Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Nella mitologia greca una leggenda narra di Eracle il quale, di ritorno dal Monte tartaro, quando discese negli Inferi, si intrecciò una corona fatta di foglie di Pioppo sulla testa e fu così che le foglie che si trovavano all’esterno della corona si tinsero di scuro come gli inferi mentre quelle più vicine al capo dell’eroe che aveva trionfato sulla morte, invece, si tinsero di bianco.
Questa antica leggenda spiegherebbe perché le foglie di Pioppo appaiono sulla pagina superiore di color verde scuro mentre in quella inferiore di coloro verde chiaro, quasi bianco. Questa particolarità, sempre secondo i miti greci, fa del Pioppo il simbolo del confine fra la terra e il regno degli inferi.
Passiamo ora nel mondo romano tralasciando la leggenda. Le piccole e leggere foglie si muovono tutte insieme come in una danza, mostrando la loro parte chiara alternata a quella più scura producendo un fruscio così simile al brusio della folla, che si dice questa sia la ragione per la quale i Romani chiamavano questo albero "Arbor Populi" (Albero del Popolo), da cui deriva la denominazione "Populus".
In questi giorni mi sento tanto “pioppo” anch’io, ma non nel termine canzonatorio di “fermo e statico” usato nel pisano, piuttosto nell’animo che si agita e traballa fra bianco e verde scuro, fra voglia di portare avanti questa mia creatura o dare spazio a persone più giovani.
Ci penserò e per ora stormirò ancora al vento settembrino aspettando un ritorno di estro.