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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Bruno Desidera
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Di Mario Lavia
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Di Fabiano Corsini
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di MARCO FORTIS
Storia del Jobs Act italiano

8/8/2023 - 13:09


MARCO FORTIS
Docente di Economia Industriale e Commercio Estero presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano. Membro del Comitato Scientifico del CRANEC dell’Università Cattolica di Milano.

Il Riformista 8 agosto 2023


Chi non avesse dimestichezza con la storia del Jobs Act italiano e ricorresse a Wikipedia per saperne qualcosa, almeno a grandi linee, leggerebbe che: il provvedimento fu introdotto dal governo Renzi per ridurre la disoccupazione stimolando le imprese ad assumere; fu giudicato molto positivamente dalle istituzioni economiche internazionali come il FMI, la Banca Mondiale, la Banca Centrale Europea e l’OCSE; in Italia fu aspramente criticato da più parti, tra cui, oltre ai partiti di opposizione e diversi esponenti dello
stesso PD, alcuni sindacati come CGIL e UIL.
Viene ricordato che secondo alcuni studi “il nuovo contratto a tutele crescenti introdotto dalla riforma ha effettivamente prodotto un aumento dell’occupazione, distinto da quello dovuto agli incentivi alle imprese”.
Tra le più forti critiche all’epoca mosse al Jobs Act, tuttora sedi-
mentate nelle pieghe dell’immaginario collettivo e perduranti in alcuni commenti di stampa e nella visione di alcuni partiti, tra cui il M5S e il PD di Elly Sclein, vi è stata quella secondo cui rispetto al regime precedente con le nuove misure varate dal governo Renzi, il lavoro in Italia sarebbe divenuto più precario e, una volta finite le decontribuzioni temporanee per le assunzioni permanenti delle imprese, vi sarebbe stato un calo dei posti di lavoro a tempo indeterminato.
La realtà è che niente di tutto ciò è avvenuto, non si è verificata
nessuna ondata di licenziamenti selvaggi e se guardiamo ai dati
possiamo invece constatare che il mercato del lavoro italiano ha
fatto enormi progressi dal 2014 in poi.
Tra marzo 2014 e giugno 2023 il numero di dipendenti a tempo indeterminato creati è stato di 1,7 volte superiore al numero di dipendenti a termine creati in più. Nello stesso periodo, poi, si è anche più che dimezzata la cronica emorragia dei posti di lavoro indipendenti (artigiani, negozianti, professionisti, ecc.) rispetto al decennio precedente. In conclusione, i dati attuali del mercato del lavoro italiano sono di gran lunga migliori, pur incorporando nel nostro Paese un’area problematica come quella del Mezzogiorno, dove è stato fatto nel recente passato anche un ampio ricorso al reddito di cittadinanza ma senza un efficace accompagnamento al lavoro.
Durante gli anni del Jobs Act tutti i tassi di disoccupazione macroregionali sono tutti diminuiti sensibilmente, incluso quello del Mezzogiorno. Rispetto al primo trimestre 2014 il tasso di disoccupazione del Nord è diminuito di 4,3 punti percentuali; quello del Centro di 5,2 punti percentuali; e quello del Mezzogiorno di 5,9 punti percentuali.

Sarà per questo, per cui ne parlano tanto... insultano offendono, ma nessuno, dal 2014 in poi quella legge l'ha mai toccata?

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14/8/2023 - 0:03

AUTORE:
Dispetto

Disoccupazione nel 2016 11,9%
Disoccupazione nel 2017 11,2%
Disoccupazione nel 2018 10,3%
Disoccupazione nel 2019 13,12%
....., Quante cifre

13/8/2023 - 15:22

AUTORE:
Concreto

.... c'erano anche prima dell'entrata in vigore del J.A.
e la disoccupazione era a due cifre. Lo

13/8/2023 - 11:37

AUTORE:
Dispetto

l'ISTAT certifica solo che l'occupazione è aumentata, non grazie al Jobs act, aumenta anche quella precaria, contratti a termine compresi. Per occupazione, sempre secondo l'ISTAT, sono occupati anche quelli che lavorano 4 ore a settimana, esistono contratti del genere, i riders, i lavori a chiamata e gli stagisti.
Tu chiamala se vuoi....

13/8/2023 - 9:09

AUTORE:
Concreto

... è iniziata a partire dal dopo COVID, prima si poteva dire che stava recuperando le perdite degli anni trascorsi.
Se l'occupazione sarebbe cresciuta comunque lo puoi considerare un desiderio, non un fatto certo.
Mentre l'ISTAT ha certificato un incremento di 1.300.000 occupati dal 2016(j.a.)
Così come i licenziamenti in massa dopo l'entrata in vigore del J.A.,erano desideri non realizzati.

12/8/2023 - 16:40

AUTORE:
Lettore

...ebbe a dire del quinto governo Andreotti che durò una settimana e fu denominato; governo balneare: Vedete, quando l'Italia va bene, va bene anche senza governo.
Quindi quando le cose van bene si può fare a meno della legge sul lavoro denominata " Giobatte"

12/8/2023 - 15:12

AUTORE:
DISPETTO

Non credo che l'economia italiana sentisse il bisogno del Jobs act, men che meno i lavoratori o aspiranti tali. Gli occupati sarebbero aumentati comunque, se l'economia cresce e gli ordinativi pure, le aziende assumono al di là di una legge. E' il famigerato mercato no ?
Mi resta la curiosità di capire il perchè delle candeline per assumere.

11/8/2023 - 7:18

AUTORE:
Concreto

Ma non è certo la legge J.A. che può risolvere la retroattività di una norma o da estenderla al pubblico impiego.

Resta il fatto che dal 2016 gli occupati a T.I.sono aumentati. Così come una azienda o un imprenditore non deve accendere le candeline ai santi del paradiso prima di assumere un collaboratore a T.I.

10/8/2023 - 18:41

AUTORE:
dispetto

A parte il fatto che il Jobs act vale solo per quelli assunti dopo l'entrata in vigore della legge, quindi i figli e figliastri ci sono ancora. In tutte le aziende ci sono quelli a cui si applica ancora l' art. 18 e quelli che invece hanno le famose " tutele crescenti ", figura mitologica dato che nessuno sa cosa siano. Nemmeno l'estensore della legge. E tanto per essere chiari, la vera parità si avrebbe se questo " ben di Dio " valesse anche per il settore pubblico. Ma figurati...

10/8/2023 - 7:40

AUTORE:
Concreto

....Job Act è la parità di trattamento in rapporto alle tutele dei lavoratori, e si rivolge a tutti i lavoratori delle aziende private. Prima non era così..."figli e figliastri".

I mancati controlli e le mancate denunce fanno parte di quelle anomalie italiche dovute al sistema clientelare sempre in vigore nonostante le leggi.

9/8/2023 - 18:51

AUTORE:
dispetto

Personalmente li ritengo il fulcro della legge, ma è pur sempre opinabile, anche perchè sono la contropartita alla perdita del lavoro, quindi molto importanti direi. Questione di visioni, come dice lei.
Secondo l'Istat nel periodo 2014/16 le assunzioni sono aumentate di circa 500 mila unità, più o meno come nel biennio 2016/18. Con una differenza, che finiti gli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato, si è passati a quelli a tempo determinato. Contratti che, grazie al decreto Poletti che aveva portato fino a 8 rinnovi, risultavano più convenienti per le aziende che così evitavano, in caso di licenziamento, di dover pagare le indennità previste. Indennità che, dopo le varie sentenze, tornavano ad essere decretate dal giudice e non dalla norma scritta, per altro incostituzionale.
Spiace dirlo, mi creda, ma per le aziende con meno di 15 dipendenti non è cambiato pressochè nulla. In caso di licenziamento non riavranno il posto ma solo le indennità previste o maggiori in caso di intervento del giudice del lavoro.
Siamo daccordo per la squallida pratica delle dimissioni in bianco, ma, anche se vietata, è tuttora praticata e poco denunciata, soprattutto al Sud, fonte Cgil. Come viene fatto osservare mancano i controlli, purtroppo.

9/8/2023 - 15:30

AUTORE:
Concreto

...portanti.
Abbiamo visioni differenti su quali siano le variazioni significative apportate.

Resta il fatto che cessate le contribuzioni agli imprenditori l'occupazione è aumentata comunque, i licenziamenti sono nella norma, e i lavoratori delle aziende piccole sono meglio tutelati dal job act, così come il divieto alle dimissioni in bianco, pratica più che squallida.

9/8/2023 - 14:17

AUTORE:
dispetto

Art. 3. Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa

1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.

2. Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all'articolo 2, comma 3.

3. Al licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1 non trova applicazione l'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.


Art. 4. Vizi formali e procedurali
1. Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all'articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

Non proprio una sintesi, del resto faccio del mio meglio, poco, a stare dietro a pensatori di caratura superiore...

9/8/2023 - 7:40

AUTORE:
Concreto

Ti sarei grato se mi elencherai una sintesi di questi art. portanti.

8/8/2023 - 22:48

AUTORE:
Dispetto

Visto che sei docente divresti sapere che le norme del mitico Jobs-act sono state cambiate 3 volte. Due dalla Corte di Cassazione, che ha ritenuto incostituzionali i 2 articoli portanti, il 3 e il 4. Poi ci ha pensato la Commissione Europea su ricorso della CGIL a dargli un'altra spallata. Sarà per questo che non ne parla ?