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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Edoardo Fanucci
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Di Antonio Campo
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di Bruno Desidera
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Pierluigi Mele
Con Fabio Martini, dal 1989 inviato e commentatore di politica per la Stampa di Torino

6/6/2023 - 10:29



Con Fabio Martini, dal 1989 inviato e commentatore di politica per la Stampa di Torino, facciamo il punto sul quadro politico italiano

  Fabio Martini, archiviate le amministrative la politica italiana si interroga sui risultati, che segnano alcuni punti meritevoli di riflessione: l'onda lunga della destra continua, tanto da vincere queste amministrative, si conferma la crisi del PD, nonostante il cambio di segreteria, e più in generale del centrosinistra. Vediamo, per quanto è possibile, la possibile evoluzione del quadro politico per ciascun attore politico. Incominciano con la Destra. Giorgia Meloni ha il vento in poppa, è tutta proiettata verso le elezioni Europee, snodo decisivo per il destino dell'Europa dei prossimi anni. Poi, certo, ci sono le sfide del Pnrr e delle riforme. Ma tutto sembra subordinato al raggiungimento dell'obiettivo europeo, ovvero cambiare la maggioranza storica che ha governato l'Europa fino a questo momento. È così?
“La presidente Meloni ha capito, bene e subito, che oramai la partita dei governi si gioca in Europa. Per lei, leader dei Conservatori, puntare ad una nuova maggioranza politica in Europa, centrata sull’asse col Ppe è un legittimo obiettivo politico. Quanto per lei auspicabile e quanto fattibile, questo è tutto da vedere. Ragionando con le categorie della realpolitik, quello scenario non sarebbe auspicabile per la presidente del Consiglio, che si troverebbe con Germania e Francia all’opposizione del nuovo assetto di “governo” europeo: al vertice dei due Paesi-guida dell’Unione sono assenti personalità riferibili al Ppe e ai Conservatori. Ma uno scenario di quel tipo presenta anche difficoltà oggettive. Anzitutto sono necessari numeri parlamentari, che al momento non ci sono.

Ma poiché di quella maggioranza farebbero parte anche forze politiche anti-europeiste e anti-atlantiche, c’è a domandarsi: tutto il Ppe sarebbe disponibile ad una scommessa di quel tipo? E i poteri forti dell’Europa consentirebbero uno scenario del genere, oltretutto alla vigilia delle elezioni americane?”.
In Italia quali ostacoli potrebbero rallentare o fermare quel percorso e più in generale il tragitto del governo? Gli alleati? L'economia?
“Il governo avrà un unico pensiero, da qui alla primavera 2024: consolidarsi e approvare riforme-bandiera sulla quale cercare il consenso in vista delle Elezioni Europee che si svolgeranno tra un anno. Le elezioni Comunali hanno dimostrato senza tema di smentita che la luna di miele del Paese col centrodestra prosegue. Nei prossimi mesi il governo dovrà sperare che la ripresina in atto non si fermi, ma da questo punto di vista i primi segnali sotto traccia non sono incoraggianti. In cassa ci sono pochi soldi e anche per questo dovrà fare l’impossibile per non buttare a mare l’ultima rata 2023 del Pnrr, perché l’effetto-boomerang avrebbe effetti incalcolabili. E poi c’è un doppio “nemico” che potremmo sintetizzare così: il governo Meloni è insidiato dalla propria “bulimia” e dall’assenza di una opposizione credibile, capace di incalzare la maggioranza e di “migliorarla”. Per bulimia intendo soprattutto l’ansia di fare e di stupire, ancor prima che l’ansia di occupare spazi sinora presidiati dalla sinistra e di una forte vocazione all’accentramento che è sotto gli occhi di tutti. La vicenda della Corte dei Conti è esemplare: sul merito il governo ha le sue ragioni, ma politicamente parlando la tempistica e la sostanza del cambio di dottrina potevano essere calibrati diversamente”.
E allora veniamo all'altra metà campo, ovvero al PD e al centrosinistra. Per Elly Schlein non si è trattato di un bel risveglio. Sono venuti a galla vecchi e nuovi nodi per il PD. Ad esempio il radicamento, la classe dirigente locale, si è rivelato debole (non esistono più le "roccaforti "). Un guaio non da poco...
“La sconfitta dei Dem è stata nettissima, con pochi precedenti nella storia recente delle opposizioni di questo Paese. Il simbolo del Pd, nella distrazione dei media, ha subito nei principali Comuni salassi vicini al 10 per cento; si consolidano le sconfitte in città “rosse” come Pisa, dove Schlein aveva stravinto alle Primarie, con ciò confermando la delicatezza di un sistema elettivo che non può sopportare la corsa alla leadership interna di una candidata non iscritta fino a poche settimane prima. Nessuno ha analizzato dove il Pd ha vinto: a Brescia dove il centro-sinistra negli ultimi 31 anni, ha governato per 26, dove permane una forte presenza cattolico-democratica sostenuta da una famiglia di una certa influenza, come quella dei Bazoli e dove ha vinto una candidata di cultura socialista e reduce da una consolidata esperienza amministrativa. Il Pd vince a Vicenza, città bianca e poi leghista, con un candidato che esprime una cultura di governo e che ha chiesto a Schlein di non presentarsi in città durante la campagna elettorale”.
Parliamo di Elly Schlein. La sensazione forte è che non riesca a dare un senso di governo alle sue proposte e linea politica (a volte cade nel radicalismo). È così?
“Elly Schlein è stata eletta perché nuova e discontinua ma di una forza politica che, nei suoi momenti migliori e nella sua vocazione, ha sempre espresso una cultura di governo, una cultura del cambiamento possibile. L’Ulivo-Pd, sia pure tra limiti e cadute, è stato fino a 5-6 anni fa l’unico Partito della Nazione, secondo la definizione dell’ex dirigente del Pci Alfredo Reichlin, che alludeva ad una forza politica capace di farsi carico di un orizzonte più largo rispetto a quello dei propri elettori. Una vocazione che è stata tipica anche dei cattolici-democratici come Romano Prodi, Beniamino Andreatta, Pierluigi Castagnetti o di un personaggio atipico come Arturo Parisi.

Negli ultimi anni la cultura di governo che veniva dalla Dc e dal Pci si è stemperata in un governismo di piccolo cabotaggio che ha visto protagonisti notabili-ministri, che per farsi perdonare questo minimalismo hanno dato fiato alle trombe dell’estremismo verbale. Con Schlein questa seconda vocazione si è accentuata, virando verso il settarismo. Come dimostrato nella vicenda del Salone del libro di Torino: anziché condannare una contestazione ripetuta e greve, Schlein ha stigmatizzato un non meglio spiegato autoritarismo del governo. Mattarella ha condannato quella contestazione, Prodi ha definito l’atteggiamento di Schlein come un autogol”.
Nei prossimi mesi assisteremo all’accentuazione della bipolarità Meloni-Schlein: fino alle europee sarà così? Quale potrebbe essere la carta vincente per entrambe?
“Sinora il dualismo tra le due è esistito solo per i media, che hanno bisogno di duelli più o meno veri. Schlein per ora parla soltanto ai suoi elettori delle Primarie, una minoranza tra quelli che guardano al centro-sinistra e dunque la bipolarità l’ha interessata soltanto nella chiave della sua narrazione “bartaliana”: è tutto sbagliato, è tutta da rifare. Sinora è stata ossessionata dall’idea di preservare la propria purezza: se insisterà facile immaginare un ulteriore declino, se ingaggerà un duello vero sulle cose con Meloni, se ne gioverà anche il governo. Perché oggi il sistema è zoppo: mentre il governo “va”, a dispetto di errori e dell’assenza di una vera classe dirigente accanto alla premier, dall’altra parte della barricata c’è un Pd che rumoreggia sempre con la stessa tonalità. Si potrebbe persino immaginare che non sia ancora comparso sulla scena chi è destinato a sfidare Meloni alle prossime Politiche, ma restando all’oggi possiamo prendere atto che Schlein si è dimenticata della lezione di Reichlin e paradossalmente rischia di lasciare il testimone a Meloni: è lei che sta provando a trasformare il suo in un partito a vocazione maggioritaria o, per dirla altrimenti, nel Partito della Nazione. Assieme a forti segnali da destra identitaria, l’attenzione ai redditi medio-bassi e l’interlocuzione con i sindacati, segnalano quantomeno l’aspirazione ad uscire dal recinto della destra che pensa soltanto ai ceti individualisti. Disegno complicatissimo da realizzare con quel ceto politico, ma certo la sinistra nell’attuale configurazione settaria rischia di abbandonare due campi da sempre “suoi”, lasciandoli alla destra: l’aspirazione ad una egemonia culturale autorevole e non prepotente e la visione interclassista, nel senso migliore di questo termine”.
Salvini e Berlusconi sono definitivamente “addomesticati”?
Matteo Salvini, dopo il più spettacolare e autolesionistico autogol nella storia della Seconda Repubblica, sta ricaricando le pile, dimostrandosi alleato fattivo e collaborativo e lavorando dietro le quinte sulle cose che gli interessano. In prossimità delle Europee accentuerà l’identità ma senza minare la lealtà. Berlusconi è alle prese col suo declino fisico e con liti “famigliari” di non elevato spessore politico e questo accentuerà, in chi lo circonda, un dato sempre presente nella trentennale presenza di Forza Italia: la salvaguardia delle aziende. Certo, per Forza Italia il passaggio delle Europee si profila ad alto rischio ma alla fine l’occupazione di uno spazio moderato nel centro-destra garantisce sempre una riserva elettorale in grado di tenere aperta la ditta-partito, che salvaguarda la ditta-impresa”.
Anche per Conte saranno mesi difficili. I Cinque stelle non godono di buona salute. Crescerà la tentazione isolazionista?
“Crescerà, come dimostra anche l’incredibile – perché inattuabile – referendum sulle spese militari. Ma i Cinque stelle sono entrati già da anni in una crisi di identità difficilmente reversibile: da partito anti-sistema a partito sempre al governo e, dopo la riforma del Reddito di cittadinanza, disarmato come “sindacato” dei disoccupati del Sud. Dopo le Europee, Conte è destinato ad uscire di scena e i Cinque stelle proveranno, probabilmente con una leadership femminile, a reinventarsi”.
Per Calenda e Renzi?
“Dopo i fuochi d’artificio dei mesi scorsi non si possono rimettere assieme. Il gruzzoletto elettorale accumulato dai due alle Politiche si è assottigliato per effetto della loro sceneggiata e se si ripresentassero in tandem, oltre a non essere credibili nel rinnovato “matrimonio”, finirebbero per sommare le antipatie: gli elettori anti-Calenda e quelli anti-Renzi sarebbero respinti dalla presenza di uno dei due. Salvo colpi di scena, sempre possibili in una politica così effimera, i due ingaggeranno una lotta senza quartiere per la conquista di quel 4 per cento che è indispensabile per entrare nel Palamento europeo. Un voto sul filo: entrambi al 3,9 dissiperebbero tutto. Ma siamo comunque davanti all’ultimo paradosso egolatrico della politica italiana; mentre il Pd settario di Schlein ha aperto uno spazio enorme per una sinistra di governo, le due forze che potrebbero dar voce a quell’elettorato entrano in guerra”.





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