Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
I giorni scorrono e le giornate si allungano.
Suono un paio di volte il campanello all’ingresso per farmi riconoscere e apro la porta. Lascio fuori l’aria calda di luglio e salgo le scale. Due minuti e Sara mi apre. Sara è la signora che vive con mia mamma.
“Come è andata stanotte?”
“Insomma, non aveva dolori ma non riusciva a dormire. Ora dorme”
“Bene”
Appoggio la borsa sul tavolo e tolgo gli zucchini dalla busta.
“Oggi puoi farle un passato con questi, li ho appena raccolti”
“Aggiungo anche un po’ di cipolla?” mi dice mentre prende gli zucchini e li mette in una zuppiera per lavarli.
“Metti solo con questi per oggi, poi vediamo”
Il nostro medico di famiglia, nonostante l’emergenza dovuta al Covid 19 è venuto più volte a visitarla. Le analisi del sangue dicono che qualcosa non va ma lui non riesce a individuarne la causa. Nemmeno dopo l’ecografia eseguita a domicilio.
“Se i dolori continuano dovete portarla al pronto soccorso” ci ha detto e ci ha lasciato una lettera da presentare al medico di guardia, aggiungendo “per qualche giorno provate con una dieta semiliquida” I dolori addominali si presentano dopo pranzo. Ci prescrive delle iniezioni da fare in caso di dolore, cosa che negli ultimi giorni capita spesso.
Dei rumori ci avvisano che mia madre si è svegliata “Vado io” dico a Sara intenta a preparare il pranzo
“Che ore sono?” chiede mia mamma
“Le undici”
“Ho fatto una bella dormita” dice passandosi la mano destra sul viso per togliersi una ciocca di capelli “mi sembra di stare meglio” e si tocca la pancia.
“Oggi stai leggera, un bel passato di zucchini e la frutta lontano dai pasti”
Rimango un po’ con lei, poi la saluto.
“Quando torni?”
“Domattina” dico, e le stringo la mano.
Da quando c’è il Covid evitiamo di baciarla. Saluto Sara e chiudo la porta alle mie spalle. Gran parte del pomeriggio mio fratello lo passa con mia mamma. Questo mi fa stare tranquilla.
“La mamma sta male” mi dice lui al telefono intorno alle 15.30.
“Chiama il 118, faccio prima possibile”
Dopo venti minuti lo richiamo.
“Come va?”
“Male” mi risponde.
“Hai chiamato?”
“La mamma non vuole, ha detto che poi passa”
Finisco il lavoro e raggiungo mio fratello. La porta di casa è socchiusa, sul volto di mia mamma non c’è più l’aria distesa della mattina. Il suo viso ha il colore della cenere e le ciocche bagnate dei suoi capelli sono appiccicate alla fronte. Le prendo le mani, fredde come il marmo. “Stai tranquilla” le dico. Lei mi guarda negli occhi che si sono allargati e riempiti di lacrime.
“Non voglio andare in ospedale, voglio stare qui” mia mamma alza lo sguardo sui suoi quadri che tappezzano la camera.
Un sussulto la scuote, un conato di vomito le esce dalla bocca e macchia le lenzuola bianche. Sembra la tavolozza di un pittore impazzito. Non avevo mai visto tanti colori tutti insieme.
“Sono gli zucchini che ha mangiato oggi” dice mio fratello.
C’è altro.
Mentre lui inizia a pulire, io sfilo il cordless dalla base, vado in cucina e digito un numero: 118. Mentre parlo con l’operatrice mio fratello mi raggiunge “La mamma non vuole andare” mi ripete. Io continuo a rispondere alle domande della donna e aggiungo “fate presto” prima di riattaccare.
Dopo un tempo interminabile sento la sirena dell’ambulanza, mio fratello scende le scale, io cerco di rassicurare mia mamma. Nei suoi occhi leggo il terrore. Poco dopo, due operatori della Croce Rossa Italiana entrano in camera, il tempo necessario e scendono le scale di casa con mia mamma nella barella. L’ambulanza parte e noi la seguiamo in auto. Io e mio fratello ci sediamo sul marciapiede, le panchine fuori dal pronto soccorso dell’Ospedale Versilia sono occupate. Prendo il telefono e mando un sms al nostro medico per avvisarlo. Avviso mio marito. Per ingannare il tempo Io e mio fratello ricordiamo alcuni episodi della nostra vita. Poi il silenzio cala come la luce. Le ore passano. Chiedo all’uomo che presidia il tunnel d’accesso al pronto soccorso se posso avere notizie. Mi fa cenno di passare. Ripeto la stessa domanda alla ragazza dietro al plexiglass “Un attimo” mi dice e sparisce nell’altra stanza, per poi riapparire.
“Il medico ha quasi completato gli esami, tra poco la faccio entrare. Si accomodi lì” mi dice indicandomi le sedie vuote.
Dopo poco mi chiama e mi indica dove andare. Un giovane uomo dagli occhi azzurri come il cielo di luglio mi indica la sedia “La situazione è grave, se la ricoveriamo siamo costretti a fare esami invasivi”. Io, come risvegliata da un lungo sonno, rispondo:
“No, grazie la riportiamo a casa”
“Capisco” mi risponde e aggiunge guardando l’orologio “ora non ci sono più ambulanze disponibili, la chiamo io domattina prima di finire il turno”
“Posso vederla?”
L’uomo, rimane per alcuni secondi in silenzio: “Vada, ma faccia presto” e con la mano mi indica la strada. Lo ringrazio.
Sono di fronte a mia mamma. I suoi lineamenti sono di nuovo distesi ma il colore del viso è rimasto uguale.
“Come va?”
“Meglio” e si tocca la pancia “non mi fa più male. Mi hanno lavata e cambiata, sai”
So quanto lei tiene alla pulizia. Cerco di non far cadere le lacrime dagli occhi, non ci riesco, ma la poca luce e la mascherina non le fanno vedere.
“Dai, domattina ti riportiamo a casa, ora dormi”
“Francesco è andato a casa?”
“No, è rimasto fuori con me”
“Che ore sono?”
“L’una e venticinque”
“Quante preoccupazioni che vi do ultimamente”
“Mai quante te ne ho date io” dico cercando di sorridere.
“Non me lo ricordo più, ora sei bravissima” risponde accennando un sorriso.
“A domani” con la mano sfioro la sua, ed esco dal pronto soccorso. Metto al corrente mio fratello di quello che ha detto il medico e insieme torniamo a casa. Alle 6 sono in piedi. Alle 7.30 arriva la telefonata. Riconosco la voce del medico del pronto soccorso.
“Non posso dimettere sua mamma, nella notte è peggiorata”
“Peggiorata” balbetto.
“Si, non è possibile trasportarla, se fa in fretta gliela faccio vedere prima che sia trasferita nel reparto bolla in attesa dell’esito del tampone.
Trasferita. Reparto bolla. Tampone. Le parole del medico mi arrivano a tratti come se qualcuno le strappasse dalla sua bocca.
“Se la trasferite in reparto, dovete fare gli esami?” chiedo alzando il volume della mia voce che dalla bocca fa il giro della testa ed entra nelle orecchie, ma non lo fa nell’ordine giusto: rimbomba come in una stanza vuota.
“Non si preoccupi, venga, ne parliamo”
Avviso mio fratello.
“Io stamani dovrei andare…”
Non lo faccio finire.
“Vado io, in due non ci fanno passare. Andrai stasera dopo che l’hanno sistemata in reparto”
Prendo le chiavi dell’auto e esco di casa. Il medico mi assicura che, in reparto non faranno nessun esame invasivo e aggiunge “Se la vuole salutare” e mi indica la strada della sera prima. Mia mamma è sveglia.
“Sei venuta a riportarmi a casa?”
Deglutisco.
“Ti devono fare una cura che solo in ospedale possono fare. Un giorno o due e ritorni a casa”
“State tranquilli, le infermiere sono tutte gentili, le capisco male con la mascherina ma sono gentili” dice
Conosco il suo terrore che ha per l’ospedale. La saluto e torno a casa in attesa. Il telefono squilla “Sua mamma è peggiorata” mi dice l’uomo al telefono, dopo essersi presentato “non è più cosciente” aggiunge.
“Vengo subito, la posso vedere?”
“No, è ancora qui, nel reparto bolla in attesa dell’esito del tampone”
Di nuovo quelle parole: reparto bolla, tampone. Le sento nella mia testa, come le campane il secondo giorno di novembre.
“Ma nemmeno un minuto?”
“Mi dispiace, ho fatto il possibile e l’impossibile per avere in tempo l’esito del tampone, l’unico modo per rivederla” l’uomo fa una pausa “se viene classificata come Covid 19, viene chiusa in un sacco nero”
Poteva darmi una bastonata in testa mi avrebbe fatto meno male. Quelle parole mi risvegliano dal torpore. In molti non hanno più rivisto i familiari. Io, ho una speranza. Lo ringrazio e chiudo il telefono. Dopo dieci minuti lo stesso medico mi chiama.
“Sua mamma è deceduta, il tampone è negativo. Tra poco sarà trasferita all’obitorio”
“Grazie per quello che ha fatto”
“È il mio lavoro”
Guardo l’ora dal display del video registratore: 17.14. La stessa poi segnata sul certificato di morte. (continua…)
Franca Giannecchini