Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Introduzione: Sono una donna a cui piace scrivere e che a un certo punto del suo cammino (adesso ho poco più di 60 anni) si è trovata a fare i conti col destino che ha provato a metterla alla prova, come spesso accade. Ho passato periodi grigi, durante e dopo la pandemia, che mi hanno costretto, mio malgrado, a trovare (come scrivo nel breve racconto) una terza via per andare avanti. Sono ipovedente e un’anima solitaria alla quale, ad oggi, non manca la progettualità e la voglia di condividere le cose belle della vita: nel mio caso gli affetti, le amicizie, la passione per le parole, l’arte, la musica. Mi ripeto che sì, in effetti non posso fare tutto quello che facevo prima, ma se l’intelligenza è anche sinonimo di adattamento, sto cercando strade alternative al mio fare. Col tempo ci si adatta, e grazie a una buona dose di introspezione e i canali giusti, si va avanti. Con più lentezza, ma più forza. Con meno aspettative ma più coraggio. Non essendoci nata, disabile, il mio è costantemente, un cammino di ricerca e di scoperta; a volte scopro cose belle, altre no, ma serve tutto per resettarsi e continuare. Nello specifico intendo gli incontri nutrienti e fondamentali che ho avuto alla UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Pisa), necessari per affrontare il nuovo cammino, nel bene e nel male. Poi, nel processo di cambiamento, incide molto il tuo “punto di vista”, che mi dicono, si deve adeguare alla situazione. E così sto tentando di mettere in pratica i preziosi consigli, anche con qualche piccola reticenza della vecchia me. Cerco di chiedere, cosa alla quale non ero più abituata a fare, quindi di fidarmi e affidarmi al prossimo, perché da soli si va poco lontano. Penso sia una bella lezione di vita, per tutti, me compresa.
Cristina Lastri
La mente passa in rassegna almeno mezzo secolo di vita, poi scannerizza e classifica secondo il sentimento: eventi importanti, addirittura gioiosi e, viceversa, fatti tristi e dolorosi.
Al primo gruppo appartengono nell’ordine: arrivo della sorella quando non ci speravo più (1969), matrimonio (1987), laurea conseguita fuori tempo massimo (luglio 1990) e tre mesi dopo la cosa più bella del mondo, indescrivibile, come solo la maternità sa esserlo, la nascita dell’unica figlia. Nel 2001, infine, arrivò l’agognata immissione in ruolo come insegnante e nel 2011e 2016 sono diventata zia di due marmocchi “cioccolatosi” arrivati con l’aeroplano.
All’altro gruppo sono da annoverare partenze e abbandoni (a volte necessari e/o inevitabili), scene da dimenticare e brutti incontri, come quel ricordo indelebile di quando ero piccola e dovetti assistere a un litigio tra i miei genitori, che credo mi abbia segnato profondamente il carattere (fatto scoperto dopo molti anni e tanta autoanalisi); o quell’incontro amoroso sbagliato, quasi tossico, messo a fuoco troppo tardi. Altri fatti duri da metabolizzare sono stati la seconda gravidanza stroncata da un lieve tamponamento (1997), e una telefonata a casa che non avresti mai voluto ricevere (anni 2000 e di merda). In epoche più recenti metterei la rottura del matrimonio culminata con separazione e divorzio,e successivamente nel 2010 mia madre e mio padre (già malato) che lasciano la città per andare a godersi la vecchiaia e i futuri nipotini in campagna; l’ultimo addio coincide con l’abbandono del nido da parte di mia figlia ormai trentenne, laureata, con un lavoro e un compagno; in tutto ciò ho dimenticato di includete la morte di due persone significative per la mia crescita: mia nonna e mio padre.
Col tempo e la ragione ci si abitua al moto altalenante della vita, o perlomeno facciamo di tutto per adeguarci. E’ ciò che sto tentando di mettere in pratica da un anno a questa parte, da quando la mia vista si è fatta ancora più fragile e l’occhio sinistro, quello buono, è stato colpito da maculopatia miopica Ciò che mi contraddistingue caratterialmente, è l’autoironia: “finché regge la sinistra va bene”…ma anche “finché c’è viSta c’è speranza”… Poi capisci di essere come sul ciglio del baratro e che certi eventi ti cambiano totalmente la vita e non sai nemmeno dove collocarli: nel primo gruppo no di certo, ma nemmeno nel secondo. Forse esiste una terza via. La via delle possibilità, delle altre opportunità, sempre sotto l’egida della speranza e dell’ironia che auspico non mi abbandonino proprio adesso, quando da persona normale sto per varcare la soglia dell’universo disabile. In effetti dopo lo tsunami che si è abbattuto su di me lo scorso autunno, la mia vita è ancora in corso di assestamento: è un processo, una crisi, di fronte alla quale sto iniziando a s-muovermi; come tutti, dopo aver realizzato amaramente di non essere più in grado di fare certe cose, ho pensato al nuovo domani, che lo “scopriremo vivendo” come canta il vecchio adagio, senza “far finta di essere sani”. Sono in fase di “transizione ecologica”, come il nostro pianeta. Mentre finalmente questi pensieri positivi mi fanno visita, ringrazio il cielo di poter scrivere di me, ancora, e di condividere la sacra esperienza (nonostante i vari DPCM) con le amiche di penna della Casa della donna.
Scritto a fine 2020
C.L.