In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Libro Terzo delle Laudi del Cielo del Mare della Terra e degli Eroi
Bocca di Serchio
Ieri era il 160° compleanno di Gabriele D’Annunzio e avrei voluto festeggiarlo con Voi, ma la foto che avevo in archivio non riuscivo a trovarla più (immaginatevi il perché). Solamente ora ho trovato il poco noto scritto del Vate, addirittura autografato.
La poesia dannunziana non è sempre facile a farla nostra, ma questa volta, complice lo stesso amore che noi abbiamo per il luogo descritto, vale la pena di cercarlo su internet.
Io riporto solamente la fine, ma vi è un altro amore che si manifesta in questa laude: la passione per i cavalli e cosa c’è di più bello che cavalcare in una pineta litoranea diversa da quelle di Bocca d’Arno o San Rossore,
Nella nostra ovviamente e il Vate si adatta a seguire la via diplomatica con questa lettera da consegnare al Duca Salviati.
(n.d.r.) il duca al quale deve farsi la richiesta è Antonino, unico figlio maschio del notissimo illuminato Scipione.
[…] Ecco l’erba, ecco il verde, ecco una canna.
Ecco un sentiere erboso.Guarda, al fondo,
guarda i monti Pisani corrucciati
sotto le vaste nuvole di nembo.
Non odi gracidìo di corvi
là verso il mare? Scendono alla foce
del Serchio a branchi, e tesa v’è la rete,
dissemi il cacciatore di Vecchiano.
Il Serchio è presso? Volgiti all’indizio.
Ecco la sabbia tra i ginepri rari,
vergine d’orme come nei deserti.
Si nasconde la foce intra i canneti?
La scopriremo forse all’improvviso?
Ci parrà bella? No, non t’affrettare!
Lascia il cavallo al passo.È dolce l’ansia,
e viene a noi dal più remoto oblio,
vien dall’antica santità dell’acque.
Liberi siamo nella selva, ignudi
su i corsieri pieghevoli, in attesa
che il dio ci sveli una bellezza eterna.
Non t’affrettare, poi che il cuore è colmo.
Bocche delle fiumane venerande!
Lungo le pietre d’Ostia è più divino
il Tevere. Soave è nei miei modi
l’Arno. Il natale Aterno, imporporato
di vele, splende come sangue ostile.
E l’Erìdano vidi, e l’Achelòo,
e il gran Delta, e le foci senza nome
ove attardarsi volle invano il sogno
del pellegrino. Ma che questa, o Ardi,
sia la più bella mi conceda il dio;
perché non mai fu tanto armonioso
il mio petto, nè mai tanto fu degno
di rispecchiare una bellezza eterna.
ecco il nato dei monti.Oh, mistero!
La verde chiostra accoglie i vóti,
qual vestibolo di tempio silvano.
I pini alzan colonne d’ombra intorno
al sacro stagno liminare che ha
per suo letto un prato di smeraldi.
Nel silenzio l’imagine del cielo
si profonda: non ride né sorride,
ma dal profondo intentamente guarda.
Odi la melodia del Mar Tirreno?
Tra le voci dei più lontani mari,
nell’estrema vecchiezza, nell’orrore del gelo,
il sangue mio l’imiterà.
E la cerula e fulva Estate
sempre io m’avrò nel mio cuore.
Odi sommesso carme che ci accompagna
per l’esiguo istmo sembiante al giogo d’una lira.
Tutto è divina musica e strumento
docile all’infinito soffio.
Guarda per la sabbia le rotte canne, guarda
le radici divelte, ancor frementi di
labbra curve e di leggiere dita!
I musici fuggevoli con elle
modulavano il carme fluviale. […]
[…] Scendi dal tuo cavallo, Ardi Ecco il fiume,
ecco il nato dei monti. Oh meraviglia!
Ei porta in bocca l’adunata sabbia
fatta come la foglia dell’alloro.
T’offriamo questi giovini cavalli,
o Serchio, anche t’offriamo i nostri corpi
ov’è chiuso il calor meridiano.
Anelammo d’amore per trovarti!
Sgorgar parea che tu dovessi, o fiume,
dal nostro petto come un sùbito inno.
Dio tu sei, dio tu sei; noi siam mortali.
Ma fenderemo la tua forza pura.
La più gran gioia è sempre all’altra riva.