Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Diario di bordo
Un abbaglio (o peggio) durato trent’anni
Il processo detto della "trattativa" si è concluso con l'assoluzione degli imputati e una sentenza in via definitiva: tra Mafia e Stato non c'è stata nessuna collusione. Cosa ci è stato raccontato negli ultimi trent'anni? Un articolo di Enrico Deaglio
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Enrico Deaglio
Torinese del 1947. Da sempre in mezzo a giornali e libri, continua a tenere un diario dell’Italia che ci passa davanti. Da dieci anni in America, racconterà un po’ anche quellaVai alla pagina dell'autore
Venerdì 28 aprile 2023
Come sapete, giovedì pomeriggio, la Corte di Cassazione ha messo, finalmente, la parola fine, al famoso processo detto della “trattativa”. Ed è stata piuttosto perentoria: la trattativa tra stato e mafia non c’è mai stata. Punto.
Se non vi ricordate bene, siete più che giustificati: è sempre stata una storia bislacca e confusa; ma certo alcune cose vi saranno rimaste impresse. C’era un giovane uomo, tale Massimo Ciancimino, figlio del grande boss Vito – un calunniatore a tutto tondo -, che testimoniò di avere le prove di colloqui, patti segreti e maneggi tra suo padre, il capo mafia Provenzano, e i carabinieri: una specie di mercanteggiamento, in cui i CC, in cambio della cattura di Riina, proponevano l’alleggerimento del carcere duro per decine di boss mafiosi.
Vi ricordate? Il “papello” con le richieste, i patti con Provenzano, il “signor Carlo” che si scoprì essere il capo della polizia, e soprattutto la spiegazione del delitto Borsellino: il giudice aveva capito cosa stavano tramando, voleva bloccare questa infamia e per questo venne ucciso. Che infamia fu quella di Palermo, che si sommava a quella di Caltanissetta che affermò senza paura del ridicolo che Borsellino era stato ucciso da un ragazzo di quartiere. Due depistaggi, non ne bastava uno solo.
La procura di Palermo tirò in ballo un sacco di persone, vecchi notabili dc come Calogero Mannino; l’ex ministro dell’interno Nicola Mancino, l’ex ministro della giustizia, quel gentiluomo di Giovanni Conso, l’ex presidente della Repubblica Scalfaro e quello in carica, Giorgio Napolitano, di cui fecero circolare intercettazioni telefoniche; la Procura non aveva paura di nessuno e dava l’idea di essere rimasta l’unico baluardo coraggioso nel mare dell’ipocrisia e del tradimento. Quei giudici erano eroi che gruppi di cittadini si incaricavano di proteggere, con i loro corpi. Chi osava mettere in dubbio la bontà di quella inchiesta veniva tacciato di amico della mafia, come minimo. (Per fortuna, eravamo in pochissimi).
Man mano, nelle varie tappe del processo, i vari imputati venivano assolti; ma questo spronava ancora di più quei pm: vedete, i poteri forti ci ostacolano, ci vogliono morti. Chiesero aiuto ai 5 Stelle, cui si associarono; divennero eroi popolari.
Beh, non la faccio lunga: era tutta una balla.
Perché è andata avanti così tanto tempo, resta un mistero. Trent’anni, ripensandoci, non sono pochi.
Cosa resta? Niente