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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
di Mario Lavia
Il Carnevale di Elly. Ora sono tutti con Schlein, ma lei dovrà fare attenzione a non perdere pezzi del Pd per strada

28/2/2023 - 9:01

Il Carnevale di EllyOra sono tutti con Schlein, ma lei dovrà fare attenzione a non perdere pezzi del Pd per strada

La leader votata dal 53,8 per cento degli elettori rischia di avere contro una parte non così piccola del partito: alcuni sono già usciti, altri l’aspettano al varco, soprattutto sugli aiuti all’Ucraina

L’ebbrezza della vittoria fa volare di gioia Elly Schlein, comprensibilmente strafelice dell’inatteso risultato delle primarie e galvanizza le prime, seconde e terze file che si vanno accalcando dietro di lei già pregustando ruoli più o meno importanti ma comunque da loro non previsti fino a domenica.

Quando una volta l’allora newcomer disse che non ci sarebbero mai stati gli schleiniani – dopotutto, sarebbe stato difficile anche solo pronunciare bene la parola – si sbagliava: da ieri sono tutti schleiniani in ossequio a una prassi immemorabile che prevede la famosa corsa a salire sul carro dei vincitori, e per molti anzi si tratta solo di incassare il dividendo magari per interposto familiare: ed è in base a questa logica che si parla insistentemente di Michela Di Biase, moglie di Dario Franceschini (forse concausa dello strano posizionamento del marito dietro la movimentista Elly) come capogruppo alla Camera – Debora Serracchiani ha praticamente già rimesso il mandato nella consapevolezza che quella postazione tocca a uno di Elly.

Comunque “Dario” aveva visto giusto quando diceva in giro che la gente vuole la novità, ha puntato e ha vinto, e questo lo candida naturaliter a uomo forte del “nuovo Pd”. Lei, Schlein, vuole anche il capogruppo del Senato – qui si parla di Francesco Boccia, gran regista organizzativo della scalata – e una segreteria “monocolore” formata da donne e uomini nuovi e meno nuovi (nel frullatore dei nomi: Marco Furfaro, Rosella Muroni, Marco Sarracino, Chiara Braga, Chiara Gribaudo, Marta Bonafoni – più improbabile il capo delle Sardine Mattia Santori).

Tutto bene? No. No, perché Elly ha certamente vinto – il 12 l’incoronazione alla Assemblea Nazionale – ma un vincitore (o una vincitrice) intelligente proprio perché è forte non dovrebbe esagerare. È quello che le consiglia Franceschini, mentre Boccia è per non fare prigionieri.

Il Pd non è di proprietà di Elly Schlein. E non solo perché ha preso il 53,8 per cento – non il settantacinque per cento di Veltroni o il sessantasette di Renzi e nemmeno il sessantasei di Zingaretti – cioè il minimo storico per un segretario eletto, ma poi perché in numeri assoluti la sua è stata la performance peggiore, non foss’altro per il fatto che i votanti sono stati sensibilmente meno delle altre volte, un milione e centomila: per l’esattezza ha preso 587.010 voti contro i 505.032 del suo rivale. Ora quel quarantasei per cento di Stefano Bonaccini in buona parte è destinato a migrare verso la nuova leader ma costituisce pur sempre un’area di una certa importanza, oggi e domani.
Quando i coriandoli e le stelle filanti del gran Carnevale di Elly saranno state spazzate via dalle scope della politica resterà comunque un pezzo di Partito democratico, e di elettorato del Partito democratico, che non sarà con lei, magari senza farle la guerra (per fare la quale occorrono generali e colonnelli di cui i riformisti dem oggi non dispongono), ma di cui farà bene a tenere conto.

I contraccolpi della vittoria della deputata bolognese al momento sono imprevedibili e probabilmente nelle prossime settimane saranno poca cosa: ieri Giuseppe Fioroni, ex dirigente del Ppi, della Margherita e componente della prima segreteria di Walter Veltroni, ha lasciato il partito e sta lavorando con altri cattolici democratici ad una sua struttura che forse cercherà spazio nel Terzo Polo. Mentre Giorgio Gori ha fatto un ragionamento molto lineare: ora si resta nel Partito democratico e vedremo le scelte che Schlein farà, chiarendo che (l’esempio è cruciale) se sull’Ucraina la neosegretaria dovesse modificare la posizione atlantista e favorevole al sostegno militare a Kyjiv a quel punto restare nel partito diverrebbe insostenibile.
È lo stesso ragionamento che va facendo il nome di maggior peso dei riformisti, quel Lorenzo Guerini che da ministro della Difesa ha costruito praticamente l’appoggio militare al Paese occupato da Putin: il giorno che il Partito democratico schleiniano dovesse votare contro un nuovo invio di armi Guerini lascerebbe l’aula.

E forse non solo l’aula, ma il partito.





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