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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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SANREMO
di Trilussa

26/2/2023 - 18:56


Non ho mai amato troppo il Festival di Sanremo. Forse l’ho seguito e sentito di più qualche decennio fa quando era solo una competizione canora e l’Italia era in una fase di crescita economica e sociale, quando il sentimento generale era più adatto al clima di festa necessario per apprezzarlo. Ora sembra solo una parentesi semimusicale egocentrica, un po’ ipocrita e talvolta sgradevole molto lontana dalle preoccupazioni giornaliere delle famiglie per il costo del gas, quello delle bollette, degli affitti, per il conflitto armato troppo vicino e per i tanti morti per fame guerre e terremoti.


Gli spettatori presenti in sala non sembrano rientrare comunque nelle famiglie di cui sopra. Lo dimostrano il loro travolgente entusiasmo per canzoni e cantanti che li fa sembrare tutti molto felici, i loro volti sorridenti truccati e spesso  rifatti, il loro abbigliamento conseguente all’importanza dell’evento e soprattutto il costo della poltrona individuale a 1290 euri per le cinque serate!


Nelle canzoni in gara pochi gli accenni a questioni sociali, guerre e problemi vari che pure sono oggi di grande attualità.  Ricordo invece un periodo, intorno agli anni 70, in cui questi temi erano molto presenti e alcune canzoni facevano pensare che il desiderio di un futuro migliore, e di pace, fosse una speranza che aveva ancora qualche possibilità di essere realizzata.


Ricordo questa, de “I Giganti” dal titolo “Proposta”, che sembra scritta oggi:


Me ciami Brambilla e fu l'uperari,

lavori la ghisa per pochi denari

Ma non c'ho in tasca mai

la lira per poter fare un ballo con lei

Mi piace il lavoro, ma non sono contento,

non è per i soldi che io mi lamento

Ma, questa gioventù, c'avrei giurato

che m'avrebbe dato di più


Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Perché non vogliamo mai nel cielo

Molecole malate, ma note musicali

che formino gli accordi

Per una ballata di pace, di pace, di pace


Con i Giganti per la stesura di testi e musica collaborava anche un giovane migliarinese che partecipò anche ad una edizione del Festival di Sanremo. Era il 1975 e il festival si trovava in una parabola discendente d’interesse, disertato dalla quasi totalità dei cantanti di grido del momento a causa di disaccordi tra il comune di Sanremo, organizzatore della manifestazione, e le case discografiche, che decisero di boicottarla non inserendo cantanti celebri nel cast di artisti in gara.


Goffredo Canarini (1939-2002) cantautore migliarinese emigrato a Milano per lavoro, vi partecipò con la canzone “Scarafaggi” che ebbe una buona critica nonostante un modesto piazzamento finale. Fa impressione vedere quanti anni sono già passati dalla sua morte mentre il ricordo della sua amicizia rimane vivo in noi che lo abbiamo conosciuto.


I miei ascolti giovanili andavano di solito ai cantautori del tempo, dove i temi sociali abbondavano e i sentimenti nelle canzoni erano espressi con più melodia, mentre il rap made in USA non era ancora arrivato. D’altra parte ogni nuova generazione ha sempre avuto il suo particolare modo di esprimersi.


Negli anni seguenti il Festival riprese quota e cominciarono ad emergere quelli che sarebbero diventanti veramente grandi. Nel 1982 a Sanremo fece la sua comparsa uno sconosciuto Vasco Rossi che suscitò polemiche con una canzone inconcepibile per quel tempo come “Vado al massimo” e nel 1985 Zucchero Fornaciari con tanto di cappellino si classificò agli ultimi posti con la sua deliziosa “Donne”. Furono subito eliminati ma fecero capire che non solo la musica ma anche i giovani e il mondo stavano cambiando.

 

Ora è cambiata di nuovo, i cuore e amore delle prime edizioni sembrano quasi scomparse e i testi sono diventati quasi ermetici tanto che, dopo aver ascoltato la canzone, talvolta è necessario andare a guardare in Internet cosa avesse voluto dire.


Ma ora veramente il Festival è diventato qualcosa di diverso dalla semplice gara canora che era in passato. Diciamo che la gara esiste ancora ma negli ultimi anni per il contributo dei vari conduttori che si sono dimostrati innovativi, è diventato un’altra cosa. Per la costante ricerca dell’audience i temi musicali sono stati, se non sovrastati, almeno parificati ad altri temi più contingenti e importanti sul piano sociale e anche politico. Purtroppo in questa ricerca di innovazione si sono riscontrati anche diversi momenti di autentico squallore.  


Non credo si possano classificare come modernità, progresso, emancipazione alcuni episodi trasgressivi di cattivo gusto che più che colpire dovrebbero far preoccupare per la deriva decadente che sta prendendo la nostra società. A volte la semplice ricerca dell’audience rende gli uomini-artisti immemori della loro dignità e del ruolo che rappresentano per le generazioni di giovani che li seguono sui canali social.


Comunque alcuni hanno applaudito al nuovo format non esclusivamente musicale per la introduzione di temi di rilevanza sociale, altri hanno definito l’edizione come “di sinistra” per i temi toccati invocando cambi alla direzione RAI, altri ancora lo hanno stroncato come il governatore De Luca che lo ha definito il “festival degli infelici”.


Per l’intervento di Benigni se qualcuno ne ha apprezzato la "letio magistralis" su una Costituzione inappuntabile per chiarezza e principi universali, altri ne hanno invece criticato le eccessive lodi vista la distanza che esiste, nel nostro Pese, fra il principio (nobile ) e la cruda realtà quotidiana della sua applicazione. Cosa che riguarda più di un articolo e non solo per la guerra a cui stiamo in maniera non dichiarata partecipando, in violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione.
  
Un Festival comunque ben diverso dalla manifestazione nazional-popolare del primo Pippo Baudo e se importanti sono stati i vari interventi sui diritti individuali e sulle libertà civili, spesso messi in dubbio o trascurati completamente assenti sono state le tematiche sociali: i salari da fame, la mancanza di lavoro, la povertà e la precarietà di molte famiglie. Le difficoltà materiali di molti nuclei familiari in questo Festival non hanno trovato spazio.


Ma forse quello della platea dell’Ariston non era il posto più adatto per parlare di questi temi.


Il Festival di Sanremo sembra comunque essere diventato veramente un evento diverso e straordinario, dove la musica, una volta regina, viene insidiata nel suo trono da eventi diversi che sono, in fondo, lo specchio di cosa sta diventando il paese. La rivendicazione di sacrosanti diritti civili dimenticati che si sommano alle distruzioni di fiori, all’elogio della prostituzione e alla simulazione di atti sessuali sono cose veramente nuove viste in un Festival della canzone.


Forse dobbiamo abituarci perché il Festival sembra diventato il naturale specchio di un paese dove lo share di ascolto della manifestazione arriva al 69% mentre quello dei votanti alle regionali di Lazio e Lombardia si ferma appena al 40%.

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