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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
Piccole Storie
Bandinella

9/3/2023 - 18:37


Lett: BANDINELLA.

[Asciugatoio lungo per le mani, girante sopra due rulli fissi al muro, uno in alto e l’altro in basso, usato nelle scuole, nei collegi ecc.] [Da Banda, striscia, specie di lungo asciugatoio per le mani, che per lo più si tiene nelle sagrestie e ne’ refettorio dei frati].
  
In dialetto si indicava comunemente con bandinella l’asciugamano attaccato ad un chiodo dietro l’uscio [dal latino ostium, porta, da os bocca, sbocco, apertura].
Spesso questo era solo uno scampolo di tessuto, comprato come tale oppure ricavato da pezzi di stoffa smessi perché consunti o rovinati dall’uso.
Scampolo era chiamato l’ultimo pezzo di stoffa rimasto in fondo al rotolo di tessuto, ed anche l’avanzo del taglio di una pezza più grande, di dimensioni non adatte a farne indumenti od altro. Proprio per questo veniva venduto ad un prezzo più basso e le massaie lo acquistavano per questi usi minori, come per farne asciugamani o tovaglioli, o qualche sottanina per la bimba.


Talvolta era di canapa, come quella delle lenzuola.
La coltivazione della canapa era comune nelle nostre campagne e la pianta era la fonte primaria per la produzione delle stoffe.  La sua lavorazione prevedeva, dopo il taglio, una lunga macerazione nei campi per l’estrazione delle fibre tessili che venivano poi raccolte, trattate con un attrezzo per rompere la spessa cuticola ed infine filate dalle donne per farne lunghe pezze di stoffa da cui si ricavavano tovaglie e lenzuoli [il plurale è lenzuoli se presi singolarmente, lenzuola se ci riferiamo a quelli messi nel letto-ndr].


La canapa è stata coltivata in Europa fin dal V° secolo a.C. ed adoperata per tantissimi usi: tessuti, carta, corde, olio, medicine; la Bibbia di Gutemberg era stampata su carta di canapa e di canapa erano i primi jeans, di canapa le tele dei pittori da Leonardo a Picasso.
La fibra tessile che si ricavava dalla pianta era però piuttosto dura e la tela che se ne ricavava molto rigida, poco maneggevole e ruvida. Per questo i contadini usavano mescolarla con una certa quantità di cotone, non coltivabile nei nostri climi temperati, che andavano ad acquistare a Lucca che era la sede di un famoso mercato.

 

NOTA
La canapa era una voce importantissima nell’economia regionale già dal XV secolo. Fino ai primi anni del Novecento in Toscana si coltivavano oltre 80.000 ettari soprattutto nelle località di Garfagnana e Valle del Serchio e tutto sul territorio della Versilia moderna e Versilia storica. In particolare a Camaiore venivano creati cordame e attrezzatura per le barche; a Viareggio tessuti e filati. 
Fu così fino agli anni cinquanta del secolo scorso, quando poi la canapa è stata sostituita al cotone e fibre meno costose, per non parlare poi delle fibre artificiali che richiedevano meno forza lavoro. La caduta lenta del settore avvenne già a partire dagli anni trenta quando la canapa subì una incredibile campagna denigratoria. Le sue caratteristiche naturali, come la resistenza, la proprietà di adattamento, la velocità di crescita e la facilità di averne in abbondanza ed in maniera diffusa, apparivano come una minaccia agli occhi delle industrie concorrenti. 


Dopo averla raccolta, la si lasciava macerare vicino a fiumi e torrenti o in “fontoni”. Le donne poi la lavoravano per fare dei tessuti per lenzuola, fodere per guanciali, asciugamani, strofinacci o come semi per farine, oli profumati. 


La lavorazione della canapa richiedeva però un certo savoir-faire. Non era infatti considerato un lavoro umile lasciato solo alle donne contadine che si occupavano dei filamenti. Le tessitrici appartenevano a ceti più elevati e i nobili consideravano i loro prodotti di prestigio data la lunga lavorazione e la freschezza dei tessuti.


Dopo gli anni ’50 si provò a riproporre l’uso della canapa nel commercio di prodotti tessili ma con serie difficoltà. Furono gli anni in cui dall’America provennero una serie di propagande a sfavore di questo materiale fino al 1973, anno in cui la canapa venne riconosciuta come droga all’interno del nome marjuana.
Dopo gli anni ’70 pochissime aziende in Toscana riuscirono ad andare avanti o a ricominciare da zero. 


Solo negli anni 80 c’è stato un nuovo boom e alcune aziende hanno ripreso a lavorarla in ogni sua forma e che oggi rilanciano l’amore per i vecchi tessuti sui propri e-commerce realizzando accessori come pochette a sacco, zaini e le borse per il mare. Anche tanti altri prodotti sembrano andare in voga: dalla pasta, ai semi, alle infiorescenze da piantare fino a prodotti della cosmesi e il benessere con oli e prodotti per la bellezza e salute psicofisico. Quest’ultimi sembrano un vero e proprio business in questo momento dato che il periodo attuale ha portato ad un aumento esponenziale di problemi collegati allo stress e all’ansia. 

 

La canapa potrebbe così rappresentare per un’intera regione un modo tradizionale di rinnovamento e sviluppo soprattutto nel periodo in cui viviamo per il suo basso impatto ambientale e la versatilità nei suoi impieghi che non sono mai troppi. Se regolamentata e introdotta in nuovi sistemi di industrializzazione, potrebbe essere anche un patrimonio nazionale su cui crescere e investire. 
 
 

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