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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Circolo ARCI Migliarino-6 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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DANIELE SAMUELE CONTINO
di Stefano Benedetti e Sandro Petri

2/4/2023 - 9:56

E' la volta, in questa serie di articoli che ricorda un'ampia fetta di storia di Pontasserchio, di un personaggio probabilmente del tutto sconosciuto.

Daniele Contino ha trascorso solo un anno a Pontasserchio, ma è una figura ideale per offrire uno spaccato della vita sociale e perfino religiosa alla fine del 1800, ormai agli albori del '900.
Interessante è la descrizione dei luoghi a quel tempo, così diversi da ora, ma ancora perfettamente riconoscibili, come la presenza di una religione non ortodossa e molto attenta ai problemi sociali e politici, alla base dell'invito a Giuseppe Mazzini a partecipare alla Fiera ( la nostra Agrifiera...) il 28 aprile del 1871.


Sandro Petri
 
ATTRAVERSO IL TEMPO(Capitolo quarto)

DANIELE SAMUELE CONTINO

di Stefano Benedetti (tempo di lettura 10 minuti)

 

Mai come in questa biografia paesana prendiamo a pretesto una vita, una persona specifica che ebbe a che fare con la nostra Pontasserchio del passato al fine di inquadrare, di fotografare come in un'istantanea, l’epoca nostra e quella che era la vita e il vivere la comunità dei nostri antenati.

Bisogna fare uno sforzo di immaginazione e tornare indietro nel tempo, ai primi di ottobre del 1897 nella nostra Piazza del Mercato. Allora era una piazza bellissima in terra battuta e molto grande, comprendeva le due attuali piazze ancora unite, in quanto l’edificio della scuola (poi demolito ahimè negli anni ‘80, ora al suo posto si trova la Cassa di Risparmio) non esisteva ancora; era attorniata da un perimetro di platani già quasi centenari ed era il vero cuore del paese, della Vecchializia che fu.
Sono le 8 di mattina, le massaie sono già a raccogliere l’acqua presso la fontana col nasone, il bottaio sta già lavorando alle doghe e sta battendo il cerchio col martello ed alcuni cavalli sornioni sotto il comando impercettibile del barrocciaio a cassetta, si attardano ad iniziare la salita del Ponte con il loro barroccio dalle enormi ruote carico di fieno o di sabbia.Sette o otto bambini, al massimo una decina, si apprestano timorosi ad affrontare il loro primo giorno di scuola insieme a un’altra trentina di ragazzi e ragazze delle classi più grandi.

 

Non c’era ancora la scuola elementare pubblica al Ponte al momento della Unità D’Italia (perché quella verrà ricavata più tardi, forse metà anni ‘70 in un luogo di due stanzette, non sappiamo di preciso dove, fatiscente e bisognose di interventi come si legge in una relazione tecnica comunale del 1880, in attesa della edificazione della nuova scuola in Piazza del Mercato, ormai già a inizio ‘900) ma comunque c’era già una piccola scuola privata, la prima in assoluto a Pontasserchio, gestita dalla Libera Chiesa Evangelica con la sede proprio al lato della piazza dalla parte dell’argine del Serchio.

Un giovane maestro premuroso e volenteroso, con accento del nord, vestito in giacca e pantaloni neri e camicia bianca, sfoggiando i suoi baffoni, accoglie uno per uno e li toglie dalle mani delle mamme, i nostri bambini e bambine e li accompagna in classe, una piccola stanzetta con due finestre, proprio lì, accanto alla Chiesa.

Questo maestro era il pastore evangelico di Pontasserchio, si chiamava Daniele Samuele Contino ed era nato il 27 Gennaio del 1871 a Fara Novarese, aveva quindi da poco compiuto ventotto anni e da pochi giorni era stato ordinato Pastore.
Lo immaginiamo un uomo tenace e volitivo, pur avendo su di lui i pochi cenni biografici che la storia minuta ci ha lasciato.
Un piemontese di quelli sulle sue rispetto all’esuberanza toscana, ma comunque aperto e con tanta voglia di darsi da fare, figlio di un altro Pastore, il padre Innocenzo e di Angela Caneva, che morì quando lui non era ancora diciottenne; un ragazzo quindi che aveva vissuto tutta la sua gioventù e i suoi primi studi a Torre Pellice, vicino a Torino.


Torre Pellice, la più piccola città d’Italia ad avere un Ghetto, in questo caso Valdese e non Ebraico, dove da almeno trecento anni si respirava discriminazione sociale e emarginazione religiosa di un credo per niente accettato dal susseguirsi dei vari Stati e ovviamente anche fortemente avversato dal Papa di Roma.
Lui è lì che si forma nel credo e negli studi e poi andrà a conseguire la sua laurea in teologia in Germania a Lipsia.

Appena laureato, ordinato pastore fu assegnato come primo incarico alla Libera Chiesa di Pontasserchio.

 

Anche il suo primo giorno a Pontasserchio, immaginiamo, fu certamente come il primo giorno di scuola della sua vita reale, con una realtà sociale che era la nostra in quella fine del secolo ‘800 che lo vide con noi in paese solo per un anno, a lui non sappiamo ma a noi più che sufficiente per fissarlo nel tempo.

In Italia, all’incirca dopo il 1861 anno dell'Unità, (ancora senza Roma) quando iniziò ad esserci una qualche libertà di culto e di espressione, sorsero una quarantina di libere chiese che avevano la caratteristica di non essere allineate né col cattolicesimo, né con i protestanti, ma appunto erano “libere” e nascevano dallo spirito e dai loro finanziatori anglosassoni (inglesi e americani) che vedevano ancora l’Italia una “terra di missione”, (un pò come poi fu vista da noi l’Africa nel secolo successivo) ancora in ritardo rispetto ai già ampiamente industrializzati ricchi stati del Nord Europa, quali Francia, Germania e Inghilterra, e quindi degna di essere assistita, vista la sua arretratezza e "risvegliata" dal punto di vista sociale, scolastico, sanitario, culturale e religioso.

 

La Libera Chiesa di Pontasserchio che dipendeva da quella di Pisa, (il fabbricato che la accoglieva è tuttora esistente ed è ora una abitazione civile) fu proprio una di queste chiese e il nostro Daniele, fu uno dei suoi pastori che si susseguirono nel tempo.

 

Ma come era nata questa Chiesa?

Con molta probabilità grazie ai soldi di una filantropa scozzese, Susan Helen Carruthers, una ricca borghese che si era trasferita a Pisa nel ‘61 e che ci restò, fino alla morte che avvenne il 7 marzo 1905, per più di quarant’anni.
Arrivò a Pisa proprio il primo anno dell'Unità perché commossa dalle crudeli violenze ricevute dagli Evangelici pisani durante gli ultimi anni della restaurazione granducale nel 59/60 e fondò a proprie spese anche una scuola a Ghezzano (poi trasferita a Cisanello) e durante questi anni pubblicò vari scritti relativi alla didattica e all’insegnamento non solo religioso nelle scuole.

Un’altra figura importante per lo sviluppo della chiesa di culto pontasserchiese, oltre alla S.H.Carruthers, fu il Rev. Agostino Pierotti che viveva (e morì) proprio al Ponte e che fu anche Vice Sindaco di Pisa.
Queste due personalità ebbero vari contatti con l’Intellighenzia socialista e repubblicana della Toscana e della nostra città e qui va ricordato il fatto che Giuseppe Mazzini, in visita a Pontasserchio il giorno della fiera del 28 aprile del 1871, fosse stato invitato proprio da questa comunità evangelica con la quale egli aveva stretti legami.

Condividevano infatti le idee liberali di riscatto politico e sociale ed anche, fattore da non poco, la comune avversione verso la reazionaria Chiesa di Roma incarnata nell’ultimo Papa-Re Pio IX.

 

Ma ritorniamo a quella mattina d’autunno del 1897 e al nostro primo giorno di scuola. Insegnare a leggere a questi bambini non era solo una meritoria coscienza sociale ma qualcosa di più per la Libera Chiesa, era il modo per dare la possibilità a chi imparava a leggere e scrivere, di poter avere contatto diretto con le Sacre Scritture, con la Bibbia e il Vangelo e leggere, comprendere e pregare, senza il tramite di nessuno, tutto questo in netto contrasto con il Cattolicesimo, che allora, oltre che ad avocare ai suoi sacerdoti la Lettura della Parola di Dio, la esercitava addirittura ancora in Latino, lingua del tutto sconosciuta e incomprensibile alla povera gente, che era tanta a quel tempo.

E a Pontasserchio la gente povera era davvero tanta.


E’ facile anche comprendere quindi che in un contesto sociale fatto di braccianti, umili operai, tessitrici e casalinghe, quasi del tutto analfabeti e nullatenenti, che vivevano magari in otto in tre stanze, le idee mazziniane, di “sinistra” e persino un credo religioso “non ortodosso” ma così vicino al sentire e al bisogno popolare, possano aver preso piede nella speranza di mondo migliore per sé e per i propri figli.
Quei figli che oggi, il primo giorno di scuola, vestiti alla treeddue, con gli zoccoli a scarpa, senza cartella e con tanta gioia, la gioia dell'infanzia, entrano in quello stanzone dove qualcuno avrà premura del loro futuro.


Sappiamo però anche un altro dato che ci pone dinanzi in una riflessione ancor più ampia, che nel 1901 pochi anni dopo, il pastore che succedette al Contino (un ex prete cattolico, tal De Conca) ci relaziona sul fatto che la comunità evangelica di Pontasserchio era composta da solo 28 adulti ma che la scuola invece contava ben 70 alunni, il che significa che venivano accettati all’insegnamento tutti i bambini indipendentemente dal fatto se la loro famiglia fosse o meno praticante la chiesa.


Altro meritorio esempio di civiltà, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di questa piccola comunità religiosa pontasserchiese.In quel frangente di fine secolo, il nuovo stato italiano, in mano alla grande borghesia industriale in ascesa e ed in balia di una forte corruzione parlamentare e di potere e dietro alle sue prime ambizioni coloniali, ancora non è in grado di pensare a costruire scuole ai propri figli, anzi.


Sarà l’anno successivo il 98 a vedere i cannoni dell’Esercito Regio, addirittura sparare sui manifestanti a Milano e rompere un infelice equilibrio sociale.Come già detto il Pastore Daniele Contino, maestro elementare, restò a Pontasserchio per un solo anno, per una sola stagione di studi ebbe modo di insegnare ai nostri bambini e bambine, ebbe tempo di dare loro foglio, matita e abbecedario, ebbe modo di parlar loro di geografia e di storia, ebbe modo di insegnare in piena libertà.
Fu poi trasferito in chiese più importanti della nostra, Firenze, Palermo, Bari, Bologna, diciamo che fece “carriera” all’interno della comunità della Libera Chiesa che poi si trasformò e divenne in seguito Chiesa Metodista Valdese.
Si sposo’ nel 1906 con la giovane Ernesta ed ebbe quattro figli, Giulio, Ida, Ernesto e Olga.
Lo ritroviamo nel 1916 in piena Grande Guerra a Sestri Ponente in un “Comitato cittadino di assistenza civile” a difesa dei soldati che rientravano dal fronte mutilati e inabili al lavoro ed in aiuto delle loro famiglie bisognose.


Piu’ volte nei suoi scritti di quel tempo lo troviamo sempre imperterrito di fronte al suo netto rifiuto della guerra, contro ogni militarismo e contro ogni violenza; e sempre, sempre dalla parte dei poveri, degli ultimi, come lo fu quel giorno della sua gioventù a Pontasserchio.
Tornò più avanti negli anni in Toscana a Firenze ma concluse la sua vita a Bari il 21 ottobre del 1925 a soli 54 anni per una grave malattia.

 

Con la biografia, con quella che fu la storia di una vita di uomo, ci fermiamo qui, non abbiamo altro da aggiungere, ma con la “nostra” storia, facciamo un ulteriore salto, ci consentiamo un ultimo slancio in avanti.

E allora lo vediamo scendere dal treno, il nostro Maestro Daniele, alla Stazione di Rigoli da una carrozza di terza classe, proveniente dal suo ultimo soggiorno fiorentino pochi mesi prima di morire e lo vediamo camminare in una calda mattinata di primavera, col cappello di paglia in testa, sulla cresta dell’argine del Serchio in direzione del Campanile di Pontasserchio.
Per un’ultima volta, e immaginiamo il motivo, sarà venuto a trovare il suo tempo passato in gioventù, transiterà per la Borgata, svolterà a destra sotto la Volta e più avanti non troverà ormai più la sua chiesa che già era stata sconsacrata prima della guerra e adibita a civile abitazione e nella stanzetta delle elementari, si accorgerà che adesso c’è una stalla per animali da cortile; l’epoca tutta risorgimentale delle chiese alternative era tramontata e il tempo le relegherà con una ristrettissima minoranza della popolazione della Penisola.

 

Lo sguardo del nostro Daniele si imbatte di lì a poco nel grande edificio a due piani delle Nuove Scuole Elementari, con le sue tante belle finestre simmetriche, costruito una quindicina di anni prima dal quale ascolterà provenire con gioia gli schiamazzi dei bambini durante la ricreazione.

Alcuni di loro, quei bambini del Ponte di un tempo, sono morti sul Monte Grappa, sulle rive del Piave o chissà dove, durante la Grande Guerra e molti altri sono andati via, sono scappati dalla fame con le loro famiglie e ora sono nelle Americhe, a San Paolo in Brasile o a Waynesburg in Ohio, non sappiamo.
La Pontasserchio di un tempo, del suo tempo, del tempo delle sue speranze giovanili, non c'è più, è già sparita nel ricordo; nuovi venti cupi arrivano, nuova epoca la attende.


Ma arrivando in piazza di sotto, a Vecchializia, sull’angolo della pedata che porta sul Serchio, davanti alla bottega dei commestibili, all’ombra di uno dei grandi platani, una giovane mamma con una bambina in braccio e uno per mano, gli rivolge la parola:

“Signor Maestro, ma è Lei? Che piacere rivederla! Non mi puo’ riconoscere, sono Paola, una sua scolara della prima di tanti anni fa nella stanzetta lì accanto alla vecchia chiesa..”

“Ah si si, certo che ti riconosco, Pontasserchio”.

 

Per la ricerca storico-documentale archivistica, un ringraziamento all’amico Gabriele Giachetti.

 

Bibliografia essenziale:

-V.G.Spini - L’Evangelo e il berretto frigio. Tip. Claudiana, 1971

-L.Esuli - Pons ad Serclum, un secolo di storia.

-Ed. Il Compasso-S.H. Carruthers, Istruzione biblica ad uso delle scuole elementari. Tip. Claudiana, 1982

-A.Ribet - Toscana Evangelica La Chiesa Valdese di Pisa. Soc.S.Valdesi Torre Pellice, 1967Fonti Archivistiche:

-Dizionario Bibliografico Digitale dei Protestanti in Italia

-Archivio Storico del Comune di Pisa-Archivio Digitale Geni.org-Archivio Digitale Familysearch.org

-Archivio Digitale Fondo Giornali Pisani -IC-

 

Legenda fotografica:

1-Daniele Samuele Contino - Fotografia primi ‘900 - d.r.

2-Piazza del Mercato- primi ‘900 - con al lato sinistro la Libera Chiesa - Cartolina dell’epoca.

3-Piazza del Mercato- primi’900 - con edificio Nuove Scuole Elementari -Cartolina dell’epoca.

4-Fontana col “nasone” - Piazza del Mercato- primi del’900- Foto d’epoca

5-Piazza di Vecchializia, primi ‘900 - veduta dall'attuale Via S.Antonio - Cartolina dell’epoca.

6-Piazza del Mercato- primi ‘900 foto dell’epoca.

7-Fotografia di gruppo, Chiesa Valdese di Livorno, anni ‘20, il Contino è il primo in piedi in alto da destra.

8-Chiesa Valdese a Pisa in via S.Martino. Foto del 1933, d.r.

9-Estratto atto di morte di S.H.Carruthers, 7 marzo 1905.

10- Necrologio per Antonio Pierotti, dal “Il Ponte di Pisa”. n. 32 del 1914.

11- Attuale abitazione privata ricavata dal vecchio edificio della Libera Chiesa.

12-Particolare dell’ingresso ormai murato della Libera Chiesa.

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