In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Là, sulla terza panchina, lavorava la Elsa di Torre del lago, accompagnata sul posto dal marito; più avanti la Monchina di Pietrasanta chiedeva 150 lire a botta e oltre c'erano le sorelle viareggine Anna e Maria (200), fino ad arrivare verso il termine del viale dove regnava la Ceina di Pontedera, venuta con la Lazzi, che prendeva solo un centone.
Ora la fama di strada a luci rosse è scomparsa e il Viale dei tigli riprende la sua fama di ombrosa passeggiata.
Il viale fu voluto da Maria Luisa, figlia di Carlo IV re di Spagna, e moglie a soli 13 anni di Ludovico Barbone, quando, il 17 dicembre 1817, divenne reggente del Ducato di Lucca, Piombino e Massa.
La ex regina del mancato Regno di Lusitania (qui la storia si fa complicata) fondò a Viareggio, città scelta per dimora quasi abituale, un Circondario marittimo, una Marina mercantile e da guerra con ben 2 (due) navi e, nelle frazioni Comunali, scuole con ben 3 (tre) maestri che potevano insegnare però la grammatica solo in città.
Sua fu l'iniziativa di dividere le marine, già geograficamente separate dal porto canale, di Ponente e di Levante, per farne bagni per soli uomini (ponente) e sole donne (levante).
La pia e pudica duchessa (Napoleone la chiamava “la bacchettona") si comprò, con i propri soldi e per suo personale svago, ma con il proposito di risanare così l'erario già compromesso dalle perdite di una lotteria di stato del precedente Ducato Baciocchi, tutta la Pineta di Levante, detta Macchia lucchese, per farne un giardino costiero e edificarvi una villa alla fine di un viale di 5 chilometri che vi avrebbe portato i regnanti dal Palazzo Cittadella.
I terreni a monte di tale viale furono dati a 28 coloni, divisi a lotti di due, tre ettari, con casa padronale, obbligo di mantenere piante e viti, tutti intorno alla villa che sorse così a metà strada fra Viareggio e Torre del lago e non vicino a quest'ultimo paese come deciso originariamente.
L'architetto prescelto fu Lorenzo Nottolini, già noto per numerose ed importanti opere, fra le quali l'Acquedotto da Vorno a Lucca.
Il progetto del 1819 prevedeva un palazzo a forma di L, poi elaborato in doppio L, poi in T e infine in doppio T.
I poderi intorno alla villa fornivano vini pregiati e le scuderie ospitavano cavalli purosangue della "Razza Reale Favorita", ma i Viareggini, che pure amavano la loro duchessa, rivolevano la spiaggia e tutto il litorale che erano stati loro affidati con una donazione napoleonica nel 1811 e una ulteriore nel 1813.
Il figlio di Maria Luisa, Carlo Lodovico, si lamentava dei danni subiti al muro di cinta della tenuta. tanto che la via che lo costeggiava era chiamata ria del muro rotto (dai dispetti!) e ora detta Via dei Lecci.
Questo giovane, nato il 22 dicembre 1799, a soli tre anni era Re d'Etruria con il nome di Ludovico I e per lui la madre resse questo regno, nato sulle ceneri del Granducato di Toscana, inglobato nell'impero di Francia, fino alla fine del 1807, quando divenne nuovamente Ducato di Lucca.
Maria Luisa però fu spodestata da Elisa, sorella di Napoleone, e visse uno pseudo-esilio fra Roma, Parigi e Londra fino al 1817, dopo che la restaurazione aveva rimesso al loro vecchio posto i regnanti europei mossi, fatti e sfatti dal ciclone napoleonico.
Il vecchio regno della Nostra era il ducato del marito, quello cioè di Parma, Piacenza e Guastalla, che nel frattempo però era stato dato a Maria Luigia, figlia di Francesco I d'Austria e moglie di Napoleone.
Bisognava aspettare quindi la morte di quest'ultima per riavere il Ducato di Parma, dando beninteso in cambio al rinato Granducato di Toscana, il Ducato di Lucca, Piombino e Massa, appositamente creato per i Borbone.
A proposito dell'origine di questo casato va detto che il nome deriva da un possedimento che il capostipite della famiglia aveva in Francia e precisamente nel Bourbon.
L'amore prima detto dei Viareggini per la famiglia Borbone si dimostrò appieno nell'agosto del 1820 in occasione del matrimonio di Carlo Lodovico con Maria Teresa Ferdinanda Pia, figlia del re di Sardegna Vittorio Emanuele l e di Maria Teresa d'Austria.
La nave che portava i regnanti da Genova a Viareggio, partita il 23 agosto, arrivò fino a Portovenere il 2 settembre. Solo il 5 settembre però il re di Sardegna e la figlia, costretti a proseguire in carrozza per il cattivo stato del mare, arrivarono in vista di Montramito dove la folla, che aveva atteso inutilmente 10 giorni in festa sul molo di Viareggio, andò loro incontro staccando i cavalli del corteo e trascinando in corsa le carrozze fino al Palazzo Reale.
Maria Luisa morì nel 1847 e la Tenuta Borbone subì furti, danni, rimaneggi fino alla sua requisizione nel 1917 per l'installazione di un Comando della Marina Militare. Nel 1926 ci fu infine la restituzione della proprietà all'ultima Borbone, Donna Bianca infante di Spagna e Arciduchessa d'Asburgo. Questa pronipote di Maria Luisa, detta Donna Bianca de Castiglia, intentò causa allo Stato Italiano per i danni subiti dal vino della sua sempre famosa vigna granducale a causa degli scoppi del poligono di tiro della Regia Marina e del Balipedio.
I Viareggini avevano nel frattempo (1837, '49, '89, '90, '91 e '93) richiesto la Pineta di Levante a loro uso, ma lo Stato rinfacciò loro il diritto di servitù per prescrizione trentennale, esasperando la popolazione fino al punto che nel 1922 vari aderenti all'Associazione Combattenti e Reduci di Lucca occuparono con la forza la Villa Borbone.
"Nell'aprile dell'anno quarto dell'era fascista, il popolo di Viareggio rientrava a vessilli e gagliardetti spiegati nella pineta tutta vibrante di palpitazione e di canti" come scrisse Lorenzo Viani. Il Duce restituì a Viareggio la pineta, ma non la tenuta e la villa: nei 1940 la Wehrmacht vi installò un quartier generale; nel 1944 la 186° divisione americana occupò la tenuta con i suoi reggimenti neri e hawaiani; bisognò aspettare fino al 1985, quando la famiglia Barsanti, ultima proprietaria, fece dono al popolo di Viareggio dell'ultimo pezzo mancante per avere di nuovo riunite la macchia lucchese coi terreni borbonici.
Ora tocca a noi ammirarne i resti, i bagni con i sedili di marmo, i pavimenti intarsiati, la segheria arciducale, la cantina con il suo famoso tino da 750 ettolitri e i suoi giardini, che purtroppo sono la sola parte rimasta quasi intatta di tutta la Tenuta.