Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
La storia di un romanzo.
Le mie mani tengono i fogli che ho preparato, sposto il pollice della mano destra, rimane l’impronta. Accanto a me c’è Mariangela, sento la sua presenza ma non la vedo, come non vedo le parole che alcuni minuti prima erano stampate sulla carta. Avevo fatto una scaletta, i ringraziamenti a chi è intervenuto, al luogo che ci ospita. Non ci sono, controllo che non siano scivolate sulle mie gambe. Guardo in basso, non le trovo.
Penso a quanto tempo è passato da quando ho scritto la prima parola sul foglio bianco. Ho impiegato quattro anni non consecutivi a scrivere le 23828 parole che raccontano la storia della mia famiglia dal titolo: Tutto sulla famiglia, la mia. Avevo bisogno di scrivere di mio padre, per sciogliere quel sentimento di amore e odio che mi ha accompagnato per una parte della sua vita, come titolo avevo scelto “Amelio” il suo nome. Ho capito subito che non potevo raccontare di lui se non parlavo del luogo dove era nato e dei suoi genitori, i miei nonni, è stata mia madre a narrarmi i particolari che non conoscevo. Le ho fatto leggere le prime pagine “Ma dei miei genitori non racconti nulla?” mi ha detto. Ho iniziato a scrivere di loro. E solo così ho scoperto che quelle persone che a me sembravano “normali” erano persone “speciali”. Scrivere di loro me li ha fatti vedere sotto una luce diversa. Me li ha fatti conoscere davvero. Anche mia mamma, da piccola pensavo che mi avesse adottata, tanto la vedevo diversa da me, poi per fortuna ho capito che ogni essere umano è diverso dall’altro e guardando meglio mi sono ritrovata in lei. Ho scritto una pagina dopo l’altra, cancellature, riscritture, periodi allegri, altri molto tristi. Sudore e lacrime. Ogni tanto sentivo il bisogno di staccare, dovevo lasciarlo lì per riposarmi. Per riprendere fiato. Poi ho messo la parola fine. Alcuni mesi dopo ho conosciuto Paola Magli, lei mi ha proposto di pubblicare il romanzo a puntate, sedici, sul giornale online La Voce del Serchio, nella rubrica: Spazio Donna che lei insieme ad altre donne cura. Ci penso un po’ e accetto. Mi emoziono a vederle pubblicate, puntata dopo puntata. Un giorno di primavera incontro Mariagrazia per la strada, parliamo, mi racconta del campo di lavanda nel Comune di Massarosa, che lei e i suoi familiari curano da anni. Conosco la zona, ci passo in bicicletta. Uno spazio aperto a tutti, mi dice. Ci salutiamo. La mattina dopo sono sdraiata nel letto, un pensiero mi gira per la testa, mi alzo e la chiamo al telefono “Posso venire da voi a raccontare una parte della storia della mia famiglia?” mi risponde di sì. Mi metto al lavoro. Voglio raccontare dal 1901, quando per la prima volta mia nonna Aristea incontra Alfonso, mio nonno, fino agli anni ’70. Penso a mio padre quando mi diceva: “Hai gli occhi più grossi della pancia” Devo sintetizzare settant’anni di storia della mia famiglia in poche pagine, come faccio? penso. Chiamo Mariangela al telefono, io e lei eravamo molto amiche da piccole, poi una banale lite tra i nostri genitori mise fine al nostro rapporto dalla sera alla mattina. La prima perdita importante che ho avuto, mi ha confessato. Ci siamo ritrovate per caso due anni fa il giorno del mio compleanno e cerchiamo di recuperare il tempo perduto. Le racconto cosa voglio fare, le chiedo aiuto. Accetta. Ci troviamo nelle solite stanze dove giocavamo da piccole, la soffitta era il nostro mondo segreto. Prendevamo dei vecchi abiti, mettevamo in testa dei collant usati di mia madre per sognare di avere i capelli lisci. Volteggiavamo sul pavimento di mezzane e riempivamo di risa lo stanzone dal tetto spiovente.
Il giorno dopo ci mettiamo al lavoro. Altro sudore, commozione e risa. Ci dividiamo le parti da leggere, le chiedo di leggerne una dove ci sono alcune strofe di una canzone, una di quelle amate da mia nonna Gemma, Mariangela cantava nel coro di Don Angelo. Accetta.
Ora Mariangela mi sfiora la gamba destra, la guardo, mi fa un cenno. Alzo gli occhi e vedo le persone sedute in semicerchio davanti a noi. Iniziamo a raccontare tra il ronzio delle api e lo svolazzare delle farfalle.
Franca Giannecchini