per la scomparsa dei loro mariti/figli saccheggiatori che gli è andata buca.
Buon Natale a chi ama.