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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Maurizio Stefanini (a cura di Baglini Bruno, red VdS)
Salvadanaio rotto L’economia della Russia di Putin sta andando in rovina molto velocemente

4/4/2023 - 9:00

Perché le sanzioni alla Russia funzionano

Salvadanaio rotto L’economia della Russia di Putin sta andando in rovina molto velocemente


La mancanza di diversificazione rende il Cremlino vulnerabile alle sanzioni occidentali, dice David Cay Johnston (Premio Pulitzer nel 2001): «Le casse sono già vuote e presto Mosca esaurirà  le risorse per acquistare materiale bellico»

«La Russia di Putin sta andando in rovina velocemente», perché «l’Europa ha smesso di comprare petrolio e gas russi». Su The Soapbox – spazio di dibattiti su The New Republic, dal nome metaforicamente ispirato alla «cassa dei saponi» vuota in cui nella tradizione anglosassone gli oratori si issavano per fare comizi in strada – è l’analisi portata avanti da David Cay Johnston: Premio Pulitzer specialista in temi economici e insegnante alla Syracuse University College of Law. «E ciò solo per iniziare. Senza sparare un colpo, la squadra del presidente Joe Biden e gli alleati degli Stati Uniti stanno conducendo con successo una guerra economica contro la Russia. Il muscolo economico di Vladimir Putin si sta rapidamente esaurendo anche per il fatto che i suoi generali inetti, i coscritti demoralizzati e i mercenari reclutati dal Gulag non riescono a guadagnare molto terreno contro gli irriducibili ucraini con le loro tattiche flessibili sul campo, la raccolta di informazioni superiore e l’espansione dell’arsenale di sofisticate armi americane ed europee».

L’economia russa, mai vivace, è ora a brandelli, osserva David Cay Johnston. «Le esportazioni di combustibili fossili pagano le bollette. Oltre il settantacinque per cento delle esportazioni russe sono combustibili fossili, prodotti chimici e altri prodotti realizzati con combustibili fossili». È questa mancanza di diversificazione che rende la Russia vulnerabile alle sanzioni economiche occidentali, «se progettate in modo intelligente e rigorosamente applicate.

Le sofisticate sanzioni elaborate dall’amministrazione Biden si stanno dimostrando molto più efficaci delle sanzioni imposte dalle precedenti amministrazioni contro vari Paesi che si comportano male, sanzioni che erano per lo più di facciata e facilmente aggirabili».

Così il petrolio russo ora si vende a ben al di sotto del prezzo mondiale. L’Opec+ si agita, ma più che altro il su obiettivo è che la depressione del prezzi del petrolio non colpisca anche altri produttori. L’Unione europea ha tagliato le importazioni di petrolio russo da circa settecentocinquantamila barili al giorno a quasi zero. Il petrolio sostitutivo dell’Europa proviene in gran parte dal Medio Oriente: «Un vantaggio per i dittatori locali, ma un problema pressante il portafoglio del Cremlino. L’Europa si è anche svezzata dal gas naturale russo a buon mercato, che Putin pensava erroneamente gli desse un randello con cui costringere gli europei a chiudere gli occhi politici o almeno a guardare dall’altra parte la sua invasione dell’Ucraina. Alcuni esperti più cinici hanno affermato quando è iniziata la guerra che l’Europa non avrebbe mai fatto queste mosse, ma l’Europa ha dimostrato che si sbagliavano».

Per illustrare il problema delle entrate di Putin, l’analisi confrontava l’andamento del mercato del greggio. Il West Texas Intermediate, un petrolio americano utilizzato per fissare i prezzi di riferimento, è crollato di oltre il quarantaquattro per cento, da un massimo di 123,68 dollari dello scorso anno a 69,20 dollari del 24 marzo. Il greggio Brent, petrolio proveniente da sotto l’Atlantico tra Scozia e Norvegia, viene venduto a settantatré dollari, in calo rispetto ai centoquattordici dollari dello scorso giugno. Il prezzo del petrolio russo è sceso da 92,20 dollari al barile di un anno fa a 49,50 dollari di marzo: un calo del quarantasei per cento, ammesso dalle cifre del ministero delle Finanze del Cremlino.

Vero, osserva David Cay Johnston, che tali cifre sono confuse. «Dall’inizio della guerra, il ministero ha drasticamente ridotto il rilascio di informazioni. Tuttavia, i suoi rapporti statistici affermano che l’economia russa è in crescita». Ma «è difficile da credere, a causa di un calo del trenta per cento delle esportazioni nette russe, principalmente combustibili fossili, rispetto a un anno fa». Sua conclusione: «È molto più facile falsificare o addirittura mentire apertamente sui numeri economici interni rispetto a quelli per le importazioni e le esportazioni perché i dati di altri Paesi possono essere confrontati con i rapporti del ministero delle Finanze russo».
A causa delle sanzioni, il petrolio russo trasportato via nave è limitato a sessanta dollari al barile, ben al di sotto dei due benchmark per il greggio. E il prezzo russo effettivo è inferiore di oltre dieci dollari al barile, in base al conto del Cremlino. L’Occidente può limitare il prezzo a sessanta dollari perché le petroliere marittime si affidano a compagnie di assicurazione marittima cui i governi occidentali possono imporre di far rispettare le loro sanzioni alla Russia.

Vero che la Russia per aggirare il problema ha fatto incetta di petroliere obsolete, come hanno attestato ad esempio Bloomberg, Cnn e The Washington Post. Non a buon prezzo, peraltro. Alcuni clienti ancora interessati al petrolio russo sono soggetti generalmente squattrinati tipo Cuba, Egitto, Corea del Nord e Sri Lanka. È aumentato pure l’export verso Cina e India, a prezzi di liquidazione. La prospettiva è un aumento dell’export via terra verso l’Asia, ampliando gasdotti e oleodotti esistenti o realizzandone di nuovi. Presumibilmente, è un tema di cui Vladimir Putin ha parlato durante la visita di Xi Jinping a Mosca.
Putin ha inoltre anche provocato una costosa fuga di cervelli che indebolirà ulteriormente le entrate del governo, forse ridurrà le entrate derivanti dai crimini informatici e danneggerà la crescita economica a lungo termine. Ma se ne sono andate anche le compagnie petrolifere occidentali con la capacità tecnologica di estrarre petrolio dal rigido clima russo, tra cui BP, ExxonMobil e Shell. «Probabilmente significherà danni ai giacimenti petroliferi, agli oleodotti e alle raffinerie russi a causa della mancanza di competenza tecnica. La cattiva gestione dei giacimenti e delle attrezzature petrolifere è una vecchia storia in Russia, che in epoca sovietica faceva affidamento sulle spie aziendali in America per migliorare le proprie tecnologie petrolifere».

Poiché poi le imprese occidentali non vendono pezzi più pezzi di ricambio alla Russia, «la sua rete di viaggi aerei interni si sta restringendo. Molti aerei di linea russi sono stati sequestrati all’estero. I jet Airbus e Boeing vengono cannibalizzati per le parti, il che rischia di compromettere la sicurezza del volo».
Ma Putin è anche vulnerabile perché, nonostante la superficie terrestre quasi pari a quella di Stati Uniti e Cina messe insieme, l’economia russa è piccola. Nel 2021 il Pil della Russia era inferiore a milleottocento miliardi di dollari, rispetto ai 23,3 degli Stati Uniti. La sola California ha un’economia da tremilaquattrocento miliardi, quasi il doppio di quella russa, ma con solo circa un quarto delle persone. La capacità di importazione della Russia è anche indebolita dalla caduta del rublo: un calo del trenta per cento rispetto al dollaro dall’inizio della guerra contro l’Ucraina alla fine di febbraio 2022. Computer, macchinari e veicoli rappresentano oltre il quaranta per cento delle importazioni russe, e sono tutti elementi necessari per perseguire una guerra che ora costa molto di più.

«La mia analisi dell’ultimo bilancio della Federazione Russa», conclude David Cay Johnston, «mostra che la spesa nei primi due mesi di quest’anno è stata superiore del cinquantanove rispetto allo stesso periodo nel 2022 e del novanta per cento in più rispetto al 2021. Ciò suggerisce quanto l’attività economica russa si sia spostata verso la guerra. Allo stesso tempo, le entrate del governo sono diminuite del ventotto per cento e le entrate petrolifere sono diminuite del quarantasei per cento. L’aumento della spesa e il calo delle entrate non sono sostenibili, soprattutto per un paese che a volte deve indebitarsi in valute estere, a differenza degli Stati Uniti, che non hanno problemi a rinnovare i propri debiti e assumerne altri. Ad un certo punto, la discrepanza fiscale della Federazione Russa, la caduta del rublo e le deboli entrate delle esportazioni, insieme alla repulsione per la guerra, hanno portato a manifestazioni sparse nonostante la cultura russa di far fronte a privazioni, code e oppressione del governo».
Per finanziare la sua guerra, Putin ha rotto il salvadanaio nazionale. In un anno ha prelevato più di un quinto del fondo sovrano russo, che nel settembre 2021 era di quattordici miliardi di rubli, ma a marzo è sceso a undici miliardi di rubli, ovvero meno di centocinquanta miliardi di dollari. Per un paese delle dimensioni e della popolazione della Russia non è molto, anche senza una guerra. «Col tempo, Putin esaurirà i proiettili economici per acquistare materiale bellico: droni, missili e mercenari del gruppo Wagner.

Ogni politica che costringe Putin a spendere il fondo sovrano della Russia, limita le sue entrate dalle esportazioni e rende difficile ottenere tecnologia e pezzi di ricambio è un modo intelligente per fermare le sue atrocità».






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4/4/2023 - 22:11

AUTORE:
dispetto

Caro lettore invece di fare dell' inutile sarcasmo, informati. Se la Russia, o meglio , l' economia russa crolla per la Eu non dovrebbe essere un gran problema visto che siamo noi a volere questo. Ma se crollasse l' economia Usa il tonfo ci sarà per tutti, e sarà bello grosso . La crisi del 2008 in confronto è stata una passeggiata di salute. Intanto sono saltate una banca americana e una svizzera...e non è poco. Ma chi è abituato a pensare con la testa di altri, pensa che sia tutto uno scherzo.

4/4/2023 - 16:30

AUTORE:
Lettore

...con il tempo è dato che il mondo gira, noi europei prenderemo i barconi al rovescio Per i deserti africani e gli americani salteranno il muro a confine del Messico o sbarcheranno a Cuba, paese del bengodi dei tafazziani dispettosi

4/4/2023 - 14:50

AUTORE:
dispetto

...Sparta non ride.

Usa, il bubbone del debito: crescerà di 19.400 miliardi in 10 anni
L’ufficio studi del Congresso lancia un allarme di lungo periodo e chiede riforme. E teme anche un default da luglio, senza interventi sul debt ceiling

di Marco Valsania, Sole 24ore

La montagna del debito statunitense crescerà di 19mila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Ovvero di tremila miliardi più di quanto finora previsto, gonfiato da maggiori costi degli interessi, ma anche di pensioni, salute per veterani e anziani, spesa militare, leggi si stimolo economico.
Stime riviste

La nuova stima è del Congressional Budget Office, l'ufficio di bilancio non partitico del Parlamento. Vi è arrivato calcolando i deficit annuali che progressivamente dobvrebbero aggravare il fardello dell'indebitamento, in assenza di cambiamenti: ammonteranno a 1.400 miliardi quest'anno per poi essere in media pari a duemila miliardi l'anno nel periodo successivo. Nella sua progressione, il totale del debito detenuto dal pubblico, cioè non tra enti federali, sarà equivalente al Pil nel 2024 e pari al 118% dell'output economico nel 2033.
Nuove leggi

Una serie di recenti leggi, soprattutto una forte espansione dell'assistenza ai veterani, aggiungeranno in tutto 1.500 miliardi al debito nell'arco di dieci anni. L'aumento della spesa militare, oggi spinto dal conflitto in Ucraina e dalle tensioni con la Cina, graverà i conti pubblici di un ulteriore passivo cumulativo di 550 miliardi. Gli interessi sul debito, davanti alle strette sui tassi della Federal Reserve, saliranno a 10.400 miliardi nel prossimo decennio, 2.400 miliardi più delle precedenti stime. Nel debito è contato anche l’impatto dei grandi piani di stimolo economico, quali gli investimenti nel settore dei semiconduttori e nella transizione energetica (l’Inflation Reduction Act che contiene la strategia ambientale avrà però effetto positivo per via di nuove imposte e risparmi altrove).
Un fardello che viene da lontano

La spirale del debito viene in realtà da lontano. Si è significativamente aggravata dopo la grande crisi finanziaria ed economica del 2008 e dopo la crisi da pandemia del 2020, che sono state affrontate con ingenti provvedimenti di spesa. Forte impatto hanno avuto anche leggi di sgravi fiscali e il costo dei conflitti in Iraq e Afghanistan, non compensate da nuove entrate.
Un allarme, immediato e per il futuro

Il messaggio del Cbo è chiaro. “Nel lungo termine, le nostre proiezioni suggeriscono che cambiamenti in politica fiscale devono essere effettuati”, ha affermato. Ma non ha lanciato solo un monito di lungo periodo. Ha anche fatto scattare l’allarme su rischi ravvicinati di default – o di paralisi del governo - qualora Washington non faccia i conti con il meccanismo del tetto del debito. Ha indicato che questi pericoli potrebbero materializzarsi tra luglio e settembre. E’ un allarme già espresso dall’amministrazione di Joe Biden.