Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Io non è il pronome personale di prima persona che si è studiato alle elementari, ma il nome di questa meravigliosa farfalla, una Vanessa.
Ormai conoscete tutti Linneo, il grande biologo naturalista svedese che negli anni del ‘700, ha dato il nome scientifico a migliaia di animali e piante e lo faceva seguendo una corrispondenza che si avvicinasse alla mitologia, all’aspetto e a volte anche mettendo un po' di sarcasmo, non tanto quanto quello dei nostri “traduttori”.
Un esempio?
Linneo chiamò una bella pianticella con foglie rotondette e fiori di un gialloorolaccato che nasce sui cigli delle strade: ranunculus ficaria da rana perché nasce in luoghi umidi e ficus perché i suoi tuberi sotterranei sembrano piccoli fichi ed ecco la traduzione che dà l’italiano: favagello!
Mah!
Ma questa volta con la Vanessa io, lo svedese si è ingarbugliato con la mitologia greca.
Io era una sacerdotessa che Zeus voleva “concupire” (?) ma la moglie Era era gelosa e tramutò Io in una giovenca e la fece custodire da Argo un gigante dai cento occhi (ora continuo senza punteggiatura) che però fu fatto uccidere da Ermes mandato da Zeus e Era prese i suoi occhi e li appiccicò ai suoi pavoni e allora la nostra farfalla viene anche chiamata vanessa pavone.
O Carlo (scusa la confidenza Linneo), ma dove l’hai pescato il nome IO?
Sei il mio idolo!
Direbbe la vanessa:
Son nelle belle
tra le farfalle,
la macchia rossa
mi fa vanessa,
mi fa sentire una principessa
anche se ero sacerdotessa,
quasi regina come la Sissi,
tu sembri invece un Biribissi!