Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
La mia nonna Amelia Urbindi
Mia nonna che non sa dire le doppie, che quando scrive tira un po’ fuori la lingua e fa le lettere corsive ricciolute, nonna veneta che scende a sette anni per lavorare, e con lei mezza Italia di inizio Novecento. E’ sopravvissuta a tanto, ha un’indole forte e combattiva.
Arrivo a malapena al banco della cucina. Il cucinotto è sempre in penombra perché la finestra è piccola e nel pomeriggio il sole è schermato dal nespolo. Sento la forchetta che sbatte contro la vecchia ciotola di terracotta, ne vedo il contenuto solo quando nonna inclina un po’ la ciotola per favorire l’amalgama degli ingredienti. Mi lecco i baffi e mi preparo alla dolce merenda nutriente che nonna mi prepara. L’ovino fresco che le ha portato la Giuliva. Lo zucchero bianco che lo raggiunge lo fa diventare schiumoso. Nonna versa lo zabaione in una vecchia tazza coi fiori, tutta incrinata e scheggiata, che oggi mi chiedo inorridendo come potesse continuare a usarla. E finalmente col cucchiaino sorbisco avida ogni molecola di quella dolce delizia. Sapori d’infanzia.
O forse coccole.
Sento ancora la spugna tiepida, la nuvola di vapore caldo in bagno, di quando mi chiede di lavarle la schiena. Lei dice che non ci arriva. Io penso che sia un modo per cercare la mia vicinanza, tra donne. Io guardo la sua schiena rosa e liscia, così affidata alle mie mani. L’accudisco con complicità, come si fa tra donne.
Poi vedo nonna che mi prepara da mangiare quando torno dalle scuole medie. Mi aspetta quasi sempre per mangiare, anche se è tardi. Guardiamo insieme Jessika Fletcher, commentando animatamente le puntate, che poi son sempre le solite da decenni. Ci piace Jessika Fletcher, è emancipata e assomiglia un po’ a entrambe. Nonna ha il pretesto di preparami un buon pranzo per mangiare anche lei piatti succulenti che altrimenti, per la morigeratezza della saggezza popolare, dovrebbe evitare. Ma una melanzana fritta, per far compagnia alla bimba, non si può negare.
E poi c’è nonna che contratta l’affitto, in estate, del suo piccolo monolocale (chiamato “Il garagino”) con una coppia di tedeschi. Nonna è anziana, non spiccica una parola di tedesco, a malapena parla italiano correttamente. I tedeschi non parlano la nostra lingua. Io so parlare bene l’inglese, ma taccio e guardo quello strano gruppo che interagisce, voglio godermi lo spettacolo. E qui la meraviglia: nonna gestisce la contrattazione con una managerialità che mi lascia a bocca aperta. Alla fine strappa loro la cifra voluta ed entrambe le parti sono felici e soddisfatte. Mi dà indicazione di mostrar loro la casa. Io obbedisco, penso e sorrido.
Amo guardare le foto in bianco e nero di mia nonna. Ho la sua fronte bassa e i suoi zigomi. Forse il Lombroso direbbe che è per quello che sono dura e vado a dritto come un somaro. Perché sono sangue, e ingegno, di quell’antica donna in foto.
Micol Carmignani