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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Circolo ARCI Migliarino-6 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Attraverso il tempo (Cap. III)
ANTONIO PELLEGRINI
di Stefano Benedetti e Sandro Petri

5/3/2023 - 10:12

 

E arriviamo al terzo capitolo della storia di Pontasserchio nel corso di 300 anni.

Questa volta siamo nel 1881 , e periodo precedente, con una vicenda avvincente che è un giallo di Stato, la rappresentazione di situazioni politico-sociali descritte in maniera approfondita e documentata.

Una storia che oggi creerebbe una babele di titoloni sui giornali completamente dissonanti, ma che, purtroppo, indica anche la costante presenza di entità che molto si adoperano per confondere e mescolare le acque.

E che ci ricorda anche come Pontasserchio a quei tempi registrasse una presenza "criminale", in cui era inclusa la parte politica di gestione dell'ordine pubblico, di notevole rilievo.

Un testo un pò lungo, ma che sono certo verrà letto tutto d'un fiato, come un mini libro di quelli che "acchiappano" il lettore.

Sandro Petri

 


ATTRAVERSO IL TEMPO (capitolo terzo)

ANTONIO PELLEGRINI

di Stefano Benedetti

(tempo di lettura 12 minuti)

 

La vita, la biografia e ahimè la morte di questo appartenente all’Arma dei Carabinieri ci conduce verso un importante excursus storico e culturale non solo della nostra Pontasserchio ma anche, ed in maniera più netta e importante, verso quella che fu la situazione politico-sociale ed economica della nostra nazione nascente nell’ultimo quarto di secolo, nazione che dal 1861 si vide unita sotto la corona sabauda pur senza Roma, per annettere la quale bisognò attendere il 1870 affinché Papa Pio IX rinunciasse al potere temporale e rendesse possibile la definitiva Unità d’Italia.

Cosa c’entra, vi chiederete, un semplice carabiniere in tutto questo: passiamo allora agli antefatti.

Una delibera del Comune dei Bagni di San Giuliano del 21 luglio 1881 oltre a ricordarci che gli abitanti su un’area di 9.218 ettari già superavano le ventimila unità (nell’ultimo censimento del 1871 erano già 18.663) ci ricorda esplicitamente anche ci sono “parecchi malfattori” e che Pontasserchio è il paese “ove più di sovente sogliono accadere fatti gravi come anche è avvenuto nella notte del 3 luglio corrente perché appunto in detta località nei giorni festivi vi si agglomera molta della popolazione delle frazioni limitrofe”.

Pur accettando che il nostro paese già allora esercitava il suo importante ruolo di aggregazione nel nostro territorio comunale e non solo, non e’ certo edificante apprendere che comunque esso deteneva all’epoca un tale “primato” di cui agli atti.

In pratica, con questa delibera il Comune chiedeva aiuto al Prefetto e quindi al Governo al fine di insediare di nuovo (era stata chiusa già nel 1850) la Caserma dei Regii Carabinieri proprio in Pontasserchio allo scopo di riportare sotto controllo il paese stesso dal punto di vista dell’ordine pubblico.

Infatti le due Stazioni dei RR.CC di allora, quella dei Bagni che sorvegliava quasi tutte le frazioni del Comune e quella di Vecchiano (che si trovava a Migliarino) che aveva in carico lei stessa la tutela dell’ordine pubblico proprio di Pontasserchio, non erano sufficientemente in grado di svolgere il proprio lavoro visto il grave problema evidenziato.

 

Ma cosa era successo la sera della domenica 3 luglio 1881?

Il carabiniere in divisa Antonio Pellegrini era stato accoltellato a morte, colpito da sette pugnalate di cui due al cuore e trovato morto in una pozza di sangue sotto la Volta di Via Mazzini.

Roba non da poco quindi, ma questo malcapitato carabiniere ci porta ad un'altra storia ben più ampia e conosciuta.

Infatti il milite, ben prima di essere trasferito alla Stazione di Vecchiano e precisamente pochi anni prima, il 18 agosto del 1878 ed era sempre una domenica, si trovava sulle pendici dell’Amiata, vicino all’abitato di Arcidosso, per svolgere una non ben mai chiarita missione di piazza.

E qui entra nella nostra storia un altro personaggio ben più noto alla storia e non solo in Italia, Davide Lazzeretti, soprannominato “il Cristo dell’Amiata”.

Davide era un povero barrocciaio nato ad Arcidosso nel 1834, quasi analfabeta che condusse una vita anche dissoluta ma che, dopo una serie di sogni e visioni mistiche, ad un certo punto si inventò predicatore poi anche santone e prete e si fece promotore della fondazione di una setta, i “lazzerettisti”, poi chiamati “giurisdavidisti” che rivolgeva le sue attenzioni in particolar modo al riscatto delle classi più umili della popolazione.

Mise in piedi nel frattempo in Maremma un esperimento religioso-sociale, una comune agricola, ove i lavoratori della terra si univano mettendo insieme lavoro e campi da coltivare, condividendone i profitti e mettendo da parte ogni figura padronale, esperimento che funzionò e che creò sempre maggiori adesioni da parte del popolo contadino.

Il fatto però mosse aspra contrarietà e forti dubbi più che altro nella Chiesa che lo vedeva come un “concorrente”, nelle Autorità, che lo vedevano come un pericoloso capo popolo e più che altro nella grande proprietà terriera alla quale toglieva consensi e braccia da lavoro, nonché vigne, bestie e raccolti.

 

La terra di Toscana a quel tempo, come del resto tutta l’Italia e in particolar modo il Sud, in quella seconda parte dell’800, versava ancora in condizione di grande povertà, il latifondo e la grande proprietà terriera mantenevano immutato lo status quo secolare che vedeva la stragrande maggioranza della popolazione vivere in stato miseria o al limite di essa. L’800, che si aprì con l’imperversare in Europa di Napoleone e la successiva restaurazione autoritaria, non fecero altro che ribadire il grande divario tra i pochissimi ricchi e i moltissimi poveri.

Non a caso iniziarono intorno alla metà del secolo i flussi migratori tra gli strati più poveri verso le nazioni del nord europa prima e verso le Americhe subito dopo.

In questo periodo si attivarono però anche le grandi speranze risorgimentali di un mondo più giusto e più equo e cresceranno nel contempo le idee mazziniane, le idee socialiste, libertarie ed anche anarchiche che porteranno alle trasformazioni sociali del secolo che stava arrivando.

Ovviamente il tutto osteggiato e contrastato dal potere costituito, che transitando dal Granducato di Toscana dopo il plebiscito del 1860 alla nuova nazione italica, aveva pressoché lasciato invariata la preesistente situazione sociale.

 

Per tornare alla nostra narrazione più “locale” era facile quindi intuire che il “Cristo dell’Amiata” avesse trovato numerosissimi appoggi presso la popolazione meno abbiente e che alle autorità questo non andava affatto di buon grado.

Immaginiamoci allora quella domenica afosa dopo ferragosto il Lazzeretti con le sacre insegne in testa ad una processione di tremila e più persone che sfilava per le strade amiatine e immaginiamoci uno stuolo di militari inviati dal Prefetto e con a capo un tal De Luca (personaggio alquanto discusso) che con la fascia tricolore al petto da l'alt" a una folla per niente impressionata e intenzionata a fermarsi e disperdersi.

A quel punto i carabinieri con baionetta innestata aprono il fuoco ma tutti i colpi o non partono o vanno a vuoto.

Evidentemente i figli del popolo quel giorno non avevano voglia di sparare a uomini disarmati con donne e bambini per mano. Immediatamente però un solerte milite imbraccia il suo moschetto d’ordinanza, un Vetterli Mod. 1870 cal. 10,35, lo poggia sulla spalla di un collega e spara un colpo, un solo unico colpo che colpisce dritto in fronte in mezzo agli occhi il nostro Davide Lazzeretti che stramazza al suolo e di lì a poco morirà.

Immaginiamoci il trambusto e il disordine che si verificò a quel punto e che lasciò a terra purtroppo altre tre persone morte e molte decine di feriti tra la moltitudine di partecipanti alla manifestazione.

Il milite in questione che sparò quell’unico fatidico colpo era il carabiniere Antonio Pellegrini.

Il processo che fu imbastito presso la Corte di Assise di Siena nell’autunno successivo quasi quasi ci mancò poco che non desse la colpa tutta ai morti, infatti le Autorita’ furono tutte assolte con formula piena compreso il De Luca, che oggi definiremmo uomo dei “servizi” e pure fu assolto anche il Pellegrini nonostante venisse rilevato dagli atti del processo che lui non era in servizio presso nessun comando del posto e perdipiù risultava addirittura in licenza per quel giorno.

Infatti il Carabiniere Antonio Pellegrini, matricola 5095, Legione di Firenze, fu dopo breve tempo trasferito in servizio presso una stazione vicino a casa (era livornese) quella appunto di Vecchiano.

 

Dall’Archivio dell’Istituto del Nastro Azzurro si legge: “Il Car. Antonio Pellegrini è stato insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per aver preso parte e contribuito il 18 agosto 1878 nel reprimere in Arcidosso (GR) la rivolta di una turba di fanatici guidati da Davide Lazzaretti. Firenze, 2 gennaio 1879”.

Pure una medaglia prese.Il nostro Antonio però non si sarebbe mai immaginato di essere sfuggito indenne forse ad un complotto ordito dall’apparato statale contro un povero (questa volta si puo’ definire davvero) cristo come il Lazzeretti, per cadere nelle grinfie del Gancio.

 

Il Gancio? Chi era costui? Il suo assassino!

La Pontasserchio del 1881 sembrava, secondo le parole del Comune, almeno nei festivi, un luogo non raccomandabile, eppure c’era sempre pieno di gente che proveniva anche dai paesi limitrofi.

Vediamo di rifletterci un pò di più su cosa fosse il nostro paese a quel tempo.

 

Poco più di un migliaio di abitanti al Ponte di cui l’80% analfabeti, tre figli in media a famiglia, mortalità infantile da paura, non una scuola pubblica (ce n’era solo una privata, molto piccola), l’aspettativa di vita media non arrivava ai 60 anni, non c’era ancora illuminazione elettrica e nemmeno acqua potabile nelle case e la maggior parte della popolazione era impiegata nel bracciantato agricolo.

Va rilevato comunque la presenza presso abitazioni e cantine di più di cento telai a mano per la produzione di stoffe, che davano lavoro (da fame) a donne e anche a bambini, un solo medico condotto e un ospedale a Pisa talmente irraggiungibile che o non ti ci portavano affatto o ci arrivavi già cadavere.

Si stava però organizzando un certo associazionismo sindacale in relazione all’avvento del tessile che comunque tentava di rivendicare almeno il minimo possibile per la sopravvivenza di sé e dei propri (tanti) figli.

Si leggeva nell’aria che i tempi stavano cambiando o meglio dire che sarebbero cambiati prima o poi, ma quando di preciso ancora non si sapeva.

E’ chiaro che con una situazione sociale come questa che si può tranquillamente definire drammatica esisteva una parte consistente della popolazione ai margini della legalità, che aveva bisogno secondo le autorità, di un “controllo” sociale e di polizia.

Non solo “delinquenti” politici, non a caso il Casellario era pieno di nostri antenati concittadini segnalati come “socialisti”, “anarchici”, “rivoltosi”, “sobillatori” (e questi la maggior parte, oltre costretta a lasciare figli dentro la Ruota dei Trovatelli, fu spinta all’emigrazione), ma anche “delinquenti comuni” come si direbbe oggi.

 

E il flagello della domenica quale era? Il Vino!

Due ritrovi a Limiti, quattro o cinque mescite in Borgata e un paio a Strada, facevano sì che gli animi si scaldassero facilmente intorno ai tavolini.

Gancio, al secolo Luigi Del Gratta, nostro paesano (del quale scriveremo un capitolo e una biografia a parte) era uno di questi delinquenti comuni che trovavamo a giro per il paese a quel tempo.

Nel dettaglio in quel 3 luglio 1881 iniziò tutto prima in una mescita di Limiti dove il Gancio con due suoi figli e un amico bevvero, si ubriacarono e non pagarono (ovviamente) il conto e per farsi ragione tirarono fuori anche i coltelli e ferirono alla testa l’oste tale Varé e un malcapitato che tentata di dividerli.

A quel punto furono chiamati e allertati (non sappiamo dirvi in che modo) i carabinieri di Vecchiano che appena giunti al Ponte si imbatterono nel gruppo dei quattro facinorosi che nel frattempo si erano recati a consumare alla loro maniera in altro locale della Borgata.

Il Brigadiere Mingal e il Carabiniere Pellegrini, visto il precedente dei coltelli a Limiti di poco prima, la resistenza a pubblico ufficiale e la parata a cui si trovarono di fronte immaginiamo davanti a mezzo paese accorso in strada, furono costretti all’arresto dei quattro violenti avventori.

Erano già le 22 di sera, la luna non era ancora al primo quarto ed il buio era già calato su Pontasserchio quando i due carabinieri tentarono di scortare in caserma a Vecchiano i quattro malfattori arrestati ma transitando sotto la Volta, accadde il fattaccio.

Non sappiamo bene riferirvi la dinamica, ma possiamo facilmente immaginarla: il Mingal ferito non gravemente al ventre, salvato dalla bandoliera bianca che fortunosamente gli aveva deviato una coltellata dritta in pancia e il Pellegrini riverso esanime per terra in un lago di sangue.

 

Dal libro dei morti conservato nell’archivio parrocchiale di Pontasserchio, datato 4 luglio, si legge: “Antonio Pellegrini di Giuseppe e di Batti Cesira nato in Livorno, Carabiniere alla Stazione di Vecchiano morto da mano omicida circa alle ore 22 anteieri, in età di anni 27.

Senza aver ricevuto nessun conforto di nostra S.S. Religione perché chiamato troppo tardi il sottoscritto Parroco ed oggi dì suddetto dopo le esequie fatte a questa chiesa fu accompagnato al Camposanto di questa pieve con l’intervento dei R.R. Carabinieri, ove all’ora legale fu sepolto” - a firma del Pievano, Don Atanasio Pagni.

 

E ciò che si rileva dalla cronaca non è tanto che il Pellegrini morì senza estrema unzione ma quanto che il milite ferito irrimediabilmente, morì dissanguato per strada senza che nessuno, eppure siamo in pieno centro paesano, fosse andato in suo pietoso soccorso e questo ci fa riflettere sulla reale situazione sociale che si era venuta a creare in paese a quel tempo.

A questo punto non ci rimane che accompagnare alla conclusione i nostri protagonisti di questa storia che si annoda in cose piccole e grandi del nostro passato.

Luigi Del Gratta, il Gancio, sarà condannato per omicidio volontario a 20 anni di lavori forzati ma morirà libero guarda caso nel 1898, proprio in un’osteria di Porta a Lucca a Pisa, non sappiamo dirvi se al momento dell’omicidio fosse stato consapevole dei fatti pregressi del milite in relazione al precedente omicidio dell’Amiata ma lo escludiamo anche se magari il Gancio l’avesse saputo se ne sarebbe magari, tra un gotto e l’altro di rosso, vantato come vendicatore.

Davide Lazzeretti (o Lazzaretti come meglio a lui piaceva) sappiamo già che morì il giorno stesso ma non fu dimenticato dai suoi seguaci (il suo ultimo prete è morto nel 2002) e neanche dalla storiografia del Risorgimento. Pontasserchio due anni dopo il fattaccio, nel 1883, ebbe di nuovo la sua bella Caserma dell’Arma dei Carabinieri nel palazzotto di via Mazzini, dismessa solo tre anni fa in favore di una sede più adeguata ai tempi e per finire, il Carabiniere Antonio Pellegrini ebbe il suo ultimo riconoscimento postumo: sempre dal Nastro Azzurro si legge

“Il Car. Antonio Pellegrini è stato insignito di Medaglia d’Argento al Valor Militare pel coraggio dimostrato il 3 luglio 1881, nella circostanza di una grave rissa avvenuta in Pontasserchio (PI), nella quale rimase ferito mortalmente; Firenze, 8 agosto 1881”.

 

Però non ci è dato sapere, perchè la storia non ha mai chiarito la reale dinamica, se veramente fosse stato lui il vero responsabile dell’omicidio del “Cristo” e se del fatto, egli, se ne sia eventualmente in seguito pentito.L’ultima immagine però la voglio riservare alla Volta nostra, alla volta di muro nel pieno cuore della Borgata, anche lei a pieno titolo protagonista della storia, con quella sua angusta strettoia quasi opprimente, con quelle sue zannelle improbabili, con quel muro scrostato e scalcinato, con quella luce che arriva da fuori sempre di sbieco e non ti da mai punto fermo e con quelle sue ombre di tanti grigi diversi come gli anni che ha visto trascorrere.

 

E con la sua fisiognomica che sembra una faccia vivente, con le sue finestre che sembrano i suoi occhi che ti guardano spalancati e con la sua bocca che sembra una bocca di balena che ti vuole inghiottire per poi sputarti lontano.Che una notte del tempo che fu, inghiottì un povero ragazzo e tutto un mondo passato.

 

Per la ricerca storico-documentale archivistica, un ringraziamento all’amico Gabriele Giachetti.

 

Bibliografia essenziale:

-L.Esuli, Pons ad Serclum, un secolo di storia. -Ed. Il Compasso

-R.Gremmo, Davide Lazzeretti, delitto di Stato. -Biella, Storia ribelle, 2002

-D.Piccini, Il Cristo dell’Amiata. -Ilmiolibro s.p.2002

 

Fonti archivistiche:

-Archivio Istituto Nazionale del Nastro Azzurro

-Archivio Storico del Comune di San Giuliano Terme

-Archivio Parrocchiale di Pontasserchio

-Archivio Digitale Familysearch.org

 

Legenda fotografica:

1- La Volta in borgata. Luogo del malfatto.

2- La Borgata, veduta verso la Chiesa. Foto d’Epoca

3- La Borgata, veduta verso Strada. Foto d’Epoca

4- La vecchia Caserma dei Carabinieri (1883-2020)

5-6- Davide Lazzaretti. Foto d’Epoca - d.r

7- Uccisione di D.Lazzaretti. Stampa d’Epoca- d.r

8-9- Estratto Atto di Morte di A.Pellegrini

10- da “La Nazione” del 7 luglio 1881 - Notizia dell’accaduto

11- da “La Provincia di Pisa” del 9 lug. 1881 - Notizia dell’accaduto

12- da “La Croce Pisana” 14 gen. 1882- Notizia della Condanna

13-14- da “Bollettino delle Nomine” Min. della Guerra 20 ago. 1881 Dispensa 35 R.D. 24 febb. 1881. Attr. Medaglia d’Argento.

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