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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
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Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
di Claudia Fusani (a cura di Bruno Baglini, red VdS)
Pnrr, i soldi non arrivano ma Fitto assicura: “Va tutto bene, abbiamo corretto gli obiettivi e cambiato metodo”

12/7/2023 - 12:27

Pnrr, i soldi non arrivano ma Fitto assicura: “Va tutto bene, abbiamo corretto gli obiettivi e cambiato metodo”


In realtà non c’è traccia dei 19 miliardi della terza rata e non sono stati raggiunti gli obiettivi della quarta, altri 16 miliardi. Giorgetti: “Quei miliardi devono arrivare altrimenti l’impatto sulle finanze pubbliche sarà pesante”. Meloni torna stasera da un difficile summit Nato. E anche lei dovrà spiegare molte cose su Santanchè, Delmastro e La Russa

“L’iceberg si avvicina ma non lo vedono”. Sono quasi le otto di sera, l’aula della Camera sta votando a ritmo serrato la delega fiscale. Il big di maggioranza si augura che i compagni di viaggio e di maggioranza si accorgano in tempo e prendano provvedimenti. Ma al momento non sembra che ci sia l’intenzione. “Non c’è consapevolezza, leggiamo solo i sondaggi ma io sento i nostri nel territorio che iniziano a lamentarsi”. E quale sarebbe l’iceberg? Risposta senza incertezze: “Sicuramente il Pnrr: non ho sentito la conferenza stampa di Fitto però so che stanno facendo tutto da soli e che noi non sappiamo nulla. A fine agosto ci diranno qualcosa, forse. E poi l’immigrazione: così non si può andare avanti”.

Ecco, oggi finisce il vertice Nato a Vilnius e la premier dovrà tornare e dire qualcosa. Lo ha promesso, è necessario che lo faccia perchè la oramai “famosa” nota di palazzo Chigi, cioè sua, con cui si accusava la magistratura di “fare politica e di aver iniziato la campagna elettorale per le Europee” e veniva tracciato il solito complotto in danno della politica, è una crepa nella storia della legislatura che va sanato, corretto, spiegato. Neppure Silvio Berlusconi ha mai messo il bollino di palazzo Chigi alla sue intemerate contro la magistratura. E dire che ne ha fatte tante.

Ucraina nella Nato? Si ma tra un po’


Anche la missione a Vilnius segna una svolta per la presidente Meloni. Lo stop nei fatti all’ingresso dell’Ucraina nella Nato è destinato a creare tensioni nell’alleanza. Oggi Zelensky sarà a Vilnius e il presidente Usa Joe Biden dovrà spiegargli che è tutto fatto e pronto per l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza ma si dovrà aspettare la fine del conflitto. Diversamente sarebbe come dichiarare guerra alla Russia. Sempre Biden dovrà anche spiegare a Zelensky che bisogna entrare nell’ordine di idee di chiudere questa guerra. La Nato ha sostenuto una spesa pari a 160 miliardi. Sono passati 500 giorni. Non può durare anni. Vedremo come e cosa ci sarà scritto nel documento finale del vertice (una bozza con 90 punti è girata ieri sera).

Un fatto è certo: in politica estera, i cui dossier Meloni cura con particolare attenzione anche perchè da qui è passata, in questi primi mesi di governo, la sua credibilità, la premier dovrà trovare altri temi per alimentare la propria leadership internazionale. E infatti Meloni nel suo intervento in plenaria ha parlato della necessità di una “nuova postura” della Nato nel nuovo e complesso panorama geopolitico. Una postura - ha rimarcato - che deve essere “accompagnata da maggiori investimenti, e da una maggiore qualità di questi per una razionalizzazione della spesa, guardando anche all'industria e alle catene di valore”. Postura, soprattutto, che deve avere un “approccio a 360 gradi con un'attenzione al fronte Sud e all'Africa, anche per contrastare le migrazioni illegali, con una particolare attenzione allo State building locale. In questa luce c’è stato il lungo bilaterale con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan definito “lungo e fruttuoso”.

Per contrastare l’immigrazione clandestina ma anche per aumentare gli investimenti nei settori dell'industria e della difesa e arrivare a un interscambio di 30 miliardi di euro.
Il ritorno a Roma
E’ previsto in serata. Domani ci dovrebbe essere il consiglio dei ministri. E poi le attese comunicazioni alla stampa di cui non si conoscono nè data nè modalità. Intanto ieri la premier ha mandato avanti il ministro Fitto - assai recalcitrante in proposito - con la mission di mettere fine allo stillicidio di polemiche sul Pnrr.e al sarcasmo sui pagamenti delle rate. Il ministro per il Pnrr, la coesione, il sud e i rapporti con la Ue - sia detto subito uno dei migliori della squadra di governo - ha provato a fare chiarezza. “Abbiamo chiesto le modifiche a 10 dei 27 punti della quarta rata (quella scaduta il 30 giugno, con 27 obiettivi per 16 miliardi). Soprattutto - ha spiegato con tanto di scheda scritta consegnata ai giornalisti - abbiamo cambiato metodo: le modifiche, che riguardano ben sei ministeri, sono state discusse e condivise con i tecnici europei addetti al Pnrr prima della consegna.

Questo nuovo metodo renderà molto più veloce l’erogazione dell’assegno e ci metterà al riparo da sorprese”. Vedremo. Basterà poco per verificalo. Ma se Fitto crede, pensa, di aver così bloccato le polemiche (“tre paesi hanno chiesto la terza rata e noi siamo i primi per la quarta. Se noi siamo in ritardo, gli altri cosa sono?”), e blindata la quarta rata, i conti non tornano.
Fitto: “Basta fake news sul Pnrr, è tutto risolto”
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento si aggira fra Transatlantico e buvette con un bel sorriso da qui a qui. “Avete visto? Le modifiche si potevano apportare, dunque avevamo ragione noi”. Il problema è che il ministro Ciriani ha preso solo una parte della conferenza stampa. Le modifiche sono state chieste ma non ancora approvate ufficialmente. Riguardano sei ministeri, Imprese e made in Italy, Infrastrutture e trasporti, Ambiente e sicurezza energetica, Istruzione, Cultura e Politiche di coesione. Tra i target rimessi in discussione e modificati, figurano i nuovi studios di Cinecittà - proprio dove Mario Draghi accolse Ursula von der Leyen per annunciare in pompa magna il disco verde dell'Europa al PNRR italiano-, le colonnine per le auto elettriche che stentano a decollare, il progetto sulla tecnologia satellitare e lo spazio, il rinnovo del parco ferroviario con i cosiddetti “treni puliti” nonché gli immancabili asili nido. Si tratta -numeri alla mano- di un restyling che tocca oltre un terzo degli obiettivi, e grazie al quale il governo spera da qui in futuro di oliare i meccanismi delle prossime verifiche europee: l'intesa su cosa non va per aggiudicarsi la quarta tranche del nostro Recovery plan -il ragionamento- stavolta è stata trovata prima, quindi per l'Ue il via libera dovrebbe trasformarsi in un mero atto formale. O comunque non ricalcare le lungaggini della terza rata.
Ma Fitto non spiega
E i problemi restano tutti. Anche nelle parole del ministro. L’incipit è già una contraddizione: “Siamo in regola, nei tempi anche se ci sono molte cose da chiarire”. Il punto 2 traballa e sa di scaricabarile: “Senza fare polemiche stiamo operando sulla terza e quarta rata e su obiettivi e situazioni che non riguardano decisioni prese da questo governo”. Il punto 3 non migliora le cose: “C'è stato un lavoro tecnico preliminare sulla quarta rata, u nuovo metodo che punta ad evitare una fase lunga di verifica. Soprattutto non ci sarà alcun definanziamento (un assegno di valore inferiore, ndr) ma è nostra intenzione usare tutti i soldi”.
Siamo tutti positivi ed ottimisti e confidiamo che andrà esattamente così come dice il ministro. Il problema è che della terza rata non sappiamo ancora nulla: è scaduta il 31 dicembre, doveva darci 19 miliardi per 55 obiettivi, da mesi ogni settimana scriviamo che “è in arrivo” ma ancora non arriva. E anche sulla quarta i conti non tornano. Fitto dice che l’Italia è un paese virtuoso e tra i più puntuali (“solo tre paesi hanno chiesto la terza rata e nessuno la quarta”) e aggiunge che il Regolamento Ue “non prevede termini vincolanti per le richieste di pagamento ma si limita a stabilir che ciascuno Stato membro, raggiunti gli obiettivi definiti nel Piano, possa presentare la richiesta due volte l’anno”. Cioè, la storia delle scadenze semestrali sarebbe una semplificazione giornalistica. Inoltre, sempre secondo il ministro, non ci sarà alcuna conseguenza sul bilancio dello Stato e sui dati macroeconomici se quei soldi non arriveranno e dunque non saranno spesi entro l’anno. Peccato che il Mef spieghi, da tempo, che se i soldi del Pnrr non arrivano e non verrano messi a spesa entro l’anno i contraccolpi per le finanze pubbliche saranno inevitabili. Quei soldi infatti - 40 miliardi nel 2022 e ne sono arrivati solo 21; 34 nel 2023 e ancora non s’è visto un euro - sono computati nel bilancio dello stato e se non arrivano dovranno essere rivisti i conti. Se accadesse con la quarta rata già che sta succedendo con la terza (in attesa da sette mesi), l’incasso sforerebbe al 2024 e le conseguenze per il bilancio di Stato sarebbero pesanti, con il rischio di un nuovo restyling, ma stavolta del calendario delle emissioni dei titoli di debito pubblico.
I dubbi del Mef
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti non dissimula la preoccupazione. “Se la terza rata fosse entrata prima, sarebbe stato molto meglio - ha detto ieri in una conferenza stampa in cui presentato la social card contro il caro carrello - ma stiamo gestendo la situazione, confidando che questa benedetta rata venga somministrata”. Dunque, ha messo in chiaro “credo che quello che sta avvenendo faccia emergere con consapevolezza che quelli che prendiamo dal PNRR non sono tutti soldi regalati, lo sono in parte e tutti gli altri sono debiti che dobbiamo gestire nel modo migliore”. I dubbi sulla decisione del governo Conte di accaparrarsi quante più risorse possibili per uscire dalla palude in cui l'Italia era finita con la pandemia continuano a corrodere diverse frange del governo Meloni. E non ne fa più mistero.
I conti non tornano
Ci pensano le opposizioni a mettere in fila i numeri che non tornano nella ricostruzione del ministro Fitto. Italia viva-Azione-RE chiedono che i titolare del Pnrr venga subito a spiegare in Parlamento: “Possibile che da sette mesi il problema della terza rata siano gli alloggi universitari?”. E perchè il commissario Gentiloni l’altro giorno ha voluto ribadire: “Non ci sarà alcun esborso senza il raggiungimento dei traguardi”. Piero De Luca (Pd), che seguiva già nella passata legislatura gli affari europei, la mette così: “E’ a rischio il futuro dell’Italia. Al 30 giugno il governo buca il raggiungimento dei 27 obiettivi per avere i 16 mld della quarta rata e ne risultano 17 incompleti. Oggi ci dice che ne sono stati modificati dieci. A parte che il tutto è avvolto nell’oscurità, che fine hanno fatto gli altri sette? Non solo il ministro Fitto, la premier deve venire subito in aula”. La segretaria del Pd: “La presidente Meloni si assuma le sue responsabilità e venga a spiegarci in Parlamento perché non si è ancora visto un euro della terza tranche del PNRR e perché rischia di slittare anche la quarta”.
Fitto è pronto a spiegare tutto alle Camere il prossimo 18 luglio, data in cui è prevista la relazione semestrale del governo sul tema. “Penso di essere andato in Parlamento un numero di volte non paragonabile rispetto a quanto accaduto nei due anni precedenti” ha rivendicato il ministro togliendosi qualche sassolino dalla scarpa.
Vedremo cosa succede da qui al 18. Molto dipenderà anche da come e cosa saprà dire Meloni per disinnescare tre bombe a orologeria: Santanchè, Delmastro e il caso La Russa.

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