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Primarie Pd, derby Bonaccini-Schlein: tre scenari possibili per i dem e il centrosinistra
di Emilia Patta
La vittoria (a sorpresa) di Schlein porterebbe il rischio dell’uscita verso il Terzo polo dei riformisti. Se vincesse Bonaccini in modo netto rischio scissione a sinistra. Con una vittoria di misura possibile paralisi politica
I punti chiaveCampagna sotto tono, tesa a smussare le differenze
I due Pd
Primo scenario: vittoria a sorpresa di SchleinSecondo scenario: vittoria di Bonaccini con ampio margine
Terzo scenario: vittoria di Bonaccini con poco margine
Dopo mesi di interregno è arrivato il momento decisivo per la scelta del segretario o della segretaria del Pd che succederà a Enrico Letta: le primarie sono in programma domenica 26 febbraio dalle 8 alle 20. Sono stati mesi in cui il partito è apparso afono sui temi dell’agenda politica del governo di centrodestra e, piuttosto, attorcigliato attorno a discussioni un po’ astratte sulla cosiddetta fase costituente o sul presunto “ordoliberismo” che secondo la sinistra avrebbe caratterizzato le gestioni del passato.
Il popolo del Pd, dopo la pesante sconfitta politica del 25 settembre scorso a cui si è aggiunta la sconfitta alle regionali in Lombardia e Lazio il 12 febbraio, arriva dunque un po’ stanco e demotivato all’appuntamento tradizionale con i gazebo. Tanto che a preoccupare entrambi i candidati in campo, ossia Stefano Bonaccini (54% al congresso tra gli iscritti) e Elly Schlein (35%), è in primis l’affluenza: l’asticella del milione di persone fissata per considerare il partito in buona salute appare alla vigilia fortemente a rischio.
Campagna sotto tono, tesa a smussare le differenze
A rendere l’evento poco attrattivo è stato anche il modo in cui i due contendenti hanno deciso di condurre la loro lunga campagna elettorale: toni pacati e rispettosi, nessun attacco personale, tendenza a smussare le differenze.
Il governatore dell’Emilia Romagna, in pole, aveva certo interesse a non apparire troppo “renziano”, visti i trascorsi di amicizia politica con l’ex premier ed ex segretario dem Matteo Renzi, mentre al contrario la sua ex vice in regione aveva interesse a non apparire troppo di sinistra e troppo schiacciata sulle posizioni del M5s di Giuseppe Conte per non allontanare gli elettori più moderati del Pd.
I due Pd
Eppure le differenze programmatiche tra i due ci sono e sono molto forti, tali da determinare il futuro non solo del partito ma di tutto il centrosinistra.
Schlein ha in mente un Pd che svolta decisamente a sinistra e che si rivolge ai ceti più deboli della popolazione, ai giovani e alle donne, ai precari. Elementi che, assieme alla forte connotazione ecologista, la portano a convergere con il M5s.
Bonaccini vuole invece rinverdire la vocazione maggioritaria di veltroniana memoria: un Pd che parli a tutto il Paese e non solo ad alcuni segmenti, e dunque anche al mondo delle imprese, delle partite Iva e degli autonomi «colpevolmente lasciati alla destra». Elementi che lo portano a guardare con più naturalezza verso il Terzo polo di Calenda e Renzi.
Il risultato delle primarie, dunque, è destinato a pesare molto sulla costruzione dell’alternativa al centrodestra in vista delle prossime elezioni.
Primo scenario: vittoria a sorpresa di Schlein
Il primo scenario che prendiamo in considerazione è quello meno probabile: la vittoria a sorpresa di Schlein, con un ribaltamento del risultato del congresso tra gli iscritti finora mai accaduto. Lo Statuto prevede che a prevalere sia il voto nei gazebo, ma è chiaro che un risultato del genere consegnerebbe la fotografia di un partito spaccato.
Ad ogni modo una vittoria dell’outsder Schlein (uscì dal Pd in polemica con Renzi e si è iscritta solo a gennaio scorso) comporterebbe un netto spostamento a sinistra del partito. Anche perché ad appoggiare la sua candidatura ci sono dirigenti che hanno posizioni ancora più accentuate a sinistra di lei: dai bersaniani di Articolo 1 guidati da Roberto Speranza, che uscirono dal Pd nel 2017 anche loro in polemica contro Renzi e sono ancora sulla via del rientro, ad Andrea Orlando, Giuseppe Provenzano, Francesco Boccia, Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini.
Tutti fan di un asse privilegiato con il M5s di Conte. In questo scenario i riformisti e gli ex renziani del Pd si sentirebbero rappresentati o prenderebbero la strada dell’uscita? In molti scommettono che se vincesse Schlein molti dirigenti e amministratori farebbero le valigie e traslocherebbero nel partito liberal-democratico che Calenda e Renzi stanno sia pur con fatica costruendo. E non a caso lo scenario di una vittoria di Schlein è il preferito dai leader del Terzo polo.
Secondo scenario: vittoria di Bonaccini con ampio margine
Il secondo scenario possibile è quello di una netta vittoria di Bonaccini. Alcuni sondaggi dei giorni scorsi lo davano ben oltre il 60%, con circa 30 punti di distacco da Schlein. In questo caso il governatore dell’Emilia Romagna avrebbe un mandato popolare forte per portare avanti le sue posizioni riformiste e per prendere le distanze dal “contismo”.
Il rischio di una scissione a sinistra ci sarebbe, ma con un distacco netto tra Bonaccini e Schlein riguarderebbe una piccola frangia: forse i bersaniani di Articolo 1, almeno una parte, potrebbero interrompere il processo di rientro nel partito per tentare una “cosa rossa” con Conte, e con loro qualche singolo dirigente come Bettini e forse Orlando.
L’occasione potrebbe essere il tavolo bipartisan sulle riforme costituzionali che la premier Meloni ha intenzione di apparecchiare per arrivare ad una soluzione il più possibile condivisa, puntando su quel premierato forte da sempre propugnato dal Pd: se Bonaccini, rinfrancato da una mandato popolare chiaro, decidesse di sedersi al tavolo, è probabile che una parte del partito gli volterebbe le spalle. Ma sarebbe appunto una parte circoscritta.
Terzo scenario: vittoria di Bonaccini con poco margine
Il terzo scenario è una vittoria di Bonaccini di scarsa misura. Se Schein, che ha un richiamo soprattutto tra i giovani e tra gli elettori delle città (a Roma, Milano, Napoli e altri capoluoghi di provincia è arrivata prima al congresso tra gli iscritti), dovesse superare il 40% costrigendo Bonaccini poco sopra il 50% la libertà di azione del nuovo segretario sarebbe ridotta.
Con una minoranza così forte e capace di far tanto rumore, visti i supporter di Schein, sarebbe difficile per Bonaccini imporre una linea schiettamente riformista e anche sedersi al tavolo delle riforme con il centrodestra. In questo scenario alla sinistra non converrebbe la scissione: meglio un più classico logoramento del leader in attesa della rivincita al